Secondo gli esperti di McKinsey, se non si investe con forza nel fintech il rischio è di erodere molto i ricavi del settore creditizio in una fase economica già particolarmente complicata.
Nello scenario più ottimistico le banche si evolveranno verso un modello distributivo digitale, in un contesto di ripresa economica. In quello più pessimistico, invece, gli istituti subiranno una rivoluzione digitale in un contesto di economia stagnante. Con conseguente perdita di consistenti quote di mercato a favore dei fintech. A scattare questa fotografia è McKinsey all’interno del 2016 Global Banking Annual Review, in un’indagine dal titolo “A Brave New World for Global Banking”. E nel contesto globale, le banche italiane del 2016 hanno trascurato questo aspetto dato che si sono concentrate per lo più su quattro fattori. Ovvero: pulizia degli attivi, rafforzamento del patrimonio, taglio dei costi e alcune operazioni di sistema. In altre parole, “se non si investe con forza nel fintech, che i colossi bancari globali stanno sviluppando saldamente, il rischio è di erodere molto i ricavi del settore creditizio in una fase economica già di per sé particolarmente complicata”, dicono gli esperti di McKinsey.
A fare da sfondo, una debole economia globale, la digitalizzazione e le nuove regolamentazioni minacciano i profitti già significativamente bassi del settore bancario nel corso dei prossimi tre anni. “Ci sarà una fase molto critica per il settore, visto che una crescita asfittica e i bassi tassi di interesse sui mercati maturi continueranno a erodere i ricavi delle banche europee, mettendo a rischio profitti per 35 miliardi di dollari”. Combinato con gli effetti della rivoluzione digitale, in Ue e Regno Unito questo fenomeno entro il 2020 potrebbe ridurre i profitti da 110 a 50 miliardi di dollari e ridurre il già basso Roe dal 3-4% attuale all’1-2%.
A livello aggregato, entro il 2020 le banche dei Paesi sviluppati rischiano di perdere profitti per 90 miliardi di dollari, cioè il 25% del totale. “Per contrastare queste forze, la maggior parte delle banche dovrà intraprendere una trasformazione fondamentale centrata sul rinnovamento, nuove strategie e strutture organizzative, garantendo la redditività. Devono poi riorientare i loro modelli di business e il nuovo contesto digitale”. Continuano gli esperti: “la situazione sarà forse più rosea per le banche statunitensi e giapponesi che, grazie al diverso contesto economico, potrebbero difendere più facilmente gli attuali livelli di profittabilità, anche se una lieve flessione del Roe potrebbe essere inevitabile. Mentre gli istituti americani con il loro 8% di Roe si manterrebbero vicino al costo del capitale (pari al 10%), in Europa Occidentale rischia di allargarsi il gap tra costo del capitale e rendimento dell’investimento azionario. Anche sui mercati emergenti lo scenario potrebbe rivelarsi critico”.
Questi sistemi bancari sono strutturalmente più profittevoli, ma su essi incombe lo spettro del ciclo del credito. Se lo scenario ipotizzato da McKinsey si realizzasse, Brasile, Cina e Russia potrebbero vedere a rischio 50 miliardi di profitti. Un contesto di crescita più lenta potrebbe determinare ulteriori perdite sui crediti fino a 250 miliardi, 220 dei quali solo in Cina. Inoltre, la crescita dei tassi potrebbe restare debole per i prossimi cinque anni e il ciclo del credito potrebbe colpire il sistema più violentemente di quanto avvenuto finora. “Al tempo stesso, l’impatto della rivoluzione digitale sarà maggiore nei mercati in cui i profitti sono sotto pressione perché le banche non potranno investire adeguatamente per restare competitive”.