L’approccio di valutazione e selezione si basa su due processi: quantitativo e qualitativo. “Quello quantitativo è l’approccio per le strategie base”, specifica Falchi indicando come si imposti “su una serie di metriche statistiche di efficienza e di rischio calcolate su più orizzonti temporali”. L’analisi quantitativa di un fondo si effettua verso il suo peer group considerando sei intervalli temporali differenti: tre fissi e tre variabili, “che chiamiamo ‘fasi’ e sono modificabili, aggiornabili periodicamente ogni volta che le condizioni di mercato lo richiedano. Le fasi consentono di valutare il comportamento di un fondo in condizioni particolari di mercato (di stress o di crisi di liquidità, ad esempio), e su ognuna si calcola una serie di statistiche (di performance, di efficienza e di rischio)”. Un altro livello di analisi quantitativa è quello del “Qualifying Ratings”, ossia il calcolo di metriche “utilizzate per qualificare il fondo sulla base del suo posizionamento in merito a caratteristiche di interesse come l’efficienza, la consistenza, l’aggressiveness, la defensiveness, il suffering e il risk adjusted”. La fase qualitativa del processo di selezione è finalizzata, poi, alla definizione di un Global Rating Qualitativo assegnato ai fondi flessibili (total return e absolute return), ai fondi alternativi e alle strategie di credito. Il rating qualitativo si assegna, inoltre, “a tutte le strategie che, indipendentemente dal tipo di gestione, hanno una rilevanza particolare per i nostri investimenti e le nostre selezioni”. La regola generale, specifica Falchi, è che “in tutti i casi in cui è previsto un Rating Qualitativo, questo prevarrà sul giudizio quantitativo perché valorizziamo sempre l’analisi, la conoscenza e l’esperienza dell’analista verso una strategia, un gestore, un settore o un tema”. Gli elementi di analisi, d’altronde, si suddividono tra quelli relativi alla casa e quelli relativi al fondo. Un esempio è dato dall’analisi del portafoglio, dalla conoscenza e l’esperienza del team di gestione, o dalla composizione degli investitori”.
Un punto di attenzione forte, aggiunge Rossin, è l’analisi della casa terza: “mettiamo in atto un processo di due diligence volto ad ammettere o meno l’asset manager nell’universo investibile in funzione del grado di trasparenza dei processi di risk management che attua e del livello di collaborazione che pone nel dare informazioni sulle strategie sottostanti”.
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