La relazione tra flussi e rendimento spiegata in un grafico

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M.RICHI, Flickr, Creative Commons

Il rapporto tra il rendimento e i flussi di entrata di un fondo è un argomento che è stato ampiamente analizzato dagli attori dell’industria dell’asset management. L’ultimo contributo a tal proposito arriva da Steven de Vries, head of European retail sales di Henderson. “C'è un collegamento tra la performance generata dai fondi e flussi”, precisa. E per esprimere meglio tale relazione l’esperto apporta il seguente grafico, dove i cerchi grigi rappresentano la raccolta e quelli rosa i deflussi. Il grafico a sinistra mostra l'evoluzione dei fondi azionari di gestione attiva europei e quello a destra quella dei fondi attivi obbligazionari europei. “Se il fondo è in grado di rimanere nel primo quartile a uno e tre anni, le possibilità di attirare flussi aumentano”, riassume de Vries. Viceversa, se il fondo si trova nel secondo quartile della sua categoria “la probabilità che sperimenti deflussi sale”.

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Una tendenza, questa, che si apprezza in modo più evidente tra fondi obbligazionari. Secondo l’esperto ciò si deve al fatto che “gli investitori obbligazionari hanno di solito più pazienza rispetto a quelli azionari”.

Un anno difficile

Le parole di de Vries non sono casuali. Nel 2016 Henderson ha vissuto uno degli anni più difficili della sua storia recente: “Degli ultimi 5 anni, il 2016 è stato sicuramente il peggiore. Le turbolenze di mercato, gli eventi legati al rischio politico e la perdita di fiducia ci hanno fatto registrare rimborsi pari a 3,1 miliardi di euro. Molti clienti hanno preferito strumenti come ETF e liquidità”, afferma de Vries. E aggiunge, riferendosi alle tendenze descritte nel grafico, che “la performance negativa di Henderson è stata dovuta in parte alla nostra ampia gamma azionaria”.

L'Italia è il Paese in cui Henderson ha più asset in questo momento. “La cultura degli investitori italiani è molto favorevole ai fondi”, afferma de Vries. Phil Wagstaff, ‎global head of distribution di Henderson, aggiunge a tal proposito: “Penso che il motivo sia che il mercato italiano è molto simile a quello inglese. Entrambi hanno una grande presenza di boutique e molti consulenti sono imprenditori che si confrontano con i loro clienti i quali, attraverso i suggerimenti ottenuti,  generano afflussi nelle nostre strategie. Questo non succede in mercati come quello tedesco o svizzero, che sono dominati dalle banche, o in mercati dove c’è una maggiore propensione a investire in asset domestici piuttosto che in quelli di altri Paesi”.

Wagstaff ricorda che il mercato europeo non è omogeneo e che l’evoluzione del patrimonio di Henderson è variato nel corso degli anni: “Ora i flussi provengono dall’Italia, ma tre o quattro anni fa era la Spagna il Paese da cui arrivavano. Per questo penso che dobbiamo essere attivi in tutti i Paesi in cui siamo presenti in Europa e analizzare ciò che accade a livello macro”.

Un argomento a favore della gestione attiva

De Vries apporta un altro grafico che considera significativo per i piani di business di Henderson nel 2017. “Sapevate che i fondi indicizzati hanno raccolto meno del 15% delle vendite nette nel 2016?”, chiede l’esperto.

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La sua conclusione è che “anche se il modello è volatile, la gestione attiva continua ad attrarre più flussi di quella passiva. Pensiamo che ci sia ancora posto per i gestori attivi e grazie alla trasparenza del mercato gli investitori possono identificare dov’è il rendimento”. De Vries rileva inoltre che, all’interno della gestione attiva, la maggior parte dei flussi è andata ai fondi di debito. “Gli investitori continuano a sentirsi più a proprio agio nella gestione attiva obbligazionaria”, conclude.