Lazard FM, gestori “double face”

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“Una specializzazione settoriale unita a una responsabilità di prodotto”. E’ così che Régis Bégué, head of Equity Research and Investment Management di Lazard Frères Gestion, presenta l’European Equity Research and Management team dell’asset manager, composto da 12 professionisti “double face” basati in Parigi, i quali svolgono il doppio ruolo di portfolio manager e analisti, di cui sette focalizzati sul mercato europeo large cap, tre sull’europeo small cap, uno sul mercato statunitense e un ultimo sul Giappone.

“Abbiamo la responsabilità di investire direttamente in società con un minimo di 3 milioni di euro di capitalizzazione. In primis siamo analisti ma anche responsabili della gestione dei fondi e delle strategie della casa. Beneficiamo quindi delle analisi e delle idee di tutto il team. ‘Tutti influenzano tutti’, e il risultato è un team working ottimale”, spiega Bégué.

Il Lazard Alpha Euro

Il manager dettaglia la filosofia di investimento del fondo Lazard Alpha Euro in pochi step principali, partendo dal concetto che, nel lungo termine, i rendimenti del mercato azionario riflettono le performance economiche delle aziende, dove il rendimento sul capitale investito (return on capital employed) sia la miglior misura per questa performance economica. “Le nostre valutazioni finanziarie e delle condizioni di mercato ci permettono di stimare il potenziale del rialzo azionario, perché le nostre decisioni di investimento si basano sia sulle nostre performance economiche attese sia sugli outlook della casa. Cerchiamo di misurare la differenza nel lungo termine tra i rendimenti del capitale e il costo del capitale attraverso analisi bottom-up. Investiamo sempre in società, mai in idee. Ci teniamo inoltre ad osservare che, a nostro parere, il dividendo non sia in generale una misura di valutazione, ma una misurazione della policy aziendale, uno strumento come altri per valutare una parte delle aziende ma che non è da considerare come unico strumento di misura”, afferma Bégué.

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Il manager e il suo team si focalizzano soprattutto sul rendimento del capitale investito, e sulla capacità delle società nel reinvestire cash flow in attività volte a mantenere il suddetto rendimento. “Siamo tuttavia molto aperti verso altri modelli di business purché possano apportare un miglioramento ai nostri investimenti. Evitiamo le start up, perché non investiamo in nuove società che non generano profitti importanti, dato che il nostro obiettivo è quello di offrire ai nostri clienti un’equity performance in misura consistente. Disponiamo di un’asset allocation completamente diversa da chi utilizza cash, investimenti hedge o derivati. Svolgiamo un equity asset management che si focalizza solo nella selezione delle società che ottengano performance azionarie trasparenti con un approccio fondamentale”, precisa l’esperto.

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Fonte: Lazard.

Il panorama italiano degli NPL

Secondo Bloomberg, la BCE sarebbe "inflessibile" sui crediti inesigibili, e ciò fa seguito ad un incontro tra Daniele Nouy, responsabile del Meccanismo di Vigilanza Unico (MVU), con le banche italiane, che ne è risultato con il completamento delle norme della BCE relative ai crediti deteriorati (Non Performing Loan - NPL). Scander Bentchikou, fund manager/analyst di Lazard Frères Gestion, fornisce un relativo panorama della situazione italiana: “Il regolatore sta attuando una linea dura ma non è chiaro riguardo alle regole da adottare, e ciò sembra essere una combinazione inutile... I legali del Parlamento e della Commissione hanno dichiarato che la proposta in questione di D. Nouy eccede il mandato dell'MVU. La preoccupazione principale è se la proposta dell’MVU sia giuridicamente vincolante per tutte le banche. La BCE non ha il potere di emanare regole generali per il sistema bancario, e questa rappresenta una prerogativa del Parlamento Europeo. L'UE può tuttavia richiedere che le singole banche rafforzino il loro approvvigionamento oltre gli standard minimi stabiliti dalla legge”, spiega Bentchikou.

Nel biennio 2015-2016 sono state attuate una serie di misure per riformare le più grandi banche popolari e le banche di credito cooperativo. Le debolezze di questi istituti erano legate al rigido quadro di governance cooperativa che ostacolava un efficace controllo della gestione degli stessi da parte degli azionisti, minando allo stesso tempo la loro attrattiva nei confronti degli investitori. “La riforma del 2015 delle ‘banche popolari’ richiedeva a queste un patrimonio superiore a 8 miliardi di euro da trasformare in società per azioni. Riforma che ha inoltre portato a delle regole di voto più flessibili per le fusioni e acquisizioni, nonché a delle decisioni di modifica della struttura legale. Le difficoltà di MPS, Banco Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e Cassa di Risparmio di Ferrara sono state risolte attraverso la nazionalizzazione o il consolidamento. Banco Popolare è stato incorporato dalla Banca Popolare di Milano (BPM), Intesa Sanpaolo ha acquistato due banche venete, il governo italiano ha iniettato nel sistema 20 miliardi di euro al fine di ricapitalizzare le suddette banche, come ad esempio l’introduzione della GACS (Garanzia Cartolarizzazione Sofferenze)”, spiega il manager. Per Bentchikou, la riforma ha quindi consentito la totale deducibilità fiscale delle perdite su crediti, incluse le cessioni dei NPL.

NPE già in calo

Infine, il gestore evidenzia come i dati del 2017 mostrino un’inversione di tendenza nei NPE (Non Performing Exposure): “Il terzo trimestre del 2017 si è chiuso con un calo di circa il 15% rispetto all'anno precedente. Il riconoscimento del portafoglio MPS (26,1 miliardi di euro) da parte del rendiconto finanziario avverrà con efficacia a partire dalla fine del primo semestre del 2018, mentre ci si aspetta una diminuzione del totale dei NPE di circa il 10%. L’ammontare degli UTP (Unlikely To Pay), a 99 miliardi di euro, rappresenta il 36% del totale dei NPE. Il coverage ratio dei NPL è pari al 62%, con il dato netto pari a 66 miliardi di euro. Per gli UTP, invece, il coverage ratio è del 34%, con gli UTP netti anch’essi pari a 66 miliardi di euro”, conclude il fund manager.

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Fonte: Banca d'Italia.