L’approccio a impatto nel mercato globale del reddito fisso e il peso assunto da questa tipologia di investimenti nella fund selection sono al centro della prima tavola di FundsPeople Talks ESG.
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L’approccio a impatto nel mercato globale del reddito fisso e il peso assunto da questa tipologia di investimenti nella fund selection sono al centro della prima tavola di FundsPeople Talks ESG.
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Il concetto dell’investimento con un impatto trasparente e misurabile non è nuovo per il mondo della finanza. Tuttavia, negli ultimi anni, in parallelo a una maturazione del contesto relativo alla finanza sostenibile, l’impact investing ha trovato un crescente interesse da parte delle società di gestione, e il tema è “caldo” anche sul fronte normativo (soprattutto tra le pieghe di SFDR). Secondo l’ultimo report del Global Impact Investing Network (GIIN), realizzato in collaborazione con Nuveen e diffuso lo scorso ottobre (su dati a dicembre 2021), le dimensioni di questo mercato ammontano a circa 1.164 mila miliardi di dollari di AuM. All’interno di questa grandezza, un segmento che, fino al 2021, è cresciuto a un tasso annuo del 43% (anche se la traiettoria si è attenuata nel corso del 2022) è quello dei green bond, che hanno raggiunto i 578 miliardi di AuM trascinando la crescita degli strumenti sostenibili nel fixed-income. E appunto sull’approccio all'impact investing nel mercato globale del reddito fisso e sul peso assunto da questa tipologia di investimenti nella fund selection si è concentrata la prima tavola di FundsPeople Talks ESG, che si è tenuta a Milano e ha visto la presenza di tre fund selector e un gestore, che si sono confrontati sul mondo degli investimenti a impatto, sugli approcci utilizzati nella selezione e sulle prospettive di questo mercato.
I commenti si riferiscono al contesto del 21 marzo 2023.
Un punto di partenza in questo ambito sono i rating. Ne è convinta Adele Mantegazza, analyst & fund selector di Banca Patrimoni Sella, che sottolinea come la società analizzi “gli emittenti corporate sotto il profilo aziendale utilizzando i rating ESG o la classificazione SFDR per i fondi”, ma cerchi sempre di capire “quali informazioni usano i provider per ricavare i propri dati, in modo da poter confrontare i rating tra loro”. La professionista mette in luce tuttavia un punto, legato agli emittenti governativi e ai titoli di Stato: “In questo caso la questione è più complicata, poiché di solito i fornitori di rating ESG usano approcci valutativi completamente diversi. Per esempio, tendono ad attribuire gli stessi giudizi ESG a Paesi molto diversi tra loro”. Riguardo all'approccio con i clienti, poi, “un aspetto che rende molto interessanti le strategie e gli investimenti a impatto è che sono facili da spiegare, in quanto è possibile misurare e riportare gli impatti quantificabili e concreti esercitati dall’investimento sull’ambiente o sulla società. Aiutiamo così i clienti a non cadere nella trappola del greenwashing”, spiega Mantegazza. “Nella nostra gamma di fondi non abbiamo un segmento dedicato ai fondi a impatto, anche perché per ora ce ne sono pochi a disposizione. Ci limitiamo a indicare ai nostri private banker i fondi con il rating ESG più elevato secondo il nostro provider, oppure proponiamo i fondi articolo 9, che dovrebbero essere per definizione quelli con le strategie più orientate all’impatto”.
1/4In merito alle novità del settore, Davide Saccone, head of investment managers oversight di Quaestio Capital Management SGR, evidenzia come la società stia cambiando il proprio approccio nei confronti dei fondi a impatto, “passando dalle esclusioni basate sul classico screening negativo delle emissioni di gas a effetto serra all’inclusione attiva di posizioni mirate”. Negli ultimi cinque anni, afferma l’esperto, “è emersa la tendenza a puntare, ad esempio, su innovazioni farmaceutiche o infrastrutture, perché hanno esternalità positive. Questa modifica influisce anche sulle modalità di allocazione dei nostri portafogli, perché di solito i fondi a impatto hanno un profilo di rischio completamente diverso, in particolare quelli azionari, che in genere presentano un tracking error più elevato rispetto al benchmark”. Saccone spiega come, per questo motivo, la società tenda ad adottare un approccio core-satellite: “Implementiamo un portafoglio core con un tracking error più basso e un portafoglio satellite con un tracking error più alto e con una chiara strategia di impatto. Nella componente core continuiamo ad attuare un approccio basato sulle esclusioni, mentre in quella satellite ci posizioniamo sui trend e sull’impatto ricercato”. Sul fronte obbligazionario l’analista evidenzia la difficoltà di implementare approcci simili a causa della carenza di dati storici. In questo caso, rimarca “Nel portafoglio di obbligazioni a impatto è necessario poter contare su un’adeguata analisi indipendente dell’impatto delle emissioni e occorre valutare alcuni aspetti che probabilmente sono più importanti del titolo stesso, come il modo in cui l’emittente persegue i risultati e l’obiettivo di impatto durante la vita dell’obbligazione”. Saccone richiama poi la necessità di separare il rischio di credito dal rischio di tasso. “Sul fronte del rischio di credito – dice –, è difficile affidarsi a fornitori esterni di rating per un motivo molto semplice: trattano tutte le aziende allo stesso modo, indipendentemente che risiedano in mercati sviluppati o in via di sviluppo. Per quanto riguarda il rischio di tasso, abbiamo sviluppato il nostro modello di rating proprietario anziché utilizzare quelli dei fornitori esterni, ma la difficoltà è rappresentata dai dati disponibili”.
2/4Roberto Bianchi, head of funds investments e portfolio manager di Banor Sim, sottolinea invece l’assenza di un approccio specifico nell’impact investing in quanto la società attua “approcci diversi nell’ambito di portafogli differenti”. Il processo di selezione, dunque, parte dall’analisi di fondi e gestori “con l’obiettivo di creare valore”, soltanto in un secondo momento “si applica il filtro dell’impatto”. E questo lavoro viene effettuato grazie da una struttura interna alla società. “Grazie al nostro team di ricerca e analisi ESG – afferma l’esperto – riusciamo a soddisfare i nostri clienti customizzando, in base alle loro finalità di investimento, il perimetro di azione delle nostre strategie e la reportistica fornita”. Bianchi specifica come nel corso degli anni sia emerso un approccio diverso della clientela in base allo strumento di investimento. “Sui fondi, i clienti si focalizzano di più su filtri di tipo macro, come ad esempio il rating medio ESG o Impact. Sui singoli titoli, c’è maggiore interesse ad avere il quadro completo di come le aziende sulle quali investiamo considerano e operano in un ambito di sostenibilità”. L’obiettivo, in conclusione, è sempre duplice: “Da un lato, generare performance; dall’altro, offrire una narrazione, spiegare una storia o un retroscena, che non deve essere soltanto ‘a impatto positivo’ ma soprattutto convincente”.
3/4“È del tutto lecito chiedersi se investire in impact bond significhi aumentare la performance”, afferma Tony Appiah, managing director e client portfolio manager, Nuveen Equities & Fixed Income, Nuveen. L'esperto spiega che “se l’investimento è ben impostato la performance ne beneficia”. Nuveen si occupa di impatto dal 2007 (nel 2018 Bloomberg l’ha inserita tra i maggiori impact investor al mondo). “Siamo in grado di contattare emittenti che magari non hanno mai lanciato green bond o social bond fino a quel momento e proporci per strutturare un’obbligazione con un preciso utilizzo dei proventi e un profilo di rendimento stabilito. E riusciamo a ottenere un rendimento superiore a quello generato su altri investimenti”, sottolinea Appiah che riporta come l’intero concetto di impatto, per Nuveen, si basi appunto sulla “possibilità di misurare con un certo grado di precisione l’utilizzo dei proventi ed è per questo che in tutti i nostri portafogli usiamo fin dal 2007 questa metodologia”. L’esperto richiama poi due differenze tra green bond e obbligazioni a impatto in termini di misurazione: “La prima è che i green bond si concentrano solo sulla tutela dell’ambiente, mentre le obbligazioni a impatto comprendono anche azioni sociali. La seconda è che queste ultime sono effettivamente obbligazioni sostenibili. Preferiamo, quindi, accedere al ventaglio più ampio delle obbligazioni a impatto anziché limitarci al solo mercato dei green bond”. Da qui la scelta di strutturare prodotti come blue bond e orange bond (obbligazioni focalizzate sulla gender equality). Appiah richiama anche la necessità di analizzare gli emittenti anche al di fuori dei rating. “Noi separiamo i mercati sviluppati da quelli emergenti, e raggruppiamo questi ultimi in modo omogeneo in base al reddito pro capite per metterli in condizioni di parità”, conclude il manager.
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