Gli esperti dell'asset manager, tra cui Gero Jung, chief economist della società, hanno spiegato come lo slancio economico proseguirà anche nel 2018, tra reflazione, crescita sincronizzata e normalizzazione.
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Sono passati solo 46 giorni dall’inizio del 2018 e, per diversi operatori di mercato, quello corrente è da considerare già come un anno storico. “I mercati azionari hanno infatti messo a segno la loro migliore performance di gennaio degli ultimi 30 anni, e i titoli obbligazionari statunitensi a 10 anni hanno registrato il gennaio peggiore degli ultimi 60 anni in termini di rendimento aggiustato per il rischio”. È quanto affermato da Mirabaud AM, divisione asset management del Gruppo Mirabaud, specializzata nella gestione di investimenti e in servizi di consulenza, il cui team italiano è guidato da David Basola, responsabile per l’Italia della società.
“Nel 2017, l’economia globale è cresciuta al ritmo più veloce degli utlimi sette anni, crescita che ha continuato a rafforzarsi, raggiungendo il 3,6%, con la ripresa ciclica che è stata di ampio respiro e ha interessato sia i Paesi sviluppati sia emergenti. A nostro avviso, è probabile che lo slancio economico prosegua anche quest’anno, sostenuto da una crescita più rapida negli Stati Uniti e nei mercati emergenti”, sostengono dall’asset manager.
Secondo gli esperti della casa, per quanto concerne l’inflazione, lo scorso anno questa è rimasta ben al di sotto dei target fissati dalle Banche centrali in molti Paesi sviluppati e i salari non sono aumentati come da attese, soprattutto a causa di fattori di lungo termine. “Nel 2018, invece, ci aspettiamo che l’inflazione aumenti gradualmente, con i gap tra prodotto interno lordo effettivo e potenziale che si ridurranno. Rendimenti in aumento, crescita sincronizzata dell’economia globale e un incremento delle pressioni inflazionistiche di fatto stanno cambiando, confermando così lo scenario di reflazione previsto. Ci aspettiamo inoltre che l’economia globale continuerà a espandersi nel 2018, con una crescita sincronizzata tra i Paesi emergenti e quelli sviluppati”.
Il ruolo delle Banche centrali
“È probabile che nel 2018 tutti i Paesi membri dell’OCSE – ad eccezione del Regno Unito che continuerà a subire gli effetti negativi dell’incertezza legata alla Brexit – vedranno le proprie economie crescere più velocemente rispetto al loro output potenziale. In Europa, la crescita rallenterà leggermente attorno al 2%. Negli Stati Uniti invece, più avanti nel ciclo economico, la riforma fiscale dovrebbe finalmente entrare in vigore nel primo trimestre 2018 e, a partire dal 2019, si applicheranno aliquote ridotte alle imposte sui redditi d’impresa. Nei Paesi sviluppati le Banche centrali forniranno un supporto minore alle economie. La Federal Reserve ridurrà di 420 miliardi di dollari la dimensione del suo bilancio, portandolo a 4.000 miliardi di dollari e ciò aumenterà il term premium sui titoli sovrani a più lunga scadenza. Anche le condizioni finanziarie si irrigidiranno e, per quest’anno, ci aspettiamo che la Fed effettuerà quattro rialzi dei tassi, ciascuno di 25 punti base”, sostengono.
Inoltre, secondo gli esperti, i bilanci della BCE e della BoJ continueranno invece a crescere, ma gli acquisiti di asset mensili saranno minori. In Europa, la Bce potrebbe terminare il suo programma di acquisti a fine anno, fanno sapere dalla casa, per poi concentrarsi sui tassi di interesse e sul reinvestimento dei ricavi derivanti dai bond in scadenza. “Di conseguenza, vi è un forte rischio che il mercato inizi ad anticipare la fine del ciclo di liquidità ben prima del previsto”, spiegano. “In Cina i livelli del debito restano elevati, ma nel 2017 si sono stabilizzati. La crescita più debole registrata nel quarto trimestre dell’anno scorso è il risultato di un sostegno statale ridotto e di un mercato immobiliare meno frenetico. Per il 2018 lo scenario probabile è ancora quello di un ‘soft landing’. I prezzi delle materie prime continueranno a essere sostenuti dall'aumento della domanda globale”, aggiungono.
Un contesto economico globale positivo
Gero Jung, chief economist di Mirabaud AM, spiega come il contesto economico dovrebbe essere positivo per i mercati finanziari, con una crescita globale più rapida, utili aziendali in miglioramento, un moderato aumento dell'inflazione e condizioni finanziarie favorevoli. Tuttavia, l'allineamento di tutte queste variabili, a detta del manager, comporta un aumento della volatilità all'inizio del 2018 e anche dei rischi.
“In primo luogo, in molti Paesi gli indici di fiducia delle imprese e dei consumatori sono elevati, per cui ormai il margine per un ulteriore aumento è limitato. In secondo luogo, le valutazioni restano molto tirate e sensibili a uno shock dei tassi d’interesse, sebbene non abbiano un valore predittivo sui futuri rendimenti obbligazionari in un orizzonte temporale di uno o due anni. Di conseguenza, la performance del mercato azionario dipenderà principalmente dalla crescita degli utili e qualunque risultato deludente potrebbe portare a una correzione. Ad ogni modo, mentre negli ultimi anni i principali driver dei movimenti di mercato sono stati i fattori monetari, nel 2018 saranno i fondamentali che dovrebbero tornare ad esserlo”.
Gestione attiva e asset allocation
Secondo gli esperti, in questo contesto una gestione altamente attiva, basata su forti convinzioni, può quindi premiare. A tal proposito Basola spiega: “Siamo entrati nel mercato dell’asset management nel 2011, durante il boom della gestione passiva, ma abbiamo scelto una strada opposta: investimenti attivi in aree domestiche o di nicchia. Oggi, con la ripresa della dispersione che sembra prendere forza con le politiche monetarie meno espansive, la scelta fatta sei anni fa sta dando soddisfazioni. Negli ultimi anni, infatti, i rendimenti dei singoli titoli hanno mostrato una correlazione molto stretta, ma è probabile che questa si ridurrà in futuro, consentendo agli asset manager attivi come noi di generare alfa nei portafogli”.
Infine, Jung conclude come diversi fattori portino l’asset manager a mantenere un’asset allocation neutrale sull’azionario, con una preferenza per i titoli industriali, i ciclici, i bancari e quelli legati alle commodity. “Siamo in attesa di una correzione che porti le valutazioni al ribasso verso livelli più attraenti prima di incrementare ulteriormente l’esposizione sui titoli di rischio azionari. Sul fronte obbligazionario, suggeriamo una diversificazione del portafoglio, acquistando bond a tasso variabile e titoli legati all’inflazione. Osserviamo attentamente i movimenti del dollaro, con l’intenzione in futuro di coprire dal cambio i portafogli denominati in euro e in sterline”, afferma il manager.