Secondo il gestore del OFI Financial Investment - Precious Metals il metallo giallo è correlato negativamente con i tassi di interesse reali destinati a rimanere bassi o negativi per l’aumento dei prezzi e il costo della transizione energetica.
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L’inflazione è di sicuro il tema più discusso in questa fase di mercato, dopo i forti rialzi dei prezzi registrati in molti Paesi. Da decenni sembrava scomparsa dai radar, ma ora il suo ritorno mette in guarda gli investitori. L’interrogativo chiave è se siamo in presenza di un fenomeno passeggero, come affermano Fed e BCE, o se al contrario abbia un carattere più duraturo. Uno scenario complesso quello che si profila in vista del 2022, in cui entrano in gioco oltre alle politiche monetarie, le strozzature sulle catene di fornitura, i prezzi delle commodities e il costo della transizione energetica. Ma secondo Benjamin Louvet, gestore del fondo OFI Financial Investment - Precious Metals, si prospetta un periodo favorevole per l’oro. Per quale motivo? “L’inflazione è qui per restare e sarà un tema per gli anni a venire”, ha spiegato in un’intervista a FundsPeople.
“L’oro non è proprio correlato direttamente con l’inflazione. L’oro è piuttosto correlato negativamente con i tassi di interesse reali. Perciò, finché i tassi reali rimarranno bassi, il prezzo dell'oro sarà alto”, dice l'esperto di Ofi Asset Management. Il metallo giallo non genera rendimenti di per sé. E fino a circa 10 anni fa non era considerato un’asset class vera e propria. “Ma le cose sono cambiate con l'ambiente di tassi bassi o negativi. Con l'oro non si guadagna niente, ma quel niente è meglio di meno di niente”, afferma Louvet. La view dell’esperto è che i tassi reali resteranno a lungo negativi. Quando la Fed deciderà di alzare i tassi, saranno comunque dei rialzi minimi. “La banca centrale USA ha poco spazio di manovra. Deve stare ‘dietro la curva’ per sostenere gli elevati livelli del debito federale. Inoltre, la transizione energetica, indispensabile per contrastare il climate change, sarà altamente inflazionistica”, spiega.
Il costo della transizione energetica
Ed è proprio la transizione energetica l’altro elemento chiave nell’analisi dell’esperto. In pochi infatti, secondo Louvet, comprendono appieno il carattere inflazionistico della transizione energetica, che non dipende soltanto dal prezzo delle commodities, ma anche dalla natura stessa delle energie rinnovabili, che sì sono inesauribili, ma disponibili in modo discontinuo. “Le rinnovabili sono intermittenti e devono essere gestite con dei dispositivi di stoccaggio e di back up molto costosi, soprattutto per gestire i picchi di richiesta di energia, che ad esempio possono avvenire di notte in assenza di luce solare o in periodi senza vento”, dice. “Per il global warming non abbiamo scelta, e dobbiamo andare in questa direzione. Ma non ammettere che sarà un processo costoso non è veritiero”, dichiara. Inoltre, Louvet è convinto che il costo del solare e dell’eolico non scenderà di molto per effetto delle economie di scala. “Sappiamo che dovremo abbandonare i combustibili fossili, ma per ora la loro richiesta è ancora elevata. In più, quasi il 25% del costo delle rinnovabili è legato alle materie prime. Pertanto la transizione energetica genererà un aumento dei prezzi di produzione lato offerta, un versante su cui le banche centrali hanno poca capacità di intervenire”, afferma.
View positiva sull’argento
Il peso maggiore nel benchmark dell’OFI Financial Investment - Precious Metals è riservato all’oro (35% a settembre 2021). Ma lo strumento passivo offre anche esposizione all’argento e al platino (20% dell’indice per ciascuno), metalli su cui il gestore ha una view positiva. In particolare, l'argento è uno dei metalli più interessanti nel contesto della transizione energetica, per la sua caratteristica fisica di essere un buon conduttore che lo rende indispensabile in molte tecnologie low carbon. “Per compiere gli obiettivi sanciti dell’accordo di Parigi, dovremo installare ogni anno fino al 2030 l'equivalente del più grande impianto solare presente oggi nel mondo. Questo esempio rende bene l’idea della grandezza del problema”, dichiara. Ma non solo, l’argento è una materia prima chiave anche per un altro settore centrale nei piani di de carbonizzazione dell’economia mondiale: i veicoli elettrici. “Già nel 2019 l'automotive rappresentava il 6-7% della domanda globale di argento. Ma nello stesso anno la quota di mercato delle auto elettriche era pari a soltanto il 5% dell’industria. Per essere in linea con gli obiettivi di Parigi, la quota di mercato delle auto elettriche nel 2030 dovrà esser del 60%. Ciò fa ben capire quanto sia destinata a crescere la richiesta d’argento”, commenta.
L’OFI Financial Investment - Precious Metals è l'unico fondo pure passive UCITS compliant in Europa che offre un'esposizione ai metalli preziosi. “È pensato come un tool per entrare ed uscire nel mercato dei metalli preziosi. Non è stato creato espressamente per beneficiare della transizione energetica, ma può essere anche sfruttato in questo modo. Inoltre, vi anticipo che siamo al lavoro per il lancio di un tematico puro per avere un’esposizione a tutti i metalli critici per la transizione energetica”, conclude.