Boom di afflussi sull'oro: tre motivi per cui ha ancora senso includerlo nei portafogli

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Felipe Simo, Unsplash

La calma registrata nei mercati finanziari nelle ultime settimane ha permesso a molti indici borsistici di chiudere il secondo trimestre dell'anno con guadagni che non si vedevano da tempo. Non ha però impedito che molti comparti facessero il loro ingresso in questo secondo semestre con rendimenti negativi. Ma se c'è un asset che non mostra questo problema, è l'oro, che ha accumulato un rendimento del 19% nell'anno.

Questi guadagni si riflettono nei numeri relativi alle scelte degli investitori, poiché, secondo i dati appena pubblicati dal World Gold Council, gli ETF auriferi hanno registrato il loro settimo mese consecutivo di flussi positivi, aggiungendo 104 tonnellate a giugno, equivalenti a 5,6 miliardi di dollari statunitensi o ancora al 2,7% delle attività in gestione, portando le disponibilità globali al nuovo massimo storic di 3.621 tonnellate. E guardando ai flussi cumulati per l'anno nel suo complesso, questi ammontano a 39,5 miliardi di dollari, che, spiegano dall’ente: "è significativamente al di sopra del livello più alto di afflussi annuali, sia in termini di tonnellaggio (646 nel 2009) che di valore in dollari (23 miliardi di dollari nel 2016). A conferma della forza della domanda, anche gli afflussi del primo semestre sono nettamente superiori al livello record decennale degli acquisti netti delle banche centrali nel 2018 e nel 2019”. 

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Fonti: Bloomberg, Company Filings, ICE Benchmark Administration, World Gold Council.

Il dubbio ora è se questo andamento si ripeterà nella seconda metà dell'anno. Sul punto gli esperti sono chiari: nonostante ci possa essere una certa volatilità nel prezzo dell'oro e nonostante le elevate valutazioni che presenta, ci sono più possibilità vedere un ulteriore rialzo che un ribasso, a causa di diversi fattori.

Uno di questi è l'aumento dell'indebitamento derivante dalle politiche monetarie e fiscali che le banche centrali e i governi hanno messo sul tavolo per limitare l'effetto negativo che la COVID-19 sta avendo sull'economia mondiale. "L'aumento del debito e le pressioni inflazionistiche possono rappresentare una minaccia reale. Poiché gli investitori anticiperanno questi potenziali problemi, crediamo che la domanda di oro rimarrà elevata", dicono da WisdomTree. Come spiega Sean Markowicz, strategist di Schroders, "aumenti senza precedenti della spesa fiscale combinati con stimoli monetari aumentano la probabilità che l'inflazione superi i livelli fissati come target". Un eventualità che appare tollerata dai governi. In tal caso, l'attesa è che l'oro si rafforzi ulteriormente man mano che gli investitori andranno alla ricerca di un rifugio nel timore che la loro valuta si stia svalutando.

Un'altra ragione è che l'oro ha guadagnato lo status di copertura redditizia, mentre altre coperture storiche come le obbligazioni hanno perso il potenziale di apprezzamento a breve termine. "Quando i rendimenti reali (cioè i rendimenti corretti per l'inflazione) si avvicinano a zero o diventano negativi (sia questo causato dall'aumento delle aspettative di inflazione o dalla diminuzione dei rendimenti nominali), il costo di possedere un'attività come l'oro diminuisce. Questo è ciò che è successo di recente", spiega Markowicz. Evan Brown, responsabile della strategia multi-asset di UBS AM, è d'accordo: "L'oro, un asset storicamente caratterizzato dalle sue qualità difensive, sembra ora offrire un modo più equilibrato per partecipare ad una ripresa economica guidata da tassi di interesse storicamente bassi e dall'espansione dei bilanci delle banche centrali e dei governi a un ritmo senza precedenti”.

Infine, va notato che l'oro sta beneficiando della debolezza del dollaro statunitense, che si prevede rimarrà sia nel breve termine e ancora di più a lungo, date le elesioni presidenziali del mese di novembre. Secondo François Rimeu, senior strategist di La Française AM, "potremmo vedere il valore del dollaro diminuire a medio termine dato il contesto economico generale: il dollaro è attualmente caro, se valutato storicamente. Gli Stati Uniti hanno un persistente deficit delle partite correnti che influisce negativamente per la loro valuta. I tassi di interesse reali sono in costante diminuzione negli Stati Uniti e hanno raggiunto lo zero nel marzo 2020. Il mercato sembra nel complesso essere molto lungo sul dollaro”.