“Dal punto di vista sia equity sia bond stiamo lavorando per proporre soluzioni che rispondano all’esigenze di un numero maggiore di prodotti sostenibili su questi mercati. In particolare, per quanto riguarda i bond governativi dei mercati emergenti, abbiamo lavorato a una proposta in hard currency articolo 8 in collaborazione con la società di consulenza Numus, che collabora con la CEI” osserva Demis Todeschini, Senior ETF Sales Specialist per l’Italia di Franklin Templeton. “Abbiamo costruito insieme un indice che tenesse conto della governance come elemento importante, poiché a livello di Paese si ha un impatto sulle attività dell’intera comunità. In questo caso applichiamo dei seri criteri di esclusione, in particolare su chi non rispetta diritti civili, libertà politiche o controllo della corruzione o su chi applica la pena di morte, senza compromessi. Il risultato è un indice che allo scoppio della guerra non aveva titoli russi, in quanto il Paese era già stato escluso per il deterioramento dello scoring sulle liberta politiche. Rispetto a un indice broad in hard currency, che include circa 78 paesi, ne annovera circa 36, con una possibile sovraesposizione a certe aree a dispetto di altre dovuta al fatto che non tutti i Paesi rispettano i parametri” prosegue l’esperto, che per quanto riguarda l’azionario aggiunge “guardiamo maggiormente l’aspetto societario. Ad esempio, per chi vuole approcciare l’azionario cinese con attenzione ai criteri ESG, abbiamo lanciato in collaborazione con l’index provider MSCI il primo indice MSCI China Paris Aligned. Si tratta di un’iniziativa promossa direttamente dall’Unione europea, che ha strutturato un regolamento su questi indici decarbonizzati, dotati di un processo di costruzione che, partendo dagli indici tradizionali, valuta le emissioni attuali e prospettiche delle società, che anche in Cina sono facilmente stimabili. Si deve poi costruire, come da regolamento, un portafoglio in grado di decarbonizzarsi per almeno un 7% all’anno, sovrappesando le aziende più allineate a uno scenario a basse emissioni di carbonio. La Cina rappresenta un bel caso di studio su questa metrica, perché essendo il primo emittente di CO2 a livello mondiale, influisce in maniera importante sulla transizione climatica”. Secondo Todeschini approcciare il Paese con queste metriche offre la possibilità di investire su aziende che saranno le protagoniste mondiali della transizione. “La Cina ha una quota di mercato dell’80% nella produzione di pannelli solari, e sta investendo molto anche internamente nelle rinnovabili, tanto che nel 2021 ha superato i 1000 gw di potenza installata da fonti rinnovabili e oggi già risponde alle esigenze interne per il 45%. La parte industriale in questo indice è sovrappesata rispetto a un indice tradizionale, essendo comprese nel settore aziende attive nel solare, nell’eolico, nell’efficienza energetica e nella mobilità sostenibile, che stanno fornendo le soluzioni per la transizione climatica. La soluzione applica anche esclusioni, in merito all’aderenza al Global compact oppure sui business controversi” conclude.
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