La terza parte della tavola rotonda Franklin Templeton targata FundsPeople, con primari esponenti della fund selection italiana, si è focalizzata sulla sostenibilità nel mondo dei mercati emergenti.
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La terza parte della tavola rotonda Franklin Templeton targata FundsPeople, con primari esponenti della fund selection italiana, si è focalizzata sulla sostenibilità nel mondo dei mercati emergenti.
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Investire sui mercati emergenti potrebbe sembrare una contraddizione per un investitore attento alla sostenibilità. È, infatti, opinione comune che questi Paesi siano tra i principali produttori di CO2 a livello globale, che manchino di trasparenza nella reportistica e che presentino alti tassi di ingerenza governativa nelle attività aziendali. E allora come coniugare gli investimenti in questi mercati promettenti con la ricerca di sostenibilità?
La terza parte della tavola rotonda Franklin Templeton targata FundsPeople si è focalizzata sulla sostenibilità nel mondo dei mercati emergenti e sulla valutazione di soluzioni sostenibili che siano efficaci anche su questi mercati.
I commenti sono relativi al contesto del 15 dicembre 2022.
“Non concordo con l’idea che mercati emergenti e sostenibilità non si incontrino” esordisce Mario Baronci, CAIA, head of Multi Asset di Quaestio Capital SGR. “Se guardiamo bene, infatti, in UK e in Germania si stanno riaprendo le centrali a carbone, mentre la Cina ha in programma nel prossimo futuro la costruzione di una decina di centrali nucleari l’anno, l’energia più pulita al mondo. Noi pensiamo” aggiunge l’esperto, “che non si possano affrontare seriamente le tematiche legate alla sostenibilità fin quando non verrà risolto lo scenario di scarsità a cui stiamo andando incontro. Il blocco navale cinese su Taiwan ha impedito la circolazione di chip per una settimana, mentre la guerra in Ucraina ci ha fatto capire che potrebbe mancare l’energia, e abbiamo rischiato che mancassero anche i prodotti agricoli. Il mondo in cui predominavano l’ottimizzazione, la divisione del lavoro e la globalizzazione è finito virtualmente il 24 febbraio 2022” argomenta Baronci. “Bisogna pertanto mettere le cose in prospettiva. Detto questo, abbiamo un processo interno che riclassifica i dati sulla sostenibilità forniti dai provider esterni, che non considera solo il livello ma anche il momentum, la direzione assunta da un paese o un’azienda. E da questo punto di vista i mercati emergenti stanno migliorando. Nell’acronimo ESG, soprattutto se si tratta di paesi emergenti, la nostra attenzione di rivolge soprattutto alla G, la governance”.
1/4“Mi trovo d’accordo sia sul fatto che sia facile parlare di sostenibilità quando va tutto bene, sia sul fatto che non sia totalmente vero che mercati emergenti e sostenibilità non possono stare nella stessa frase” osserva Marco Mazzetti, responsabile portafogli Fixed Income di Optima Sim, che aggiunge “Se guardiamo alla Cop 27, vediamo che, pur opponendosi ad alcune riforme, la maggior parte dei Paesi Emergenti ha delle ragioni, dato che i paesi sviluppati hanno raggiunto la loro crescita economica senza tener conto degli effetti sul clima. Sarà pertanto necessario trovare degli accordi. Io mi focalizzerei sulle singole aziende piuttosto che sui governi. Se è vero che esistono società che solo adesso prendono consapevolezza dell’esistenza dei criteri ESG” prosegue l’esperto, “è vero anche che ci sono società che hanno già implementato politiche interne e strategie virtuose, anche più di tante società occidentali. Io penso che il mondo della finanza, con le sue decisioni di allocazione degli attivi, possa agire da guida e da stimolo per le società emergenti, per fare meglio per attrarre investimenti. Al nostro interno abbiamo già da tempo iniziato a preferire strumenti classificati come sostenibili, dopo averne verificato l’attendibilità”.
2/4“Generali è molto attenta alla sostenibilità, su cui ha investito risorse e tempo. Quando si accosta questo tema al mondo dei mercati emergenti, l’analisi è in costante evoluzione” commenta Enrico Scarin, head of Asset Allocation and Quantitative Solutions di Generali Insurance Asset Management. “Se approcciamo i mercati emergenti tramite provider esterni, la scelta cade spesso su prodotti SFDR Art. 8, in linea con quanto si attendono i nostri clienti. Non è tuttavia scontato selezionare strumenti di tale tipologia che presentino anche le caratteristiche di efficienza e liquidità desiderate. Per quanto riguarda gli investimenti diretti” prosegue Scarin “vi è sul mercato un lag oggettivo nello sviluppo di una metodologia solida per sovereign bonds rispetto ad azionario e corporate, tema di rilievo per i mercati emergenti anche in relazione al finanziamento di progetti infrastrutturali. Inoltre, l’approccio tradizionale basato su esclusioni e punteggi ESG è stato messo in discussione dalla crisi ucraina visto il peso della Russia sugli indici sostenibili”. Secondo l’esperto, le metriche ESG più utilizzate sono spesso correlate al reddito pro capite del paese “creando un bias nella costruzione di portafoglio che potrebbe far mancare i finanziamenti proprio a quei Paesi che necessitano di risorse per migliorare la performance ESG. Anche in questo senso le nostre metodologie si stanno evolvendo verso la ricerca di un migliore equilibrio nell’uso di tali metriche senza tuttavia impattare i rendimenti prospettici attesi. In generale valutiamo con molto interesse il premio, variabile ma esistente, a cui sembrano trattare i bond emergenti che finanziano progetti a impatto ambientale e sociale”.
3/4“Dal punto di vista sia equity sia bond stiamo lavorando per proporre soluzioni che rispondano all’esigenze di un numero maggiore di prodotti sostenibili su questi mercati. In particolare, per quanto riguarda i bond governativi dei mercati emergenti, abbiamo lavorato a una proposta in hard currency articolo 8 in collaborazione con la società di consulenza Numus, che collabora con la CEI” osserva Demis Todeschini, Senior ETF Sales Specialist per l’Italia di Franklin Templeton. “Abbiamo costruito insieme un indice che tenesse conto della governance come elemento importante, poiché a livello di Paese si ha un impatto sulle attività dell’intera comunità. In questo caso applichiamo dei seri criteri di esclusione, in particolare su chi non rispetta diritti civili, libertà politiche o controllo della corruzione o su chi applica la pena di morte, senza compromessi. Il risultato è un indice che allo scoppio della guerra non aveva titoli russi, in quanto il Paese era già stato escluso per il deterioramento dello scoring sulle liberta politiche. Rispetto a un indice broad in hard currency, che include circa 78 paesi, ne annovera circa 36, con una possibile sovraesposizione a certe aree a dispetto di altre dovuta al fatto che non tutti i Paesi rispettano i parametri” prosegue l’esperto, che per quanto riguarda l’azionario aggiunge “guardiamo maggiormente l’aspetto societario. Ad esempio, per chi vuole approcciare l’azionario cinese con attenzione ai criteri ESG, abbiamo lanciato in collaborazione con l’index provider MSCI il primo indice MSCI China Paris Aligned. Si tratta di un’iniziativa promossa direttamente dall’Unione europea, che ha strutturato un regolamento su questi indici decarbonizzati, dotati di un processo di costruzione che, partendo dagli indici tradizionali, valuta le emissioni attuali e prospettiche delle società, che anche in Cina sono facilmente stimabili. Si deve poi costruire, come da regolamento, un portafoglio in grado di decarbonizzarsi per almeno un 7% all’anno, sovrappesando le aziende più allineate a uno scenario a basse emissioni di carbonio. La Cina rappresenta un bel caso di studio su questa metrica, perché essendo il primo emittente di CO2 a livello mondiale, influisce in maniera importante sulla transizione climatica”. Secondo Todeschini approcciare il Paese con queste metriche offre la possibilità di investire su aziende che saranno le protagoniste mondiali della transizione. “La Cina ha una quota di mercato dell’80% nella produzione di pannelli solari, e sta investendo molto anche internamente nelle rinnovabili, tanto che nel 2021 ha superato i 1000 gw di potenza installata da fonti rinnovabili e oggi già risponde alle esigenze interne per il 45%. La parte industriale in questo indice è sovrappesata rispetto a un indice tradizionale, essendo comprese nel settore aziende attive nel solare, nell’eolico, nell’efficienza energetica e nella mobilità sostenibile, che stanno fornendo le soluzioni per la transizione climatica. La soluzione applica anche esclusioni, in merito all’aderenza al Global compact oppure sui business controversi” conclude.
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