Sugli approcci differenti tra i mercati sviluppati e quelli emergenti in tema di investimento a impatto nel mercato del reddito fisso si è concentrata la terza tavola all’interno di FundsPeople Talks ESG.
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Sugli approcci differenti tra i mercati sviluppati e quelli emergenti in tema di investimento a impatto nel mercato del reddito fisso si è concentrata la terza tavola all’interno di FundsPeople Talks ESG.
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Il cambio di passo normativo che ha interessato il campo degli investimenti sostenibili ha influito, necessariamente, sul lavoro di analisti e fund selector. E restringendo il campo al tema dei fondi impact, i dettami dell’articolo 9 SFDR sono un elemento imprescindibile nel lavoro di analisi, in particolare sul fronte della selezione qualitativa dei fondi. Un track record limitato e un numero ancora ridotto di proposte di investimento sono tra le criticità più marcate. Elementi che si fanno più evidenti quando il focus si sposta sull’obbligazionario dei Paesi emergenti. Qui la difficoltà maggiore è legata alla definizione di una strategia che consenta di valutare gli emittenti, anche tenendo conto delle differenze intrinseche di questi mercati (che si riflettono anche nelle valutazioni discordanti dei rating provider ESG). Eppure l’investimento a impatto, in questo caso, ha una forte incidenza in termini di sviluppo economico e ambientale di questi Paesi. Il punto è nodale. E si presta ad approfondimenti che sono stati al centro della terza tavola rotonda all’interno della FundsPeople Talks ESG che si è tenuta a Milano lo scorso 21 marzo e ha visto il confronto tra un gestore specializzato nell'investimento impact e tre esperti nella selezione dei fondi.
I commenti si riferiscono al contesto del 21 marzo 2023.
Il peso degli investimenti a impatto nella selezione dei fondi vede un passaggio “obbligato” sul fronte normativo. “Ci concentriamo sempre sui fondi compliant al Regolamento europeo”, afferma Simone Renzelli, fund analyst e advisory portfolio manager di Euromobiliare Advisory Sim. “In tema di impatto – sostiene l’esperto – i prodotti articolo 9 SFDR sono i più idonei, in quanto tenuti a rispettare regole stringenti”. Questi prodotti, inoltre, operano spesso in settori specifici, “ad esempio, implementano strategie di nicchia incentrate solo su aspetti ambientali o su altre questioni distinte, questo soprattutto nel settore azionario”. Renzelli richiama poi anche il maggiore grado di “attenzione” richiesto dalla gestione di questo tipo di investimenti rispetto ad altri, “per questo motivo selezioniamo asset manager con un solido track record e notevoli (oltre che riconosciute) capacità sul fronte ESG”. A questo proposito il riferimento va anche al posizionamento geografico del fondo. “Storicamente gli investimenti nella sostenibilità provengono soprattutto dall’Europa, in particolare dai Paesi nordici (più ricchi e notoriamente molto attenti a questi aspetti), anche se i nostri portafogli si inseriscono in un quadro globale e includono investimenti di tutto il mondo, compresi gli Stati Uniti e i Paesi emergenti”. Tuttavia nei mercati emergenti il portafoglio di opzioni per il fund selector si “restringe”, dal momento che il numero di prodotti artt. 8 e 9 è più ridotto, in quanto “più difficili da gestire in contesti di questo tipo”.
1/4La necessità di procedere “con cautela” è un elemento che torna anche nell’analisi di Andrea Florio, manager di Zurich Bank. “Occorre fare attenzione quando si parla di sostenibilità nel reddito fisso e ancor di più in un segmento specifico come i mercati emergenti”, afferma l’esperto che riporta come “il modo migliore di attuare strategie di integrazione nel settore obbligazionario” consista nel selezionare “fondi che tengono conto dei fattori ESG nel processo di investimento”. Da parte nostra, afferma Florio, ci basiamo in particolare sul processo di due diligence, che deve valutare, ad esempio, la politica di investimento, i KPI, l’impegno dell’asset manager e il track record del team di gestione ESG”. Il manager ricorda, a questo proposito che, “per via delle sue caratteristiche intrinseche, il reddito fisso richiede un approccio analitico e quantitativo, mentre per i fondi azionari si possono anche sfruttare i trend, analizzare i dati di raccolta o attuare altri tipi di strategie”. L’esperto rileva poi opportunità e limiti legati al tema dei fondi a impatto. E questo soprattutto se ci si focalizza sul mercato retail. “Ritengo che il concetto di ‘fondi a impatto’ sia molto utile per aiutare i clienti a comprendere il significato di sostenibilità in termini di composizione del portafoglio, ma se si analizza l’attuale panorama dell’offerta è troppo presto per parlare di penetrazione dei fondi a impatto nella distribuzione”. A supporto di questa affermazione, Florio richiama, in primo luogo la disponibilità di questo tipo di prodotti, spesso “associati a case di gestione molto specializzate; e il reporting dei fondi a impatto, indicato come un sistema “difficile da introdurre in un contesto di distribuzione retail”.
2/4L’idea che i fondi a impatto costituiscano ancora “un mercato di nicchia” emerge nel commento di Daniele Fontanili head of multi manager solutions di Generali Asset&Wealth Management, che sottolinea come la società preferisca guardare “più in generale ai fondi articolo 9 o ai fondi con obiettivi legati agli SDGs delle Nazioni unite”, mentre pone maggiore cautela sulle emissioni sovrane (“Non mi convince l’idea di impatto in ambito governativo”). Un altro aspetto chiamato in causa sono i rendimenti offerti dalle strategie sostenibili. “È risaputo che possono superare quelli delle strategie tradizionali, ma questo oggi sembra ancora difficile per i fondi a impatto”, afferma Fontanili. “È importante una dimostrazione concreta del fatto che anche le strategie a impatto su emissioni di enti pubblici offrano davvero un buon rendimento, elemento che si conferma come primo obiettivo degli investitori”. Ripercorrendo poi la questione legata alla selezione geografica, “anche in ambito obbligazionario la nostra asset allocation ha un’impronta globale, ma è più incentrata su alcune regioni come Stati Uniti, Europa e Asia”, afferma l’esperto che riporta come l’approccio non cambi in funzione dell’area geografica: “Applichiamo lo stesso processo e metodo in tutte le regioni, assicurando coerenza tra le varie strategie. Se utilizzassimo approcci diversi a seconda della regione, la fund selection potrebbe risultare contrastante”. Certo, sugli Emergenti “la situazione è senz’altro poco omogenea, soprattutto alla luce dell’elevata dispersione geografica in materia di sostenibilità. Ad esempio, alcuni Paesi usano ancora il carbone come unica fonte di energia e il loro processo di decarbonizzazione sarà per forza di cose più lento. Le alternative, a questo punto, sono due – rimarca Fontanili –: escluderli completamente o aiutarli a compiere la transizione”.
3/4Per rispondere ai dubbi sull’investimento a impatto nei mercati emergenti Tony Appiah, managing director e client portfolio manager, Nuveen Equities & Fixed Income, Nuveen, parte dai numeri. “Nel 2012 – afferma – il mercato dei fondi a impatto (e possiamo anche parlare di mercato green, sociale, sostenibile) valeva 3 miliardi di dollari, mentre oggi supera i mille miliardi: una crescita straordinaria”. Crescita sorretta anche dalla mancata rinuncia ai rendimenti. “Nel caso delle nostre strategie obbligazionarie a impatto il confronto è con i benchmark principali, poiché l’obiettivo ultimo è che trovino spazio nei portafogli come allocazioni core. E questo anche nell’area degli Emergenti”. Certo, l’esperto riporta come sia necessario “fare attenzione in fase di selezione”, e per questo è importante chiarire la definizione di impatto, per cui un impact bond deve “avere un obiettivo preciso” e questo obiettivo “deve essere intenzionale, diretto e misurabile”. Il gestore si sofferma poi sulla valutazione degli Emergenti fornita dai rating provider. “Secondo una nostra analisi esiste una correlazione di quasi il 90% tra il rating ESG di un Paese e il suo reddito pro capite”, afferma. Evidenza che giustifica, ad esempio, il rating ESG MSCI del Qatar rispetto a un Paese a basso reddito come il Ruanda che “sta compiendo notevoli passi avanti sul fronte della costruzione delle istituzioni e dei sistemi nazionali”. Per questo motivo la società ha sviluppato un sistema proprietario di valutazione ESG che, “offre un punto di partenza più equo per valutare i singoli Paesi, prima di procedere a effettuare l’analisi fondamentale e la due diligence”. In conclusione, secondo Appiah, “i mercati emergenti offrono grandi opportunità, ma bisogna impegnarsi a fondo. Non basta investire in un prodotto solo perché è articolo 9, perché la realtà può essere diversa. In Nuveen, abbiamo lavorato al nostro universo di investimento per creare un portafoglio piuttosto diversificato, ma molto rigoroso in termini di sostenibilità”. Un esempio? “Non dobbiamo preoccuparci del rischio che domani la Cina inizi a rifornire la Russia di armi, perché non investiamo in Cina”.
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