L’analisi del chief client officer che, raggiunto da FundsPeople in un suo recente viaggio a Milano, ha spiegato quali saranno i nuovi orizzonti di abrdn sulla strada della specializzazione a livello globale.
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Non un periodo particolarmente positivo per gli asset manager attivi. “Il 2022 è stato l’anno peggiore in assoluto per la gestione attiva, poiché molti investitori hanno deciso di spostare il denaro verso soluzioni risk-off. Sebbene anche il 2023 sia stato un anno difficile, non lo è stato nella stessa misura e, soprattutto, non per le stesse ragioni. Nel 2023 il problema non è stato legato ai riscatti, ma alla mancanza di crescita della raccolta e alla ridotta ridistribuzione della liquidità”, esordisce così Xavier Meyer, chief client officer di abrdn.
La buona notizia, secondo il manager intervistato da FundsPeople durante una recente visita negli uffici della società a Milano, è che qualcosa è cambiato a partire dall’inizio di quest’anno. “Già alla fine del secondo trimestre e nel terzo, si è confermato un ritorno a un ambiente leggermente positivo per l’asset management in Europa, con flussi verso la gestione attiva, guidati principalmente dal fixed income. Anche sul versante azionario si registra un miglioramento seppur non ancora in territorio positivo”, dice.
Questo è il quadro di breve periodo ma, se guardiamo oltre si noterà che “l’industria è ancora promettente, anche se probabilmente sarà guidata da alcuni fattori”, prosegue.
Otto temi che ridisegneranno il futuro dell’industria
In uno sforzo di sintesi Meyer identifica otto temi chiave per il futuro dell’industria.
Il primo è l’aumento della compressione dei margini sulle commissioni. “Si tratta di un tema in parte reale e in parte mitizzato: le commissioni nette sono calate, ma il calo è collegato al market mix più che al calo della profittabilità delle singole asset class dove si osserva una certa compressione ma non così drastica”, spiega. Un’area da monitorare è invece quella degli investimenti alternativi, che stanno diventando sempre più mainstream e ciò comporterà maggiori pressioni sulle commissioni.
Il secondo tema riguarda la crescita degli investimenti passivi, che hanno guadagnato terreno ma hanno dovuto affrontare una continua compressione delle commissioni e non rappresentano ancora una parte significativa dell’economia dell’industria. “È probabile che questo trend continui, anche se forse non allo stesso ritmo registrato in passato”, afferma.
Meyer sottolinea inoltre la costante crescita dei private market, evidente già tra gli investitori istituzionali, che sarà sempre più sostenuta anche dal trend di democratizzazione di questa asset class. Un trend centrale per gli asset manager, anche dal punto di vista dei ricavi.
Una menzione va anche al tema della sostenibilità negli investimenti, che è destinato a crescere dato che le esigenze di finanziamento sottostanti sono reali, ma che sta affrontando una fase di incertezza. “Nel primo trimestre del 2024, l’industria del risparmio ha registrato i primi flussi negativi per i fondi ESG. Di fatto, si potrebbe parlare di una normalizzazione: i fondi ESG si comportano sempre più come gli altri fondi e, come questi ultimi, stanno affrontando un contesto di risk-off. Oggi non si sceglie più un investimento solo perché integra i fattori ESG, ci sono molti altri criteri in gioco,” spiega. A questo si aggiunge il fenomeno del greewashing, che porterà a una netta distinzione tra player che incorporano realmente i fattori ESG nel loro processo e quelli che invece rimarranno ai margini”.
Il sesto punto non sorprende ed è quello relativo all’intelligenza artificiale. “Tutti gli asset manager sono interessati al tema, ma la vera partita si giocherà sulle capacità di implementare l’IA in modo da rendere più efficiente ogni aspetto delle attività in seno alle società di gestione,” sottolinea.
Tra i temi illustrati da Meyer c’è anche una crescita continua del settore pensionistico a livello globale. “Si assisterà a un cambiamento strutturale nei prossimi anni, poiché molte persone hanno sottovalutato quanto denaro sarà necessario per sostenere la propria vecchiaia,” spiega. La crescita del settore sarà trainata da fattori demografici e dall'aumento della consapevolezza sull'importanza del risparmio previdenziale.
Infine, l’industria sarà investita da un movimento che va nella direzione di sempre più partnership e consolidamenti: “Li prevediamo sia tra asset manager, sia tra player assicurativi e asset manager o player di primo piano a livello istituzionale,” commenta, evidenziando come queste alleanze diventeranno sempre più strategiche per competere in un mercato in continua evoluzione."
L’offerta del gruppo
“Gestiamo 600 miliardi di euro, principalmente nel risparmio gestito; pur essendo una cifra significativa, vogliamo ancora mantenere una mentalità da player di medie dimensioni. Ciò significa che non possiamo puntare a presidiare tutte le aree del mercato. Per questo negli ultimi tre anni ci siamo dedicati a ridefinire e posizionare abrdn come uno specialista globale, con soluzioni mirate su tutte le asset class, con una gamma sufficientemente ampia da poter affrontare qualsiasi ciclo economico, ma concentrata sui nostri punti di forza e sul valore aggiunto per i nostri clienti”, rimarca. Come noto, la società si distingue nel fixed income soprattutto nel credito, mentre in termini di azionario è leader nei mercati emergenti. Nei mercati sviluppati, è specializzata nell’income, nelle soluzioni ESG, e nel segmento small e mid cap. Ha inoltre una solida e crescente presenza nei mercati privati.
Per quanto riguarda i mercati privati “abbiamo liquidato le nostre posizioni nel private equity, per la maggior parte in fondi di fondi, che non consideriamo una asset class core scalabile. Ci siamo invece concentrati sul private credit e sui real asset come real estate e infrastrutture”, conclude.
Il futuro di abrdn si concentra su quattro pilastri, che riflettono in parte gli otto trend precedentemente descritti. “Il primo si concentra sulla democratizzazione della finanza e sull’innovazione digitale, con l’obiettivo di offrire ai clienti un migliore accesso e controllo sui propri investimenti. Il secondo pilastro riguarda salute e invecchiamento della popolazione; dove siamo operativi con circa 200 miliardi di asset in gestione per assicurazioni e fondi pensione. Il terzo pilastro è rappresentato dall’Asia e dai mercati emergenti, dove abbiamo una presenza consolidata. Infine, cambiamento climatico e transizione energetica, anch’essi cruciali, non solo nel modo in cui gestiamo i portafogli, ma anche per nell’ottica delle sfide future, come la pressione migratoria legata al clima,” spiega il professionista.
Il cliente istituzionale
abrdn si focalizza principalmente sugli investitori istituzionali che, a livello globale “sono molto eterogenei”, come sottolinea Meyer. “Negli ultimi due anni, molti istituzionali hanno adottato un approccio attendista a causa delle incertezze macroeconomiche, ma ora iniziamo a vedere sempre più investitori istituzionali adottare un approccio più attivo e prendere in considerazione la possibilità di cambiare la propria allocazione”, dice. Alcuni dati chiariscono il contesto. “Lo scorso anno solo l’11% dei CIO istituzionali a livello globale prendeva in considerazione l’introduzione di un maggiore rischio e circa il 20% valutava un cambiamento nella strategia o nell’asset allocation. Tuttavia, con il miglioramento dei fondamentali e della visibilità, stiamo assistendo a un cauto ma deciso spostamento verso un posizionamento più attivo, con il 47% disposto a modificare l'allocazione e il 20% ad assumere maggiori rischi ”, prosegue. Ad esempio, cresce l’interesse per fixed income, private credit e emerging market debt, con un incremento della duration nei portafogli. In Europa, inoltre cresce l’attenzione al ‘value for money’ che varia in base alle normative dei singoli Paesi”, spiega il chief client officer.
Il private equity ha attraversato un periodo difficile negli ultimi anni, ma si inizia a intravedere una ripresa nel numero di transazioni, mentre i volumi sono cresciuti in misura minore. Anche “il real estate ha attraversato un periodo sfidante, soprattutto in termini di valutazioni, ma vediamo opportunità da cogliere in modo selettivo. Il real estate commerciale soffre l’incertezza legata allo smart working, mentre il residenziale mostra segnali promettenti. Infine, quello industriale rappresenta una via di mezzo tra i precedenti, con la logistica che si distingue per il suo potenziale,” dice Meyer.
Non è un segreto che, anche a livello normativo, sia in atto una democratizzazione degli investimenti nei private market. “L’introduzione di veicoli come gli ELTIF 2.0 favorisce l’accesso a questo tipo di mercati, il che è molto interessante per noi. Tuttavia quando si offre all’investitore retail un acceso ai mercati privati, è necessario fare attenzione al rischio di illiquidità, perché spesso si gestiscono, tra gli altri, anche piani pensionistici a lungo termine”, avverte l’esperto. Insomma, come industria, se si fallisce in questo ambito “si rischia di gettare una luce negativa su tutto il settore”, ammette.
Infine, un accenno alla possibilità, in futuro, della tokenizzazione degli asset. “Per ora è lungi dall’essere un fenomeno su larga scala ma rimane interessante e di certo sta accelerando; secondo noi è necessario colmare il divario tra i clienti e questo tipo di tecnologia, così da unire la comunità prima di fare passi in avanti per tokenizzare diverse asset class, quindi si può dire che non diventerà immediatamente mainstream, ma certamente assumerà un ruolo più importante nei prossimi cinque anni”, conclude.