Tornando al processo di selezione, come detto prima, si tratta di un modello costruito nel corso del tempo. Un primo step riguarda dunque l’analisi a 360 gradi. “Da una parte applichiamo dei criteri analitici sulla strategia individuata, verificando ad esempio, anche se la stessa strategia che ha funzionato in passato può essere ripetuta nel tempo. Ma per fare questo ci avvaliamo di una serie di incontri a livello globale. Incontrare dal vivo i gestori è il modo migliore per generare idee e valutare la bontà dell’opportunità d’investimento”, continua Moreno Tatangelo.
Da qui gli oltre mille meeting annuali, “anche se poi arriviamo a fare non più di dieci investimenti l’anno”. Un lavoro certosino ed estenuante che porta ad avere un portafoglio molto concentrato (circa 20 fondi) con un profilo di volatilità piuttosto basso. “Non è questione di investire in strategie meno volatili, ma in strategie con un alto rendimento che, grazie ai benefici di una buona diversificazione, rendono in generale il prodotto meno volatile della media”, dice Mario Unali che aggiunge: “Ci assicuriamo che il prodotto sottostante sia liquido. È uno dei filtri che ci ha fatto evitare, per esempio, investimenti sui diversi titoli legati alla crescita che poi hanno avuto dei cali molto pesanti”.
Il processo di selezione è infatti supportato anche da uno strumento proprietario, sviluppato dal team di risk management che è indipendente dalla gestione e che valuta tutta una serie di fattori per cui la strategia selezionata risulti chiara e in linea con le altre posizioni presenti in portafoglio. E soprattutto liquida.
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