Il presidente di Cassa Geometri spiega a FundsPeople come l’ente si trovi in “una fase di cambiamento” nella gestione del proprio patrimonio.
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Una Cassa professionale che sconta, da un lato, gli effetti di un periodo di ridotto “ricambio generazionale”, ma che mostra una salute solida sotto il profilo di redditi e bilancio. Nata nel 1955 come ente di diritto pubblico, la Cassa Italiana di Previdenza e Assistenza dei Geometri Liberi Professionisti assume la forma di ente di diritto privato nel ’95, in seguito alla L. 509/1994. “Da allora ci sono state numerose riforme, tese al raggiungimento della sostenibilità nel lungo periodo senza tralasciare l’adeguatezza delle prestazioni”, afferma il presidente Diego Buono. Un passaggio importante, in ordine di tempo, è quello del 2010 “quando si è passati al calcolo della pensione con il metodo contributivo: l’unico sistema in grado di assicurare l’equilibrio economico finanziario della Cassa”. Qui si concretizza anche la funzione dell’ente, ossia “assicurare una prestazione minima che garantisca un’esistenza dignitosa, altrimenti avremmo fallito la nostra missione”.
Per questo motivo è stata avviata una riforma (in attesa di approvazione da parte dei ministeri competenti, Lavoro e MEF) per l’aumento dell’aliquota contributiva, che dovrà passare dal 18% attuale al 22% entro il 2027. “Al contempo – rimarca Buono – abbiamo previsto una retrocessione di parte del contributo integrativo, nato con il fine della ‘solidarietà di categoria’ (raccolto per sostenere gli stati di necessità, dalla maternità alle pensioni indirette) e del welfare di categoria per cui, la retrocessione, già introdotta nel 2019, se approvata dai ministeri vigilanti, passerà dal 40 al 60%: tre sui cinque punti percentuali riscossi in fattura dai singoli professionisti”. In questo modo “la pensione futura degli iscritti sarà formata non soltanto dal contributo soggettivo versato, ma anche dalle retrocessioni del contributo integrativo”. Questo passaggio, secondo i calcoli attuariali, dovrebbe portare a regime a un tasso di sostituzione del 60%, pertanto il 20% della prestazione sarà ottenuto grazie alla retrocessione, “un grosso sforzo per assicurare la sostenibilità nel lungo periodo senza trascurare l’adeguatezza della prestazione”.
I numeri
Sforzo che si riflette anche nell’andamento di iscritti e patrimonio. Secondo i dati del bilancio consuntivo 2022, gli iscritti sono circa 77 mila, a fronte, come detto, di “un calo negli ultimi anni, dovuto a diverse motivazioni, una su tutte la crisi profonda che ha investito il settore dell’edilizia tra il 2012 e il 2015”. Questo momento di fragilità è stato anche accompagnato dal cambio di denominazione del vecchio istituto per geometri, divenuto CAT (Costruzioni, Ambiente e Territorio) dopo la riforma scolastica del 2010. Tuttavia, afferma Buono, “il calo fisiologico dovuto alla crisi degli anni scorsi è in decisa controtendenza. Lo scorso anno si è assistito a una forte crescita dei redditi della categoria: +44% rispetto al precedente esercizio”, questo fa sì che “nonostante una popolazione in decrescita, il bilancio del 2022 sia in positivo di 100,1 milioni”. È anche cresciuto il patrimonio netto, circa 2,6 miliardi, “con masse in gestione per circa 1,3 miliardi compresa la parte immobiliare in gestione diretta”.
Appunto la parte immobiliare è suddivisa tra un fondo immobiliare 100% Cassa, che pesa per 232 milioni, gestito da Investire SGR, 185 milioni in immobili in gestione diretta e 32 circa in altri fondi immobiliari; la restante parte è suddivisa in partecipazioni societarie, Btp, fondi di investimento. In particolare, sottolinea Buono, “gli investimenti mobiliari confluiscono nel comparto di un fondo, anch’esso 100% Cassa, gestito da Quaestio SGR”. Il presidente riporta come la Cassa sia in una “fase di cambiamento” anche nella gestione del proprio patrimonio. “Abbiamo suddiviso i nostri investimenti su due ‘portafogli’ che abbiamo definito di performance e di copertura”.
Interrogato sul punto, Buono spiega che la creazione di un portafoglio di copertura deriva dalla necessità di costruire “un patrimonio in grado di sopportare eventuali, futuri saldi negativi”. Questa trasformazione prevede per il portafoglio di performance un’asset allocation finale suddivisa tra 8% monetario, 28% obbligazionario, 24% azionario, e 20% private market, mentre la parte immobiliare (che a fine 2022 rappresenta, a valori di mercato, il 35% circa dell’asset allocation) sarà ridotta al 20% “con l’obiettivo di rendere più liquido il portafoglio”, sottolinea Buono, che indica una “fase di convergenza” tra i due portafogli, in cui l’assetto finale vedrà il 70-75% del patrimonio all’interno del portafoglio performance e il 25-30% in quello di copertura (a bilancio al 31 dicembre 2022 i pesi sono 84 e 16%).
Leggi l'intervista anche sul magazine FundsPeople di giugno, n. 74.