A 25 anni dalla loro introduzione sui mercati finanziari europei, gli ETF hanno conquistato gli investitori europei, raccogliendo oltre 2.300 miliardi di euro di capitale, suddivisi tra migliaia di strumenti, centinaia di emittenti e quasi ogni asset class immaginabile. Nel marzo 2025 la raccolta netta in ETF in Europa ha raggiunto i 28,63 miliardi di dollari, portando il totale per il primo trimestre dell’anno a 99,04 miliardi e segnando il trentesimo mese consecutivo di flussi positivi. Andrea Rocchetti, global head of investment advisory di Moneyfarm, ritiene che il successo di questi strumenti possa essere solo all’inizio. “Il mercato degli ETF in Europa si trova ancora in una fase relativamente iniziale di sviluppo”, afferma in un'analisi dedicata al venticinquesimo anniversario di questi strumenti. “Ci sono buone probabilità che continuino a crescere al ritmo attuale, se non addirittura più rapidamente”.
Gli analisti di JP Morgan prevedono che il patrimonio gestito tramite ETF in Europa toccherà i 6 mila miliardi di dollari entro la fine del 2030. “L’Europa, sebbene con tempistiche e intensità diversa, appare destinata a seguire la traiettoria tracciata dagli Stati Uniti, dove ETF e fondi comuni di investimento indicizzati rappresentano ormai una componente dominante nei portafogli degli investitori”, aggiunge il manager.
Il futuro degli ETF
Sono diversi i fattori che potrebbero guidare una crescita futura ancora più rapida rispetto al passato. Tra questi, come evidenzia Rocchetti, vi è la digitalizzazione degli investimenti, e l’ascesa delle piattaforme online e mobile pensate per facilitare l’accesso agli strumenti finanziari per i risparmiatori privati. Secondo un report di Blackrock, il 75% degli investitori in Europa accede agli ETF tramite piattaforme digitali.
Un’altra caratteristica vincente in un mondo sempre più complesso è la versatilità dei fondi indicizzati: “Che si tratti di costruire un portafoglio diversificato di azioni dell’area euro o ottenere esposizione ai Treasury Usa a 10 anni, questi strumenti rappresentano l’unica soluzione in grado di combinare accessibilità, ampiezza dell’offerta e facilità operativa”, afferma il responsabile Moneyfarm, ricordando come nessun altro veicolo di investimento tradizionale garantisca “un simile livello di flessibilità ed efficienza”, anche all’interno di prodotti-contenitore come le gestioni patrimoniali, le polizze vita o i fondi pensione.
Da non sottovalutare, ovviamente, l’importanza dei costi di gestione estremamente contenuti: al gennaio 2025, la media delle commissioni ongoing degli ETF europei è pari allo 0,23%, secondo il rapporto ESMA.
Nuove dinamiche di mercato
Se in passato i principali fondi si concentravano sull'investimento in grandi indici azionari ben consolidati, “oggi emerge una dinamica di mercato diversa rispetto al passato, con gli ETF a reddito fisso che si sono distinti per una raccolta netta di 93 milioni di dollari a marzo 2025, segnando una forte domanda da parte degli investitori”, nota Rocchetti. Anche gli ETC, che offrono esposizione al comparto delle materie prime, hanno evidenziato un “interesse rilevante” con afflussi pari a 1,2 miliardi di dollari.
Tra i segmenti in rapida crescita vi è quello degli ETF a gestione attiva, che ha registrato una raccolta netta di 3,6 miliardi di dollari nello stesso periodo. Sia gli ETF attivi che gli ETC, commenta Rocchetti, evidenziano come la macro-categoria degli exchange-traded products si sia evoluta nel tempo: “Nel caso delle materie prime, ad esempio l’oro, molti fondi ora replicano il prezzo a pronti e detengono effettivamente riserve fisiche”. Allo stesso modo, aggiunge, “gli ETF attivi si configurano come fondi, ad esempio azionari e obbligazionari gestiti attivamente, andando oltre i tradizionali modelli passivi di semplice replica di un indice, sia essa fisica o sintetica”. Quest’ultima categoria, in particolare, introduce un livello di gestione più sofisticato, che può generare aspettative diverse in termini di obiettivi, performance e rischi.
Cronaca di un successo annunciato
I primi ETF europei di Merrill Lynch sono stati quotati l’11 aprile del 2000 presso la Deutsche Börse, seguiti a pochi giorni di distanza, il 28 aprile 2000, dal primo prodotto iShares collocato sulla Borsa di Londra. “Inizialmente, la diffusione degli ETF in Europa è stata lenta e complessa e ha cominciato a guadagnare slancio soltanto a partire dalla metà degli anni 2000, spinta dal crescente scetticismo nei confronti delle performance dei gestori attivi”, afferma Rocchetti.
Uno dei motivi principali per cui gli ETF sono decollati, ricorda l’esperto, è un principio ampiamente riconosciuto dagli economisti accademici: “I mercati sono per lo più efficienti e risulta difficile per un gestore di fondi, anche il più talentuoso, ottenere costantemente risultati superiori”. Ecosistemi complessi come le Borse globali “prosperano grazie al cambiamento, al caos e alle narrazioni”, aggiunge Rocchetti, rilevando come i mercati siano in grado di adattarsi prezzando i titoli in modo efficiente, almeno nella maggior parte dei casi. Per questo è molto difficile per i gestori attivi battere gli indici, soprattutto al netto dei costi di gestione.
Un’analisi di Morningstar del 2024 dimostra come anche su benchmark relativamente ampi e tradizionali come l’azionario globale large cap, la resilienza degli ETF alla “prova del tempo” sia superiore a quella dei fondi attivi tradizionali: solamente il 35% dei fondi è “sopravvissuto” (non è stato quindi liquidato o fuso) nell’orizzonte di 15 anni rispetto al 53% dei cugini ETF.