L’analisi di Morningstar Sustainalytics sui fondi commercializzati in Europa individua l’aumento della concorrenza e del numero di strategie tra le cause dei costi inferiori. Emergono però differenze nell’analisi dello stile di gestione (attivo e passivo).
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Fondi ESG e fondi “tradizionali” hanno in media gli stessi costi per l’investitore. Anzi, i fondi sostenibili nel tempo hanno mostrato una progressiva riduzione dei costi, e questo vale, in particolare, per i fondi ESG a gestione attiva. L’assunto, che stride con una radicata narrazione della finanza ESG come più costosa per il risparmiatore, emerge da una recente analisi di Morningstar Sustainalytics. Non si tratta del primo approfondimento di questo tipo (la stessa Morningstar cita un precedente studio del 2020 e due analisi del 2019 e del 2020 condotte da ESMA e da Efama) tuttavia in questo caso, il data provider ha analizzato i costi dei fondi ESG rispetto a quelli dei fondi non ESG sulla base di una serie di parametri relativi a evoluzione dei costi nell’ultimo decennio, stile di investimento (attivo o passivo), e categoria Morningstar (focalizzandosi sulle sei categorie più diffuse che rappresentano oltre il 70% dei fondi ESG europei). Il tutto con l’utilizzo sia di medie ponderate sia di medie semplici.
Gli analisti hanno voluto così rispondere a tre quesiti: se i gestori applichino costi superiori per i fondi ESG; se i nuovi fondi ESG siano più costosi di quelli non ESG; e se la ridenominazione ESG di fondi esistenti determini un aumento delle commissioni
Secondo Morningstar a marzo 2024 in Europa erano commercializzati 5.500 fondi ESG per un valore complessivo di 2.500 miliardi di dollari. Nel dettaglio, l’analisi prende in considerazione 110 mila share class di 37.400 fondi domiciliati in Europa, di cui circa 4 mila fondi ESG.
Il discrimine della concorrenza
La “concorrenza” si qualifica come un elemento positivo per il mercato: l’aumento delle strategie sostenibili ha infatti determinato, tra le altre cose, anche una diminuzione dei costi, tanto che “i fondi ESG attivi presentano costi inferiori rispetto ai loro omologhi convenzionali in cinque delle sei categorie selezionate, come misurato dalle medie ponderate e semplici”. La rappresentazione numerica di questa affermazione vede un costo medio dello 0,82% per i fondi ESG a marzo 2024 contro lo 0,90% medio dei fondi convenzionali. Dall’analisi lungo il decennio, tuttavia, emerge come fino nel 2013 il costo medio dei fondi ESG fosse dell’1,55% per arrivare allo 0,99% nel 2021. La riduzione dei costi dello 0,36% nel periodo si confronta con il taglio delle commissioni del 18% registrato dal campione di fondi convenzionali. Su una base media semplice delle sei categorie selezionate, a marzo 2024 i fondi ESG costeranno lo 0,83%, rispetto allo 0,90% dei fondi convenzionali.

Tuttavia gli analisti sottolineano che la relativa economicità dei fondi ESG può essere spiegata, come detto, con l’aumento della concorrenza, ma anche col fatto che le aziende potrebbero considerare “i costi di ricerca iniziali extra legati ai fondi ESG come necessari per l'intera società per soddisfare i requisiti normativi, e scelgono di distribuire tali costi in modo uniforme sulla loro gamma di strategie”.
Attivi vs passivi
Nella ripartizione attivi/passivi del campione di fondi nelle sei categorie selezionate si nota come il divario di costo tra i fondi ESG e quelli non ESG riguardi soprattutto i fondi attivi. A marzo 2024, infatti, la media dei fondi ESG attivi in tutte le sei categorie ha commissioni pari all’1,19%, mentre per i fondi convenzionali il dato sale all’1,22 per cento.
I fondi passivi, tuttavia, non mostrano questa differenza nelle commissioni, con costi simili a quelli degli omologhi convenzionali negli ultimi sei anni, tanto che nel primo trimestre 2024, i costi si equiparano, intorno allo 0,16 per cento.

Fondi lanciati di recente
Da un punto di vista della “convenienza”, i fondi attivi ESG lanciati di recente si sono rivelati meno costosi di quelli tradizionali, sia in termini di media ponderata per gli asset, sia in termini di media semplice. Diverso il discorso dei fondi passivi. In termini di media semplice questi ultimi tendono a costare meno delle controparti non ESG, tuttavia se si considerano le medie ponderate per gli asset i costi sono superiori. “Ciò suggerisce che la maggior parte del denaro passivo è confluito nei nuovi fondi e classi di azioni più economici, che tendono a essere ETF semplici non ESG”.
Le conseguenze del rebranding
Infine gli analisti hanno verificato se l’adozione di un nome “green” avesse delle conseguenze sulle fee dei fondi ridenominati. In questo caso lo studio si è concentrato sui 1.482 fondi ESG che hanno assunto un nome ESG tra il 2018 e il 2023, concentrando il periodo di osservazione ai 12 mesi successivi alla data di cambio di denominazione. Emerge come la maggior parte dei fondi ESG ridenominati abbia presentato costi rappresentativi ridotti o invariati dopo la ridenominazione. In termini di in punti base, ad eccezione del 2022 e del 2023, i fondi ESG rebrandizzati in Europa hanno generalmente registrato una riduzione netta delle commissioni nei 12 mesi successivi al rebranding.
