Anche nel 2015 il mercato azionario aveva preso il largo con una bella correzione ed eravamo tutti preoccupati per l’anno che sarebbe venuto. Nutrivamo però la speranza nella partenza del Quantitative easing di Draghi e di lì a poco saremmo stati finalmente accontenati (e ora qualcuno potrebbe anche considerarli bei tempi….). In realtà, io ritengo […]
Anche nel 2015 il mercato azionario aveva preso il largo con una bella correzione ed eravamo tutti preoccupati per l’anno che sarebbe venuto. Nutrivamo però la speranza nella partenza del Quantitative easing di Draghi e di lì a poco saremmo stati finalmente accontenati (e ora qualcuno potrebbe anche considerarli bei tempi….). In realtà, io ritengo che le condizioni dell’economia reale potrebbero rivelarsi migliori oggi rispetto ad un anno fa. La svalutazione dell’euro rispetto al dollaro, il crollo dei costi dell’energia e i tassi di finanziamento ai minimi storici consentono infatti alle aziende europee di risultare molto più appetibili nei fondamentali rispetto al passato. Dalla speranza siamo passati quanto meno ad un inizio di primi risultati tangibili. Malgrado tutto, il valore dell’ Eurostoxx è praticamente tornato più o meno dove lo avevamo lasciato dodici mesi fa. Quali siano le motivazioni è difficile saperlo, sicuramente la questione della psicologia degli investitori pesa moltissimo.
La Cina per esempio. Adesso seguiamo l’andamento dei mercati cinesi come se fossero quelli americani, con i telegiornali che parlano solo dei crolli del 5 o del 7 %. Ma quando l’indice cinese salì dai 2000 punti di giugno 2014 ai 5000 di giugno 2015, (oggi è a circa 3200 punti) perché i telegiornali non ne parlarono? Semplice, perché era un non evento. Difficile quindi per gli investitori rimanere razionali di fronte alle notizie che ci arrivano in continuazione da tutte le parti, come in questo inizio di 2016. Prima il crollo dei listini asiatici, poi l’interruzione delle attività diplomatiche tra Arabia ed Iran, la mattina successiva la Corea che fa scoppiare una bomba nell’Oceano Pacifico ci hanno spaventati a morte. Peccato che tutto ciò abbia anche passato in secondo piano i dati usciti sull’economia europea (come i PMI) relativi a dicembre, che mostrano una buona salute del business e della fiducia. Cerchiamo quindi di fornire qualche consiglio utile di asset allocation per l'anno che verrà che si preannuncia alquanto difficile, se il buongiorno si vede dal mattino.
Lo scorso mese, qualcuno aveva mal interpretato il mio auspicio di dicembre come un sintomo di estrema positività sul mercato azionario europeo, purtroppo non era così, per lo meno non in questo contesto di paura. Rimango dell'idea che l'equity europeo potrebbe risultare in questo momento il luogo migliore dove investire, ma rimanerci senza protezione con approccio long only classico equivarrebbe ad affrontare la traversata dell'Oceano Atlantico in barca a vela in solitaria. Ci sono infatti troppi rischi latenti, la Grecia è stata accantonata ma non è stata certo risolta, il rischio del Brexit è nel prossimo futuro, ma soprattutto la volatilità che si infiamma in qualunque momento per qualunque motivo, dalle parole di Draghi, ai rischi geopolitici, ai riflessi dei mercati internazionali. Contestualmente si hanno poche alternative visto che il mercato obbligazionario governativo non rende praticamente nulla, anzi nelle scadenze più brevi è in negativo ,e per cercare rendimenti appena decenti bisogna selezionare attentamente, e spesso non serve neanche quello perché può accadere una situazione come quella in cui la banca centrale portoghese ti manda a zero un'obbligazione senior bancaria (emessa da Novo Banca) di sua iniziativa.
Confermo pertanto quanto scritto a dicembre sull'utilizzo di strategie alternative e sconsiglio vivamente il fai da te, a meno che non siate esperti trader, oppure torniamo alle cose semplici come accumulare gradualmente equity nel tempo ( magari privilegiando i momenti di ribasso) e mantenere sempre una buona scorta di liquidità. La storia ci insegna che i grandi guadagni si fanno dopo i crash di mercato.