A breve il Mise dovrà valutare l’impatto della nuova normativa sul mercato. L’industria chiede di tornare agli strumenti originari e il Ministro Gualtieri commenta: “Ci ragioneremo”.
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Il dibattito sui Piani individuali di risparmio si è riacceso a più riprese nel corso di quest’anno. Le nuove regole introdotte dalla Legge di bilancio 2019, approvata dal Governo Lega-M5S, hanno paralizzato per diversi mesi il mercato, in attesa del decreto attuativo sulla nuova normativa, senza il quale i gestori non avrebbero potuto proporre ai clienti la sottoscrizione di nuovi PIR. Tuttavia, a seguito della sua pubblicazione su Gazzetta Ufficiale (avvenuta lo scorso 30 aprile) nulla è cambiato. L’impasse è proseguita e i prodotti hanno progressivamente perso terreno (secondo Assogestioni registravano a fine giugno deflussi per 351 milioni, mentre le stime di un recente report di Equita SIM collocano le perdite intorno ai 546 milioni).
Immediata la reazione dell’industria del risparmio gestito. A dirsi da subito contrari alle modifiche introdotte sono stati Massimo Doris, AD di Banca Mediolanum, e Tommaso Corcos, presidente Assogestioni. Il messaggio, lanciato più volte al Governo, è sempre stato lo stesso: fare un passo indietro, ritornare allo schema originario dei PIR (eliminando l'introduzione dei vincoli minimi di investimento sull'Aim e sul venture capital) e non toccare più la normativa. La speranza: sbloccare la situazione e riaccendere negli investitori la fiamma che li aveva fatti innamorare di questi prodotti.
Su questa linea si mantiene anche Luigi De Bellis, co-responsabile dell’Ufficio Studi di Equita SIM: “Continuiamo a ritenere che i PIR nella loro versione originale siano strumenti eccellenti ed efficaci, che avevano raggiunto una serie di obiettivi, come convogliare i risparmi degli italiani verso investimenti in aziende domestiche, raccogliere maggiori risorse finanziarie per le imprese diverse dai gruppi grandi, diffondere un feeling positivo tra gli imprenditori italiani sulla possibilità di accedere al mercato dei capitali, anche per le PMI e attirare l’attenzione e la liquidità degli investitori verso queste ultime”.
Ci penserà il Governo?
Novembre sarà un mese importante per la vicenda PIR perché il Ministero dello sviluppo economico dovrà fare una prima valutazione sull’impatto della nuova normativa sul mercato. “Sui PIR ragioneremo”, ha commentato il Ministro Roberto Gualtieri in audizione alla Camera. “Si tratta di uno strumento importante e la nostra valutazione riguarderà anche le recenti modifiche”, ha aggiunto. L’attuale Governo sembra essere, dunque, più conciliante del precedente vista la presenza del PD (che con Renzi aveva introdotto i PIR nel 2017) ma le difficoltà potrebbero giungere dalla compagine M5S a cui sarà chiesto di rivedere i vincoli da lei stessa suggeriti nel precedente esecutivo.
Sulle prossime mosse del Governo abbiamo interrogato alcuni protagonisti dell’industria del gestito. Michele Morra, portfolio manager di Moneyfarm (che da sempre si è mostrata scettica sui PIR) non si sbilancia a riguardo ma ci tiene a ribadire la view della società su questi strumenti: “Non crediamo che si debba veicolare il risparmio delle famiglie verso la concentrazione sul sistema Italia in cambio di un beneficio fiscale. Servirebbero, invece, degli strumenti per semplificare e favorire gli investimenti da parte delle famiglie senza incoraggiare l’home country bias. L’ISA britannica è un buon esempio”.
Dal canto suo, Riccardo Ambrosetti, fondatore e presidente di Ambrosetti AM SIM, ritiene che non sarà facile trovare una soluzione alla questione: “Da un lato non c’è unità di vedute sull’utilità di questo strumento tra le principali controparti economiche e sociali. Dall’altro lato, vi sono complessità giuridiche e fiscali che risultano piuttosto complesse”, spiega. “Solo un compattamento delle diverse parti interessate a favore di questo strumento, difficilmente in cima alle attuali priorità del nuovo Governo, favorirebbe la potenziale risoluzione di tutti gli snodi tecnici necessari per l’attuazione di una nuova versione. Il risultato dell’operazione precedente non rappresenta un successo tale da spingere fortemente verso il rinnovo di questo strumento, quantomeno nella struttura già proposta”, sottolinea.
“La popolarità dei PIR ha risentito della confusione introdotta dal nuovo quadro normativo ma per chi ha sottoscritto uno di questi strumenti nel 2018 o prima rimangono intatti sia il razionale dell’investimento che il vantaggio fiscale”, ricorda Alberto Zorzi, vice direttore generale Direzione Investimenti di Arca SGR. In questo delicato momento di mercato, l’esperto invita a “guardare a quelle soluzioni d’investimento che ci traghettano su un orizzonte temporale predefinito, cercando opportunità su un complesso eterogeneo di strumenti e strategie gestionali e ai servizi studiati per farci entrare nei mercati con disciplina senza farci condizionare dalle emozioni”.