Net Zero, un assist dalle infrastrutture quotate

Nella selezione di prodotti infrastrutturali l’analisi delle componenti ESG può avere un peso rilevante. “Nella nostra analisi dei portafogli, uniamo le componenti quantitativa e qualitativa”, esordisce Andrea Puccini, responsabile Gestione Prodotti Azionari di Fideuram AM SGR. “Per noi l’analisi delle singole società dal punto di vista qualitativo rappresenta un elemento fondamentale, così come le componenti ESG”, sottolinea l’esperto. “Procediamo con l’individuazione di tutte le società virtuose dal punto di vista della sostenibilità. Oltre all'analisi qualitativa del management, siamo affiancati da un nostro ufficio ESG, attento alle novità dal punto di vista regolamentare e ci affidiamo anche a provider esterni”, prosegue Puccini. Per quanto concerne i rating ESG “ci tengo a sottolineare come, dal punto di vista di gestori di portafoglio, il nostro interesse non è solo individuare le società più virtuose al momento attuale, ma capire quali lo saranno anche in futuro in virtù di politiche di investimento e di conversione al green. Un domani queste società, grazie al loro processo di sviluppo, presenteranno vantaggi anche dal punto di vista borsistico”, conclude il professionista.

Un approccio di selezione olistico che sembra essere condiviso dalla maggior parte dei fund buyer. “Ormai nella selezione dei prodotti da inserire nei nostri portafogli l’approfondimento su come i gestori integrano gli aspetti legati alla sostenibilità nel loro processo d’investimento affianca l’analisi quantitativa e qualitativa, così come la verifica del rating Esg del comparto attraverso la piattaforma di Msci, che utilizziamo per verificarne l’adeguatezza”, sostiene Anna Bertelli, gestore senior del team multimanager di Banca Patrimoni Sella & C. Per quanto riguarda le infrastrutture, “trovo che comunque siano sempre più legate agli investimenti sostenibili, nel senso che il cambiamento climatico e l’insicurezza energetica, aumentata inevitabilmente con lo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina, si trovano al centro delle necessità economiche, sociali e politiche”, aggiunge Bertelli. “Se pensiamo alla decarbonizzazione, alla connettività digitale, ma anche all'economia circolare o alla gestione delle risorse idriche, sono tutti fattori che richiedono asset infrastrutturali. Inoltre i principali obiettivi delle Nazioni Unite, quindi gli SDGs, dipendono per la maggior parte da investimenti in infrastrutture. In ogni caso quando selezioniamo prodotti in generale, e in particolare i comparti infrastrutturali, ormai tendiamo a privilegiare quelli che rispettano l’articolo otto o nove della SFDR. La preferenza verte su questi prodotti, anche se la normativa è in continua evoluzione”, evidenzia l’esperta.

Vi sono settori industriali più responsabili di un maggior volume di emissioni di gas serra rispetto all'attività svolta e al fatturato prodotto. La selezione dei prodotti infrastrutturali in ambito ESG non è quindi semplice.  “Il nostro approccio ESG è declinabile in tre fasi diverse del nostro processo di selezione”, esordisce evidenzia Massimo Ricatti, portfolio manager, multimanager division di BCC Risparmio & Previdenza. “C’è una prima parte top-down di selezione di tematiche che abbiano caratteristiche ESG. La seconda fase è costituita dall’utilizzo di data provider specializzati nella sostenibilità per definire uno score quantitativo proprietario. A questo punto è necessario un ulteriore step, perché questi ultimi tendenzialmente si focalizzano sul grado di sostenibilità dei titoli sottostanti all'interno delle strategie, e non sull’approccio utilizzato dal team di gestione. Ad esempio, asset class come l'azionario europeo, avranno per questioni legate all’universo investibile, quasi sempre una tripla A dal punto di vista della sostenibilità, a prescindere da quanto quest’ultima sia integrata all’interno del processo d’investimento. Occorre quindi analizzare come, ad esempio, i gestori integrano l’ESG nella fase di selezione titoli, nella fase di costruzione del portafoglio, ma soprattutto nella fase di monitoraggio dei rischi”, prosegue Ricatti, per cui un approccio metodico a questo tipo di investimenti è fondamentale.

Le infrastrutture “hanno un ruolo chiave nella transizione verso la decarbonizzazione e l'azzeramento delle emissioni”, spiega Daniele Diotti, Sales Manager, Franklin Templeton. “Secondo l'IRENA, entro il 2050 l'elettricità diventerà il principale vettore energetico nel consumo di energia, rappresentando circa il 51% del consumo complessivo, rispetto al 21% del 2018 e al 30% previsto per il 2030”, aggiunge Diotti secondo cui “le energie rinnovabili, l'elettrificazione e l'efficienza energetica sono quindi i pilastri principali di questa transizione. Le reti di trasmissione si stanno evolvendo per essere più flessibili nel far fronte alla crescente quota variabile di energia rinnovabile”. Inoltre, secondo il manager, “l'aumento di nuove fonti di domanda, come l'adozione di veicoli elettrici e pompe di calore, comporterebbe maggiori investimenti nelle reti di distribuzione e in misure flessibili come lo stoccaggio. Questo livello di spesa in conto capitale aumenterà il prezzo di materie prime come il rame, il litio e molti altri materiali che saranno sostenuti dai clienti e dalle imprese”. Per Diotti “la parte positiva della decarbonizzazione viene però dal costo finale degli utenti per l’energia: tra il 2020 ed il 2021 negli stati uniti il costo dell’energia tradizionale, da combustibili fossili, è passato da 28 a 46dollari/MWH con un aumento del 60% nello stesso periodo il costo dell’energia provenienti da fonti rinnovabili è salito del 13% arrestandosi a 30 dollari/MWH quindi 16 dollari in meno rispetto ai combustibili fossili”.