Nei giorni scorsi si è tenuto in Borsa Italiana un evento dedicato all’evoluzione della normativa ESG in Italia e in Europa. Numerosi gli ospiti, tra questi anche rappresentanti della Commissione UE, di Consob e di Banca d’Italia.
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Una struttura stratificata e profondamente integrata. La normativa ESG europea è stata oggetto di riflessione lo scorso 26 giugno nell’incontro “L’evoluzione della normativa ESG in Italia e in Europa: un confronto tra gli operatori di mercato” organizzato da Borsa Italiana in Piazza Affari con un dibattito di alto livello che ha visto la presenza di rappresentanti della Commissione UE, di Banca d’Italia e Consob. D’altronde, la metafora di una “ragnatela normativa” richiamata da Jeffrey Greenbaum, partner, Hogan Lovells, rende l’idea del sistema di norme e (potenziali) sanzioni, con cui si confrontano i partecipanti ai mercati finanziari (FMP) a quasi sei anni di distanza dal lancio del primo piano di azione europeo sulla sostenibilità in ambito finanziario.
L’appuntamento milanese ha permesso, tra le altre cose, il confronto tra emittenti (con la presenza di due quotate, Ferretti Group e Prysmian Group) e investitori (Amundi ETF, Fidelity International e Soprarno SGR) preceduti da una serie di riflessioni che rimandano non soltanto alla strutturazione dell’apparato normativo, ma anche alle potenziali influenze esterne su quest’ultimo, si pensi all’avanzata del fronte del no agli ESG sia in Europa sia oltreoceano, e ai timori legati a una potenziale vittoria di Trump alle prossime presidenziali USA.
Un lavoro congiunto
Tuttavia quella europea è una costruzione che si è definita stabilmente nel tempo. E la Commissione UE intende “costruire su questa stabilità”, afferma Laura Rinaldi, head of Unit, Financial Sector and Access to Finance, EU Commission intervenuta in collegamento da Bruxelles. “La Commissione ha fatto molto negli ultimi sei anni, costruendo pezzo per pezzo il quadro regolamentare”, sottolinea Rinaldi indicando come l’obiettivo finale resti sempre “la trasparenza in merito agli impatti sulle attività economiche (e sul settore finanziario)”. In quest’ottica sono state definite SFDR e Tassonomia UE, e a questo obiettivi è indirizzata anche la CSRD. Il quadro, afferma, sarà implementato “con elementi di regolamentazione secondaria”, ma il lavoro davanti è lungo e richiede un coordinamento tra i vari apparati europei e nazionali. Per questo motivo la Commissione lavora con le autorità di vigilanza nel monitorare i rischi ESG. Da qualche giorno inoltre, il ministero delle Finanze insieme al tavolo per la finanza sostenibile ha reso disponibile una consultazione per le PMI “per facilitare l’adozione da parte delle imprese del reporting sostenibile, altro passaggio di grande complessità”, specifica Rinaldi.
Normative che “si parlano”
La normativa europea si è rivelata “fortemente innovativa”, sottolinea Isabella Porchia, consigliera Consob, indicando le tre macro aree a cui guarda la Commissione: emittenti, intermediari e mercati. Porchia rimarca che, sì, si tratta di una normativa complessa e stratificata, “ma occorre riconoscere che è partita da piani d’azione molto ampi e ambiziosi (vedi il Piano d'azione della Commissione europea per finanziare la crescita sostenibile del 2018)”, e che, “soprattutto negli ultimi tre anni si è assistito a un’accelerazione nella definizione del quadro”. L’aspetto che preme sottolineare all’esperta, tuttavia, è legato alle “connessioni all’interno della catena del valore degli investimenti sostenibili, cui fa riferimento ESMA, da ultimo nel final report sul greenwashing del 4 giugno”. Guardando alle norme UE, infatti, ci si confronta con “plessi normativi” che sembrano distanti tra loro, tuttavia “le normative si parlano e sono parte di un unico disegno che adesso è sempre più completo”.
Quadro eterogeneo
Stefano Sordoni, vice capo del Servizio Supervisione Intermediari Finanziari, Banca d’Italia opera una distinzione tra mondo bancario e mondo non bancario (SGR, SIM, finanziarie e istituti di pagamento) e sottolinea come che quello con cui si confronta l’istituzione sia un “quadro eterogeneo”. Che significa? “Il mondo bancario è più avanti in materia di definizione dei piani di sostenibilità rispetto a quello non bancario” specifica l’esperto. Certo, la “consapevolezza” è presente in entrambe le sfere di azione (“nel 2023 abbiamo richiesto 545 piani d’azione e tutti i piani delle banche e il 94% dei piani del mondo non bancario, sono stati ritenuti valutabili”), tuttavia, specifica Sordoni, nel mondo non bancario occorre prestare attenzione alle differenze presenti tra le diverse entità. “In Bankitalia cerchiamo di adottare un approccio unitario nell’analisi dei piani, nonostante le differenze tra gli intermediari, ma ‘proporzioniamo’ la nostra azione all’effettivo rischio. E pensiamo che adottare lo stesso approccio per tutti gli attori, consenta di costruire un sistema davvero integrato e una visione del rischio indipendentemente dalla qualifica del soggetto”. Sono emersi così ambiti comuni, in alcuni casi le iniziative sono tratteggiate senza specificare i tempi (“ricordiamo che i piani vanno conclusi entro il 2025”), ma spesso “manca l’indicazione delle risorse umane e degli investimenti necessari per l’adozione dei piani stessi”. Ci sono poi aree in cui gli interventi sono più evoluti, ad esempio nella governance (“anche nelle società più piccole”). Resta il tema del rischio ESG: “È vero, i fattori ambientali e sociali sono sempre più integrati nel framework di gestione del rischio – conclude Sordoni –, ma resta un tema importante di disponibilità e qualità dei dati”.