Numeri da record per il private equity italiano nel 2018

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fabrizio verrecchia, unsplash

Il mercato italiano del private equity (PE) ha raggiunto livelli record nel 2018, registrando un valore aggregato degli investimenti pari a 17,6 miliardi di euro  per un numero totale di operazioni pari a 149, come evidenziato nel report pubblicato dallo studio legale Gatti Pavesi Bianchi (GPB) in collaborazione con Unquote, un information provider globale.

Un contributo importante al record dell’anno scorso è stato dato da una serie di ‘megadeal’, inclusi i quattro buyout realizzati tra l’inizio del 2018 e il primo trimestre del 2019, tra i quali spicca l’acquisizione da 3,03 miliardi di euro dell’azienda farmaceutica Recordati da parte di CVC Capital Partners. A ciò si aggiunge il passaggio generazionale, che con l’ingresso dei millenial ha favorito il ricorso a operazioni di private equity per sofisticare i business di famiglia, ricercare nuovi manager e favorirne l’internazionalizzazione.

"Il cambiamento demografico all'interno delle imprese familiari in Italia ha creato la necessità non solo di una nuova leadership, ma anche di investitori che possano aiutarle a proteggere i loro lasciti e a navigare nella globalizzazione e nella digitalizzazione, ha commentato Gianni Martoglia, Equity Partner di Gatti Pavesi Bianchi. La globalizzazione consente ai capi famiglia di diversificare le loro partecipazioni anche fuori dall'Italia come copertura in un periodo meno favorevole alle imprese nella politica del paese. In questo senso, gli operatori di PE hanno dimostrato di essere partner ideali per soddisfare questi requisiti. "

Quali sono dunque le prospettive per il 2019? Se paragoniamo il primo trimestre del 2018 a quello del 2019, si può riscontrare un leggero rallentamento, se infatti nei primi tre mesi dell’anno passato erano state annunciate operazioni per un valore di 8 miliardi di euro, nel trimestre 2019 il valore registrato è di solo 5,8 miliardi di euro, per un totale di 70 operazioni circa contro i 75 del 2018.

Le sfide persistono oggi nella forma delle incertezze economiche e politiche che affliggono gli investitori italiani. Tuttavia, questa incertezza ha anche creato uno spazio per gli operatori di PE per imporsi come sponsor e fornitori di capitale, dal momento che la pressione sulle banche ha spinto le imprese a cercare altrove i loro partner finanziari. Nel dettaglio il report riporta inoltre che:

• La forza del settore industriale e di quello dei beni di consumo in Italia è cresciuta lo scorso anno, con la manifattura che ha registrato il più alto valore percentuale delle operazioni (33%) e i beni di consumo il volume più alto (32%).

• L'attività PE nel settore dei beni e servizi in Italia sembra destinata a rimanere impattante quest'anno, con molte PMI a conduzione familiare che continueranno a produrre prodotti di fama internazionale.

• Le società italiane sono valutate in media un multiplo di 10.2x riconosciuto in sede di entrata dell’investimento dagli acquirenti, secondo la Banca d'Investimenti Baird; con i prezzi elevati che guidano le strategie che portano le aziende a uscire e cristallizzare il valore. L’Italia è un Paese di aziende di qualità a prezzi più bassi, dove esiste inoltre un pricing gap nelle valutazioni. Per aziende con un fatturato fino a 100 mila euro, le operazioni in media vengono chuse con multipli pari a 8x ebitda, nel caso di imprese con fatturati maggiori a 100 mila euro e large cap, i multipli aumentano a 12x.