Nella tappa romana del Salone SRI 2023 un’analisi su stato dell’arte e sviluppi futuri della finanza a impatto. Melandri (SIA): arrivare al 10% degli AuM a livello globale.
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Il percorso della finanza a impatto a livello mondiale passa per una redistribuzione degli investimenti e per un obiettivo: arrivare al 10% degli AuM gestiti a livello globale orientati all’impatto. L’affermazione di Giovanna Melandri, presidente Social Impact Agenda per l’Italia (SIA) parte da una disamina dello stato dell’arte degli investimenti a impatto a livello internazionale e della distinzione (rilevante) tra questi ultimi e gli investimenti ESG. L’occasione è la tappa romana del Salone SRI, “Impatto targato ESG. Mercato, regole e frontiere dell’impact investing in Italia”, organizzata da ET.Group in collaborazione con SIA, anticipazione del Salone che si terrà il 14-15 novembre a Milano e di cui FundsPeople è media partner.
Attraverso l’osservatorio privilegiato di SIA, Melandri ricorda come le masse relative agli investimenti impact a livello globale si aggirino intorno ai 3 mila miliardi di dollari e invita a spingere anche gli ESG verso l’impatto. “Se si guarda a quanto accaduto dal Covid in poi”, afferma la presidente, “si è assistito a una riduzione nel trasferimento di capitali dal Global North al Global South: indicativamente soltanto il 2% dei flussi della finanza europea va in direzione degli emerging market, mentre il dato statunitense è intorno al 4%”. Secondo l’esperta, proprio questa riduzione nei flussi rientra nei “missing trillion dollars per raggiungere gli Obiettivi Onu al 2030 (SDGs)”. Ebbene, afferma, “i trasferimenti di finanza globale che mancano dovrebbero essere investimenti a impatto”. Richiamando la normativa europea sugli investimenti sostenibili (“più bastone che carota”), Melandri vede un percorso che va più in direzione della compliance ma nota come le nuove normative (vedi CSRD) e “l’introduzione del concetto di doppia materialità nella misurazione spingano anche la finanza ESG ad avvicinarsi alla misurazione dell’impatto”. L’obiettivo centrale, all’oggi, è “arrivare a standard condivisi a livello mondiale sulla doppia materialità”.
Qual è il dato italiano
L’investimento a impatto, centrale nella “ridefinizione paradigmatica di come misuriamo il valore”, come afferma Melandri, si pone al centro della ricerca “Impact Investing Outlook 2023” condotta da Tiresia, centro di ricerca della School of Management del Polimi per l’innovazione sociale e la finanza a impatto, con SIA e in collaborazione con European Venture Philanthropy Association (EVPA), presentata nel corso del convegno capitolino. La ricerca vuole offrire una visione armonizzata e comparabile del settore tra i vari Paesi europei, a partire dalla definizione della popolazione di impact investor (hanno partecipato allo studio attori eterogenei, con una prevalenza di private equity/venture capital, istituzionali e banche commerciali) e vede una market size di quasi sette miliardi di euro (6.954 milioni per la precisione, di cui 3.287 di capitale impiegato nel 2021). In particolare nella divisione per asset class prevalgono gli investimenti equity based (56%), mentre sul fronte della classificazione SFDR il 50% degli strumenti sono articolo 9, ma raccolgono soltanto il 28% delle masse contro il 19% degli articoli 8 che arrivano al 72% della raccolta.
Altro dato interessante riguarda poi i settori verso cui sono indirizzati gli investimenti a impatto e, in particolare, a due degli SDGs: il primo (porre fine a ogni forma di povertà) e l’ottavo (promuovere una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, la piena occupazione e il lavoro dignitoso per tutti). Da qui emerge una forte propensione alla S degli ESG (social) negli investimenti a impatto in Italia.
Normative europee e impatto
La cornice europea, torna poi negli interventi di Giulia Bottazzi legal officer, Commissione Ue/DG FISMA e Anna Sciortino senior policy officer di ESMA. Bottazzi entra nel merito della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) nello spiegare cosa significa in termini di impatto e indica come l’obiettivo della direttiva sia “raggiungere un livello in cui le informazioni relative alla sostenibilità siano rilevanti, comparabili e affidabili (in quanto verificate) per gli investitori”. Questo fine, sottolinea l’esperta “può portare verso investimenti e attività economiche più sostenibili oltre quello di rendere le imprese più responsabili rispetto all’impatto su persone e ambiente”.
La condivisione delle informazioni è dunque centrale, da qui assume rilevanza il percorso intrapreso a livello europeo con l’ESAP (European Single Access Point), approvato a fine maggio dello scorso anno affidando a ESMA il compito di sviluppare e mantenere la piattaforma sul suo sito web. ESAP raccoglierà “informazioni già rese pubbliche dalle imprese – afferma Sciortino –. L’obiettivo è facilitare il processo decisionale, per incrementare il flusso di informazioni e contribuire all’integrazione dei servizi finanziari all’interno dell’Ue”. L’esperta sottolinea poi che il progetto non creerà nuovi obblighi di reporting, “ma migliorerà l’accesso a informazioni già disponibili al pubblico, in particolare quelle di sostenibilità che saranno rese disponibili già nelle fasi di avvio della piattaforma”, la cui messa in funzione è prevista, in forma graduale, dall’estate 2027.