Oltre il benchmark con il modello 'discounted cash flow' a crescita zero

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Ampia diversificazione del portafoglio e focus su aziende di qualità, che sembrano sottovalutate e che offrono quindi un buon potenziale rialzista. Questo il segreto di Dean Tenerelli, nel suo decimo anniversario alla guida delle strategie sull’azionario europeo di T. Rowe Price,  asset manager americano fondato a Baltimora nel 1937 e cresciuto fino a raggiungere i 725,5 miliardi di dollari in gestione. In questa occasione, FundsPeople ha rivolto qualche domanda a Tenerelli, gestore del fondo T. Rowe Price European Equity, per capire quali sono state le lezioni più importanti imparate nel decennio. Il tutto, con un occhio rivolto al futuro.

Negli ultimi dieci anni, il track record della sua performance mostra ritorni sempre costanti. Dati i momenti di difficoltà registrati in termini di direzione dei mercati, rischio, stili di investimento, a cosa attribuisce questa costanza di performance?
La costanza di performance deriva dalla focalizzazione diligente sulle società di buona qualità. Investo solo in quelle che ritengo essere aziende di elevata qualità, di cui posso capire i modelli aziendali e che hanno forti team di management. Se queste società eseguono la loro strategia, vendendo i prodotti o offrendo i servizi che ci si aspetta, il portafoglio tende a rifletterlo e offrire di conseguenza performance simili. Questa attenzione specifica sulle società di qualità è confermata durante i periodi di incertezza, quando i mercati cambiano direzione, per esempio, o quando il sentiment diventa negativo. Innumerevoli volte ho riscontrato come imprese forti, gestite da manager in gamba, siano riuscite a modificare i processi e le pratiche aziendali quando necessario, adattandosi con successo a quadri di mercato in cambiamento. Così facendo, sono riuscite a mantenere il potere di determinazione dei prezzi, sono rimaste competitive e, molto spesso, sono uscite dalle crisi in posizioni persino più solide di prima.

Ci sono specifici periodi del ciclo economico o condizioni di mercato per i quali la sua strategia è particolarmente adatta, o durante i quali riscontra difficoltà?
In generale, concentrandoci su aziende di qualità e conservando un’ampia diversificazione, il portafoglio è progettato per generare una sovraperformance rispetto al benchmark in una vasta gamma di condizioni di mercato. Testimonianza di ciò è che abbiamo un tasso di risultati positivo sia con mercati rialzisti che ribassisti e che abbiamo sovraperformato sia quadri di mercato favorevoli a stili di investimento value sia growth. Una caratteristica distintiva della nostra strategia è che mostra una tendenza a sovraperformare quando i mercati cambiano direzione. La ragione principale è che mi concentro su un modello DCF (discounted cash flow) a crescita zero, in cui presumo appunto una crescita nulla al di là di quella che ritengo essere un orizzonte di previsione ragionevolmente visibile. Ciò offre un’indicazione molto interessante sul valore intrinseco di una società ed evita di dover pagare oggi un “potenziale” di crescita distante e incerto. Concentrandoci su questo parametro di valutazione, e applicandolo con rigida disciplina (compriamo quando un titolo è economico e vendiamo quando diventa costoso), sono stato in grado di trarre beneficio da questi punti di inflessione, poiché i mercati spesso tendono a eccedere, in entrambe le direzioni, creando opportunità derivate dall’errata determinazione dei prezzi azionari, prima di tornare al passo e poi correggersi.

Ci sono Paesi o settori specifici che hanno premiato significativamente nel decennio? Allo stesso modo, ci sono Paesi o settori che hanno deluso?
Tendiamo a essere abbastanza fluidi in tema di allocazione settoriale e geografica, concentrandoci maggiormente sui singoli titoli e adottando un approccio molto diversificato alla costruzione di portafoglio. Non siamo focalizzati su alcun specifico Paese o settore o titolo, ma piuttosto cerchiamo di investire in aziende di qualità che sembrano sottovalutate e perciò offrono un buon potenziale rialzista. Detto ciò, la Spagna è stata negli ultimi anni un’ottima area di investimento. Subito dopo il picco della crisi del debito sovrano, verso la fine del 2012, abbiamo iniziato a costruire un’ampia esposizione alle società spagnole. Dato il forte sell-off da cui furono colpite, abbiamo avuto la possibilità di comprare numerose società di buona qualità a tassi di sconto significativi, acquistando in un’ampia gamma di settori – dalle utility molto difensive (Gas Natural, Enagas) a società più cicliche del settore dei media (Mediaset Espana), alla società di Borsa spagnola Bolsas y Mercados. La ripresa di molti di questi titoli, da quando li abbiamo acquistati, ha contribuito molto alla performance di portafoglio.

Più di recente, abbiamo aumentato l’esposizione all’area degli industriali, comprando titoli selezionati che sono diventati relativamente economici, a mio avviso. Il settore industriale è, tradizionalmente, un’area di forza in Europa, dove ci sono numerose società globali e di qualità. Ho aggiunto in portafoglio due aziende di forniture automobilistiche, i cui prezzi azionari erano scesi nettamente. Entrambe le società sono esposte ai mercati emergenti e hanno accusato un impatto negativo a seguito dei recenti timori sul rallentamento della domanda cinese e del generale cambiamento di sentiment circa il settore automotive. Questo ci ha permesso di comprare queste aziende di qualità e leader di settore, che seguivamo da un po’, a livelli di valutazioni allettanti.

Sembra che i mercati abbiano iniziato a scontare una ripresa economica in Europa. Sebbene le valutazioni possano non sembrare interessanti come negli ultimi anni, vede un ulteriore potenziale rialzista per il Vecchio Continente?
Le valutazioni europee, quando viste in semplici termini di rapporto P/E, in base agli utili dei prossimi 12 mesi, iniziano a sembrare ragionevolmente “piene”, posizionandosi attorno alle medie di lungo termine. Questo riflette i guadagni visti negli ultimi 18 mesi, con il mercato che ha iniziato a scontare la ripresa. Tuttavia, secondo il rapporto P/E aggiustato su base ciclica, il quadro è differente, poiché le valutazioni restano basse rispetto alle medie di lungo termine e ancora circa il 20% inferiori ai picchi degli utili visti nel 2007. Ritengo che ci sia ancora spazio per la ripresa degli utili societari europei, che rimangono al di sotto dei livelli medi di lungo termine. Questo suggerisce che, nonostante i guadagni visti, c’è ancora margine per ulteriori rialzi di mercato, via via che gli utili continueranno a risalire verso livelli più normali. A controbilanciare questa attesa vi è, però, il rallentamento della crescita globale visto negli ultimi mesi. Mentre per un po’ di tempo la crescita globale è stato un fattore di supporto, ora rappresenta un elemento negativo in termini di prospettive degli utili societari, sia in Europa, sia a livello globale. Continuo a ritenere che l’Europa resti su un percorso di miglioramento, ma il potenziale di tale miglioramento e la sua velocità sembrano più modesti, a causa del rallentamento della crescita globale.

Si aspetta che tutti i fattori di cui abbiamo parlato resteranno importanti anche nei prossimi 10 anni?
Ogni quadro di mercato è differente e non vi è alcun modo per sapere cosa aspettarsi. Tuttavia, se c’è una cosa che ho imparato negli ultimi 10 anni è che le bolle di mercato, le mode, i settori caldi, sono tutti elementi che vanno e vengono; non necessariamente in maniera rapida ma, prima o poi, il sentiment cambia e i fondamentali di mercato si riassestano. Per questo, ritengo che comprare società di qualità sarà sempre importante nei prossimi 10 anni, in qualsiasi condizione di mercato possa emergere, così come lo è stato nell’ultimo decennio.