A cura di Giuseppe Donvito, Partner di P101 SGR.
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A cura di Giuseppe Donvito, Partner di P101 SGR.
Un flusso di 15 miliardi di sterline: è quanto investito nel 2017 in startup di intelligenza artificiale, il 141% in più rispetto al 2016. Una cifra monstre che potrebbe verosimilmente ridursi quando, ad esempio, i trend relativi al machine learning diventeranno più ‘normali’ e stabili, una caratteristica imprescindibile di ogni prodotto e servizio. A quel punto gli investitori inizieranno ad essere più selettivi ed esigenti.
Ma facciamo un passo indietro. Cos’è esattamente l’intelligenza artificiale? Si tratta dello studio di agenti intelligenti, ovvero ogni strumento che sia in grado di percepire l’ambiente circostante e di compiere azioni per modificarlo. Secondo la definizione classica “l’intelligenza artificiale consiste in un insieme eterogeneo di tecniche e metodi volti a costruire sistemi artificiali dotati di capacità cognitive, che siano quindi capaci di riconoscere, classificare, ragionare, diagnosticare e anche agire, o che siano dotati almeno di alcune di queste proprietà”.
Le startup del settore possono essere divise in due grandi gruppi: le società che operano in ambito infrastruttura per AI, che forniscono dunque cloud, algoritmi e librerie per creare servizi basati sull’AI, e società focalizzate sulle applicazioni, con nuove iniziative imprenditoriali che si concentrano su diverse filiere verticali. Dal punto di vista dei finanziamenti, le aziende che operano nelle applicazioni hanno attratto molti più investimenti delle aziende di infrastruttura: 11,5 miliardi contro 2,2 miliardi di dollari. Un fenomeno in crescita è quello dell’M&A da parte dei giganti hi-tech che vogliono virare verso l’AI.
L’intelligenza artificiale con la sua capacità di simulare il ragionamento umano e di scalare compiti di archiviazione e classificazione tipicamente umani è innanzitutto una rivoluzione per la forza lavoro. In una maniera che può essere considerata anche negativa per coloro i quali ipoteticamente saranno sostituti da un collega robot, ma che in realtà ha molto di positivo. La via migliore per godere dei vantaggi dell’AI senza esserne travolti è invece quella di pensarla quasi come un nuovo compagno di lavoro che probabilmente evolverà in un domani neppure troppo lontano in un’entità più o meno autosufficiente. L'idea è che diventi un ‘amplificatore’ positivo di esperienza per il lavoratore umano sia in termini di supporto all'attività quotidiana sia in termini di miglioramento della customer experience.
Approccio olistico
Noi di P101 pensiamo che questo possa avvenire solo se l’implementazione dell'AI in azienda viene abbracciata come un cambiamento culturale che provenga dal top management, e in particolare dal board, in un approccio olistico che non escluda nessuna parte o funzione dell’azienda. Senza questo approccio, senza che l’AI permei l’organizzazione nella sua interezza, vi sarebbe il rischio che le aree non dotate di intelligenza artificiale rimangano scollegate dal resto dell’azienda, con la conseguenza di creare colli di bottiglia.
L’intelligenza artificiale è destinata a trasformare tutte le industrie, ma tra di esse il settore che si presta più di altri a un utilizzo di tecniche di AI “across the value chain” è quello dei servizi finanziari, per come è strutturato (ad esempio per l’enorme presenza di dati). Di questo e molto altro, con particolare attenzione al mondo della finanza, si è parlato nel corso dell’evento 'Artificial Intelligence in Financial Services' a Londra. All’incontro hanno preso parte oltre 120 player leader di mercato in settori che spaziano dal banking, all’asset management, all’insurance, ad aziende software e hardware.
AI e finanza
Nell’industria finanziaria, l’intelligenza artificiale può distruggere o modificare porzioni della catena del valore dell'advisory, del lending, ecc. e può contribuire alla creazione di nuovi modelli di business grazie per esempio ai data analytics. Il vantaggio dell’applicazione dell’AI a questo settore sta nella disponibilità di dati storici e real time che possano essere elaborati e usati per l’apprendimento delle macchine. I principali player vedono benefici immediati in aree come back office, customer experience e miglioramento dell'efficienza operativa in genere.
Secondo i relatori del convegno londinese, due aree trasversali a ogni settore della finanza saranno impattate dall’intelligenza artificiale: una è la cybersecurity, con applicazioni di AI che, da un lato, saranno sempre più in grado di risolvere problemi di intrusione informatica nei sistemi aziendali, e dall’altro come necessità di difendersi da possibili intrusioni esterne di bot intelligenti. La seconda area è quella della questione etica, perché l’esistenza di sistemi autonomi, dotati di intelligenza artificiale sofisticata significa potenzialmente bypassare il controllo umano. E dunque entrare in un mondo dove le soglie di ‘responsabilità’ diventano sfumate.
Infine, un settore che potrà essere completamente rivoluzionato dall’AI è senza dubbio quello dell’asset management: le applicazioni sono potenzialmente infinite e impattano l’intera catena del valore. Alcuni esempi: l’AI può essere usata per ottimizzare in maniera immediata il sistema di vendita, le interazioni di marketing e i servizi ai clienti, fare modelli predittivi basati sull’elaborazione istantanea di teraflops di data, scambi fai da te con un sistema di prezzi completamente trasparente. Non è irrealistico immaginare analisi fatte da bot che siano in grado di processare big data e anche di incrociare report e raccomandazioni per emettere il proprio giudizio su un titolo.
A questo livello, si tratta certamente di scommesse, ma a nessuno che operi nel settore conviene ignorare questo scenario che è quanto mai futuribile. È necessario che la finanza assuma la consapevolezza che sia necessario cambiare per non essere demoliti dallo sviluppo dell’AI che è senza dubbio un game changer.