Il contesto internazionale si è arricchito in queste ultime settimane di dati economici e finanziari che sempre più convergono verso un quadro di crescita complessivamente contenuta e di inflazione pressoché assente, nonostante i ripetuti e continui sforzi accomodanti effettuati in tutte le aree geografiche del pianeta. Nel corso di questi ultimi anni, le banche centrali sono riuscite nel difficilissimo compito di stabilizzare e supportare i mercati finanziari e contemporaneamente cristallizzare il sistema economico su livelli di attività certamente poco brillanti, ma per lo meno non drammatici. Sembra quasi che si sia creato una specie di limbo, un tempo indefinito in cui viene costantemente alimentata l’attesa. L’attesa che riparta la crescita, l’attesa che cresca il commercio mondiale, l’attesa che l’inflazione si risollevi. L’attesa insomma che, dopo gli immani sforzi di allentamento monetario e fiscale, si producano quegli effetti che sempre in passato sono stati generati dopo l’azione di simili strumenti. Ma come accade nell’opera teatrale “Aspettando Godot”, di Samuel Beckett, l’oggetto dell’attesa non giunge mai. Il tempo comprato in termini di denaro a buon mercato e di incentivi fiscali e di espansione della spesa pubblica, laddove ci sono stati, non può sopperire strutturalmente all’enorme drenaggio in termini di investimenti che da alcuni anni riguarda soprattutto i paesi emergenti.
Aspettando Godot. La condizione dell'attesa

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