Quali sono le prospettive per l'ESG e i mercati azionari europei? Contributo a cura di Ben Ritchie, Head of European Equities, Aberdeen Standard Investments. Contenuto sponsorizzato.
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Contributo a cura di Ben Ritchie, Head of European Equities, Aberdeen Standard Investments. Contenuto sponsorizzato.
L'Europa si sta affermando come leader a livello mondiale per il suo impegno nel campo della sostenibilità. Il Green Deal europeo ne è una evidente manifestazione. Ursula von der Leyen, presidente del Consiglio Europeo, si è spinta a dire che questo piano è per l'Europa “come lo sbarco del primo uomo sulla Luna”.
Annunciato nel dicembre 2019, si stima che il Green Deal mobiliterà 1.000 miliardi di euro di investimenti nel corso del prossimo decennio per consentire all’Europa di realizzare la sua visione di un'economia a impatto neutro sul clima, con zero emissioni nette di gas serra entro il 2050. Il piano ritiene prioritarie le sfide relative al clima e all'ambiente, con il 25% del budget destinato alla prima di queste due tematiche. Si tratta di un progetto decisamente ambizioso che riguarderà un ampio ventaglio di misure. È importante sottolineare che le autorità si prefiggono di conseguire gli obiettivi previsti creando nel contempo posti di lavoro.
Tra i diversi provvedimenti contemplati si annoverano target più stringenti per le emissioni di gas serra nonché politiche relative a energie rinnovabili, reti energetiche ed economia circolare. Benché tutto ciò richieda tempo per essere tradotto in realtà, il piano fissa la direzione di marcia. Nell'intento di rafforzare la sua leadership, a settembre la Commissione Europea ha inoltre proposto un ulteriore inasprimento dei target per le emissioni entro il 2030, prevedendo una riduzione non più del 40% rispetto ai livelli del 1990 bensì di “almeno” il 55%.
Una ripresa green dalla pandemia
In risposta alla pandemia da Covid, l’UE ha annunciato una manovra di sostegno da 750 miliardi di euro, della quale il Green Deal europeo è parte integrante ed essenziale. Mentre i dettagli sono ancora in fase di messa a punto, è già possibile individuare una serie di priorità che presumibilmente beneficeranno di vantaggi legati al contesto normativo nel corso della futura ripresa.
In primo luogo, sono considerati fondamentali i progetti incentrati sulle energie rinnovabili per continuare a promuovere la decarbonizzazione dei cicli di produzione dell'energia elettrica in Europa. Il mix di fonti energetiche rinnovabili dovrebbe pertanto aumentare dall'attuale 33% circa a oltre il 50% entro il 2030.
In secondo luogo, viene posta particolare enfasi sulla sostenibilità ambientale dei trasporti e delle operazioni logistiche, in vista della quale si punta a investimenti in infrastrutture per la mobilità elettrica. Più in generale, è stato posto l'accento sulle modalità di trasporto a emissioni inferiori come il treno.
In terzo luogo, la UE ha espresso la volontà di promuovere una riqualificazione degli edifici e delle infrastrutture. Infine, vi è la chiara intenzione di avviare un'economia dell'idrogeno ecosostenibile mediante la strategia Clean Hydrogen.
Le ambizioni sul piano delle dinamiche ambientali, sociali e di governance, ovvero ESG, e la capacità di primeggiare in questo campo sono evidenti anche a livello di singoli paesi e aziende. Nel mese di ottobre 2020, una ricerca condotta da BAML ha valutato 34 paesi diversi sotto il profilo dei fattori ESG. I Paesi dell'Europa settentrionale hanno ottenuto un punteggio elevato rispetto alle controparti globali, con tutte le nazioni eccetto la Finlandia saldamente posizionate “sopra la media”.
Questa attenzione alle tematiche ESG risulta evidente anche a livello societario. Le aziende europee presenti nell'indice MSCI hanno ottenuto un punteggio ESG superiore a qualsiasi altra regione rappresentata. Nel contempo, una ricerca di Bank of America ha rilevato che il 64% delle società con rating AAA di MSCI si trova in Europa.
Inoltre, il 50% delle aziende europee è risultato appartenere alla categoria dei leader ESG (punteggi MSCI pari ad AAA-AA) e solo il 3% si colloca nella fascia dei peggiori. Anche BAML ha evidenziato che l'Europa è all'avanguardia non solo nelle politiche di paese, ma altresì a livello societario con l'83% delle imprese nella regione che presenta punteggi ESG superiori rispetto alle controparti di settore altrove.
La tassonomia UE per la finanza sostenibile
Per agevolare ulteriormente questo percorso, l’UE sta lavorando a una tassonomia green per la finanza sostenibile, ovvero un sistema di classificazione delle attività basato su sei obiettivi ambientali nel quale sono chiaramente definite le attività sostenibili. La finalità chiave della tassonomia è quella di incentivare gli investimenti, contrastare il rischio di greenwashing e garantire una responsabilizzazione verso il conseguimento degli obiettivi climatici.
Ad esempio, chiunque proponga sul mercato un prodotto d'investimento definendolo sostenibile dal punto di vista ambientale deve affidarsi al sistema di tassonomia UE. Per essere considerata idonea, un'attività deve contribuire a uno dei sei obiettivi identificati e “non arrecare un danno significativo” per quanto riguarda gli altri cinque. Nel contempo, deve ottemperare a una serie di convenzioni sociali e di lavoro minime. L’UE si prefigge di implementare tutti gli obiettivi entro il 2022.
Quanto sono popolari gli investimenti ESG
L'opinione pubblica riflette la crescente importanza dei fattori ESG. Un'indagine condotta tra i cittadini dell’UE ha rilevato che il 93% degli europei ritiene il cambiamento climatico un serio problema. Analogamente, il 92% degli intervistati pensa che sia importante per il proprio governo nazionale fissare obiettivi ambiziosi in relazione alle energie rinnovabili.
La maggiore attenzione ai temi della sostenibilità da parte dei cittadini ha fatto crescere l'importanza della questione anche nell'agenda politica. Lo stesso sta accadendo anche sui mercati finanziari, come testimonia l'aumento esponenziale della popolarità che gli investimenti ESG stanno riscuotendo. Nel 2019, un rapporto di BAML ha evidenziato che il 67% dei fondi ESG globali è stato lanciato in Europa. Anche i flussi sono straordinari, in parte per effetto della composizione demografica degli investitori e delle nuove generazioni, che sono più sensibili ai temi ambientali e sociali rispetto ai loro predecessori.
Cosa implica tutto ciò per i vostri investimenti?
Nonostante le numerose sfide, siamo ottimisti riguardo alle prospettive ESG quando si guarda al mercato azionario europeo. Il Green Deal apre una stagione di impegno serio e ad ampio raggio nell'affrontare i grandi problemi con cui il mondo intero deve confrontarsi. Iniziative come la tassonomia europea sono un tentativo prezioso di trasformare la sostenibilità da ambizione lodevole ad azione concreta.
Nel mondo delle aziende, sono numerose le società europee che possono dirsi leader globali in campo ESG e proliferano i business innovativi nel settore della produzione di energia, dei veicoli elettrici, delle infrastrutture e così via. Noi riteniamo che società di questo tipo contribuiranno a trainare i mercati azionari nel prossimo decennio e oltre.
Ma, soprattutto, è notevole il fatto che i cittadini stiano dando un peso sempre crescente ai fattori ESG nel processo decisionale relativo agli investimenti. Il rapido aumento della popolarità dei fondi ESG ne è la chiara dimostrazione. Siamo convinti che questo entusiasmo continuerà a crescere nell'alveo di un grande sforzo comune teso a creare un mondo più equo e sostenibile.
Considerazioni finali
Riteniamo che le aziende europee siano in prima linea nelle tematiche ESG e possano rispondere in modo efficiente e innovativo alla trasformazione dei modelli di business che il Green Deal ha delineato. Per capire in che modo le sfide ESG vengono recepite a livello societario vi lasciamo con un esempio concreto.
L'Europa è sede di una società leader a livello mondiale nel settore del carburante diesel rinnovabile: la finlandese Neste. Nel corso degli ultimi anni, la società ha messo in atto un'incredibile trasformazione del suo modello di business, abbandonando progressivamente i carburanti fossili. Oggi è il più grande produttore mondiale di diesel rinnovabile, con una quota di mercato stimata pari al 60% nello scenario mondiale. Attualmente, Neste commercializza soprattutto il suo diesel sostenibile, un prodotto perfettamente sostitutivo del diesel convenzionale, ma che provoca circa il 90% di emissioni di gas serra in meno. Nell'arco del prossimo decennio, la società vedrà aumentare i quantitativi del suo prodotto venduti nel mercato dell'aviazione e in quello petrolchimico. A nostro avviso, si tratta di mercati in crescita potenzialmente enormi, trainati dal persistente impegno delle autorità a promuovere la decarbonizzazione.
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