BRRD – Revisioni ed applicazioni

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A cura di Denis Manzi, CFAFederico Reggianini, CFA, e Monica Romanin, CFA.

La Bank Recovery and Resolution Directive (BRRD), entrata in vigore il 1 gennaio 2015 e più comunemente conosciuta come “Direttiva sul bail-in”, fonda le sue radici nelle conseguenze della crisi finanziaria del 2007-2008, durante la quale molte istituzioni bancarie furono costrette a pesanti ricapitalizzazioni, spesso con fondi pubblici. La BRRD è uno degli strumenti di cui si è dotata l’Unione Europea per gestire lo stato di crisi delle banche, evitando potenziali perturbazioni del sistema finanziario e dell’economia reale, e limitando al contempo i costi per i contribuenti. 

Sebbene l’attuale contesto normativo europeo in ambito bancario sia sicuramente più omogeneo e completo rispetto a soli pochi anni fa, il completamento e l’ottimizzazione del quadro legislativo rimangono tra le priorità delle istituzioni comunitarie. 

Già nel 2016 la Commissione Europea aveva presentato una serie di proposte che miravano ad accrescere la convergenza per quello che riguarda le leggi sull’insolvenza ed i procedimenti di ristrutturazione, visto che la trasposizione nell’ordinamento giuridico nazionale della graduatoria dei creditori in caso di insolvenza non è avvenuta in maniera omogena per tutti gli stati membri. Le proposte allo studio si propongono inoltre di migliorare le capacità di assorbimento delle perdite da parte degli enti creditizi. 

Il paper dedicato all’argomento e sviluppato da CFA Society Italy si focalizza sul modo nel quale sono state gestite alcune crisi bancarie negli ultimi anni, analizzando nello specifico i casi di Banco Popular EspañolBanca Monte dei Paschi di SienaBanca Popolare di Vicenza Veneto Banca. Di volta in volta sono state discusse ed approfondite non solo le misure adottate (come previste dalla normativa vigente), ma soprattutto gli effetti che queste decisioni hanno avuto sulle diverse classi di strumenti finanziari emessi dalle istituzioni sottoposte a misure di vigilanza. 

Se il caso di Banco Popular Español ha rispecchiato fedelmente le intenzioni del legislatore – ovvero quelle della risoluzione di una banca in dissesto evitando l’espansione delle criticità al resto del sistema bancario – nel caso delle tre banche italiane ciò non è avvenuto, visto che, seppure in forme diverse, è stato necessario un intervento diretto dello Stato, sempre comunque nello spirito e nel rispetto delle norme europee. 

Nel caso di Banco Popular Español le autorità hanno optato per l’azzeramento del valore degli strumenti di capitale, comprese le obbligazioni subordinate, per poi procedere con la vendita della banca ad un altro istituto (Banco Santander). 

Banca Monte dei Paschi di Siena è stata soggetta ad una ricapitalizzazione precauzionale da parte dello Stato italiano successivamente al processo di burden sharing (la ripartizione degli oneri). La burden sharing ha coinvolto, oltre agli azionisti che sono stati fortemente diluiti dall’ingresso nel capitale dello Stato, anche i possessori di obbligazioni subordinate, che sono state convertite in azioni con tassi di concambio proporzionali alla seniority delle stesse. 

Lo schema che è stato adottato per Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca ha richiesto viceversa l’adozione della procedura ordinaria di insolvenza prevista dalla disciplina nazionale, ossia la liquidazione coatta amministrativa. Sebbene le autorità preposte avessero considerato le due banche venete come “failing or likely to fail” (in dissesto o probabile dissesto), non le ritennero anche di interesse sistemico e pertanto non optarono per la “messa in risoluzione”. Nelle more della procedura di liquidazione è stata poi trasferita larga parte degli attivi e dei passivi ad Intesa Sanpaolo (tra questi non sono stati compresi i crediti deteriorati, le vecchie azioni e le vecchie obbligazioni subordinate, che sono rimasti nell’entità in liquidazione). Lo Stato italiano ha contribuito all’operazione sia per cassa sia sotto forma di concessione di garanzie ad Intesa Sanpaolo. 

Quanto emerge dall’analisi di questi casi porta ad osservare che, con modalità e tempi diversi a seconda della situazione, nel complesso l’applicazione della BRRD ha permesso la gestione delle crisi con un approccio molto analitico e mirato alle specificità dei singoli enti finanziari, prevenendo le situazioni di panico ed andando ad impattare in misura proporzionale al rischio sugli strumenti finanziari emessi dalle entità coinvolte. Entrando più nel merito delle soluzioni adottate, è possibile evidenziare come in alcuni ambiti la normativa preveda significativi margini di discrezionalità nelle valutazioni dello Stato di crisi di un istituto, finendo chiaramente per influire sul ventaglio delle possibili soluzioni da adottare. La mancanza di criteri oggettivi e misurabili per definire il “pubblico interesse” nell’avvio della procedura di risoluzione, e non invece della liquidazione, può generare incertezza nell’applicazione del concetto di seniority e di pari passu e portare a soluzioni non prevedibili a priori dai partecipanti al mercato. 

Nel caso delle banche venete è emerso infine un ulteriore elemento di criticità comune a società con accesso ridotto al mercato dei capitali, ovvero la presenza diffusa di investitori retail nella struttura del passivo, non solo attraverso obbligazioni seniorma anche per il tramite di azioni ed obbligazioni subordinate. Tale fenomeno può sicuramente rappresentare un freno alla piena applicazione delle norme europee.

L’ultimo tema trattato nella pubblicazione riguarda la creazione di una nuova categoria di debito di primo rango “non privilegiato”(“non-preferred senior debt”) che si colloca gerarchicamente ad un gradino inferiore rispetto al tradizionale debito senior. Questa nuova classe di debito, introdotta a livello comunitario principalmente per eliminare le distorsioni causate dai diversi approcci legislativi nazionali utilizzati nel recepimento della direttiva BRRD (dei quali il paper offre un’ampia panoramica), è ancora in fase di sviluppo ma probabilmente acquisirà sempre maggiore importanza. Il non-preferred senior debt potrà essere utilizzato dalle banche per rispettare i requisiti di capitale e, collocandosi tra le obbligazioni subordinate di livello 2 e le obbligazioni senior classiche (chiamate ora senior preferred), ha costi inferiori rispetto a quelli delle obbligazioni subordinate per gli stessi istituti emittenti.

Nonostante sia difficile modellare con precisione il corretto differenziale di rendimento (spread) tra le classi di debito tradizionali e la nuova classe di non-preferred senior – soprattutto a causa delle limitate serie storiche e dello scarso numero di emissioni della seconda presenti sul mercato – riteniamo di poter evidenziare alcuni aspetti che dovrebbero guidare il mercato delle obbligazioni bancarie nei prossimi anni:

§  La probabilità di default dei titoli preferred senior e di quelli non-preferred senior è la medesima, mentre è maggiore la loss given default (tasso di perdita in caso di default) dei titoli non-preferred senior, in quanto vengono intaccati prima nella fase di risoluzione; uno spread di quest’ultimi in crescita rispetto a quello dei primi può indicare un aumento della perdita stimata dal mercato in caso di default, oppure un incremento della probabilità che da una situazione di Point of Non-Viability (PONV, lo stadio nel quale la banca è ritenuta insolvente) si passi ad una di risoluzione. Il superamento del PONV dà alle autorità nazionali la possibilità di convertire/ridurre le obbligazioni subordinate che contengono le apposite clausole.

§  All’aumentare dell’importo emesso di una classe di obbligazioni con minor seniority, la loss given default di tutti gli strumenti obbligazionari della classe stessa e di quelle a maggior seniority diminuisce. In tal senso, evidenziamo che l’aumento dei volumi di emissioni di non-preferred senior abbasserà la potenziale perdita dei titoli preferred senior, i cui differenziali di rendimento rispetto alle categorie meno rischiose di obbligazioni (ad esempio i covered bonds) tenderanno probabilmente a comprimersi.

§  Le banche, ove possibile, cercheranno di emettere titoli non-preferred senior rispetto ai tradizionali subordinati Tier 2, in quanto meno costosi ma comunque eleggibili al soddisfacimento delle richieste dei regolatori in materia di strumenti “bail-inable”. 

Il paper: “BRRD – Revisioni e applicazioni” è disponibile qui: 

https://cfasi.it/download/20181024103500.pdf