La dinamica del prezzo delle materie prime rappresenta uno degli elementi chiave in grado di condizionare l’andamento dei mercati emergenti, a causa degli impatti macro su politica fiscale, tassi di cambio, bilancia dei pagamenti e tasso di inflazione dei Paesi interessati. In generale, possiamo affermare che l’universo emergente beneficia in particolare di un prezzo del petrolio in ascesa, tuttavia esistono Paesi e macro aree che sono positivamente impattati da un movimento di oil al ribasso, come quello recentemente osservato.
In termini di impatto sulla dinamica inflazionistica, i Paesi dell’Est Europa registrano decisamente gli effetti più positivi grazie al peso elevato del petrolio nel basket dei prezzi che misurano il tasso di inflazione ufficiale. In questo senso il calo dell’oil consente, quindi, una politica monetaria espansiva e livelli di liquidità nel sistema particolarmente generosi.
Se, però, analizziamo anche gli effetti macro sulla bilancia commerciale, ecco che l’area che viene particolarmente beneficiata da oil in ribasso è decisamente quella asiatica, composta da Paesi con un tessuto economico caratterizzato da robusta domanda interna, basso tasso di risparmio ed elevata propensione al consumo. Il calo del prezzo del petrolio, oltre ad abbassare le aspettative di inflazione e aumentare il potere d’acquisto, contribuisce fortemente al rientro del deficit delle partite correnti, eliminando o riducendo, quindi, un’evidente forma di vulnerabilità economica. Consente inoltre di ridurre i sussidi statali ai prezzi dell’energia, elemento discretamente diffuso in Asia, creando i presupposti per una politica fiscale più espansiva.
Tra i Paesi dell’Est Europa, Ungheria e Turchia si segnalano come quelli maggiormente impattati da queste dinamiche. In Ungheria il trend di disinflazione è stato particolarmente violento con il CPI ad oggi ampiamente sotto l’1% da un livello sopra il 6% fino a 4 anni fa. Anche il bilancio delle partite correnti mostra una dinamica estremamente solida con un surplus ormai tendenzialmente stabile intorno al 5% (fonte Bloomberg), contribuendo in maniera sostanziale al miglioramento globale della situazione macro. In Turchia gli effetti più evidenti si manifestano, invece, nel miglioramento della bilancia commerciale, anche se in questo caso la qualità della gestione economica del team governativo e una sostanziale perdita dalle revenue del turismo hanno parzialmente indebolito gli effetti positivi della discesa dell’oil. Soprattutto il deficit delle partite correnti, che pure si è evidentemente ridotto nel corso degli ultimi anni, continua a rappresentare un fattore di preoccupazione e di vulnerabilità del sistema finanziario, oltre alla sempre delicata situazione geo politica dell’area . Peraltro, la politica fiscale che in Turchia è stata fortemente espansionistica negli ultimi anni anche grazie al calo del petrolio, potrebbe tornare su un sentiero più neutrale in caso di movimento avverso dell’oil con effetti negativi sulla crescita .
Area asiatica
In Asia, come accennato, gli impatti più visibili sono osservabili nel miglioramento del saldo della bilancia dei pagamenti, visto che mediamente si tratta di Paesi privi o scarsamente forniti di risorse naturali che si basano quindi sull’import di energy per alimentare la loro, spesso impetuosa, crescita economica. Tailandia, Corea, Singapore e India sono i Paesi nell’area che si distinguono per un elevato peso dell’import di oil su GDP. In particolare in India i risultati più evidenti sono stati il rientro deciso del deficit delle partite correnti e un forte calo dell’inflazione, anche grazie ad una gestione esemplare della politica monetaria da parte della banca centrale. Con queste premesse a livello strategico, se la dinamica del prezzo del petrolio non dovesse mostrare un andamento avverso, le prospettive economiche dei Paesi sopra citati risultano particolarmente interessanti e, da questo punto di vista, potrebbero essere favorevoli ad un esposizione ai mercati azionari.
È evidente che il miglioramento macro non è condizione da sola sufficiente per incrementare nei portafogli l’esposizione a questi mercati. Considerando che, in particolare per l’area asiatica, l’influenza nel bene o nel male dell’economia cinese rappresenta un elemento in grado di condizionare fortemente le performance degli asset finanziari.
Fattorizzando il rischio valutario proveniente dalla Cina, anche i portafogli che consentono di avere esposizione sui mercati dei bond in valuta locale possono essere in questo momento interessanti, soprattutto dopo una fase di debolezza delle valute emergenti che dura ormai da mesi e che ha visto un aggiustamento già piuttosto violento. Essendo, peraltro, molti di questi mercati obbligazionari locali poco liquidi e con importanti barriere amministrative e regolamentari all’ingresso, risulta difficile per un investitore privato prendere esposizione in maniera autonoma, anche in virtù di una difficoltà oggettiva ad assumere e monitorare il rischio di cambio su una sola valuta. L’investimento tramite un prodotto che riesca a gestire dinamicamente esposizioni valutarie differenti e modulare in maniera ottimale l’esposizione sui ta ssi risulta quindi una soluzione da preferire.