Come convincere le aziende a creare un futuro migliore

Johanna Kyrkund, Schroders. Foto concessa

Contributo a cura di Johanna Kyrklund, chief investment officer e global head of Multi-Asset Investment di Schroders. Contenuto sponsorizzato.

Negli anni '80 e '90, l’era dell’azionariato di massa nel Regno Unito, le assemblee generali annuali delle società potevano diventare un’occasione di scontro. Di recente una persona che in quel periodo ricopriva la carica di ceo mi ha confessato: “Per ragioni di sicurezza, la sede che ospitava l’assemblea doveva avere il palco in pendenza in modo che i partecipanti non potessero salirvi. La tensione era palpabile”.

Oggi un confronto così acceso accade più di rado. Da un lato, con i lockdown le assemblee generali si sono svolte online. Solo nelle ultime settimane le riunioni fisiche sono ricominciate nel Regno Unito e negli Stati Uniti. Dall’altro lato, purtroppo la partecipazione alle assemblee generali non è più quella di una volta. Ormai vi prendono parte solo pochi investitori e gli attivisti più accaniti si presentano solo alle riunioni più controverse. Tale fenomeno riguarda tanto il Regno Unito quanto gli altri mercati principali. Sarebbe preferibile una partecipazione più elevata e un dibattito più aperto alle assemblee generali, ma è importante anche capire perchè si assiste a una riduzione così marcata del numero di partecipanti.

Una spiegazione potrebbe essere il cambiamento che si sta lentamente verificando a livello di "responsabilità" d'impresa, che non ha più cadenza annuale ma avviene nel corso di tutto l'anno. Al centro c'è un dialogo continuativo tra le aziende e noi, che in qualità di asset manager, rappresentiamo gli interessi della maggior parte degli azionisti. Si tratta di un confronto che di rado trova spazio sulle prime pagine dei giornali, ma che sta accelerando un processo di trasformazione positiva delle aziende. Non ha a che vedere con i progressi dovuti alle risoluzioni delle assemblee generali. Tuttavia è un'attività più fruttuosa. Le probabilità che l’engagement dia buoni risultati aumentano quando c’è un dialogo costruttivo con il management aziendale e i membri del CdA. Per avviare una collaborazione occorrono toni adeguati e una cultura incentrata su rispetto e apertura al dialogo. Nel periodo pre-pandemia, quando era possibile visitare le nostre sedi, i clienti sottolineavano la tranquillità che regnava nella divisione investimenti.

Questi sono gli ingredienti giusti per creare team di investimento che funzionano. Serve una cultura basata su responsabilità, diversità di opinione e fiducia reciproca. Non sono principi che si sviluppano da un giorno all’altro; occorrono anni per stringere relazioni che consentano di comprendere le problematiche che dobbiamo affrontare e determinare il miglior modo di procedere. Spesso la nostra cultura influenza il modo di interagire non solo con i colleghi, ma anche con tutti gli stakeholder (clienti, fornitori, controparti nei mercati e società investite). Nell’ambito dell’attività di engagement presso le aziende in cui investiamo, raggiungere risultati momentanei alle assemblee generali non è il modo più efficace per guidare il cambiamento. In quanto investitori con un orizzonte di lungo periodo, l’interazione con le società dura di solito molti anni. Per questo è importante che ci percepiscano come investitori consapevoli, dotati di una profonda comprensione dell’attività aziendale, davvero interessati a supportarle per il raggiungimento dei loro obiettivi.

La nostra capacità di influire sulla condotta delle aziende ne risulta così rafforzata. Ad esempio, l’engagement con la compagnia petrolifera Shell sulle sue ambizioni climatiche è iniziato quasi 20 anni fa, nel 2002. Da allora ci sono state 36 interazioni su temi ambientali tra la società e i gestori di fondi e analisti di Schroders. Oggi Shell si è posta l’obiettivo di azzerare le emissioni nette della divisione energia entro il 2050, ma continueremo a incoraggiare l’azienda a muoversi più rapidamente e a rispondere di eventuali passi falsi. Dall’inizio della relazione e dell’interazione con Shell si sono avvicendati quattro CEO. Significa che è importante avere una visione di lungo periodo per innescare un cambiamento duraturo.

Può anche accadere che l’attività di engagement non dia i frutti sperati. In questo caso, siamo pronti a votare contro il management all’assemblea generale. È quanto accaduto di recente con il gigante petrolifero Exxon, portando alla sostituzione di due amministratori, e con Amazon dove, per protesta contro la mancanza di trasparenza sugli standard lavorativi, abbiamo votato contro il lead independent director.

In quanto gestori attivi, abbiamo la responsabilità di generare rendimenti e gestire il rischio per i nostri clienti e per questo, quando necessario, potremmo decidere di disinvestire dalle società dove il cambiamento non avviene a ritmi sufficientemente elevati. Una simile decisione significherebbe il fallimento dell’attività di engagement. L’interazione costante e l’approccio collaborativo dovrebbero comunque consentire di ridurre al minimo questo tipo di fallimenti. Come suggerito da Dale Carnagie nel suo best seller pubblicato negli anni ‘30, per convincere gli amici e influenzare gli altri occorre un confronto rispettoso. Questo vale per le aziende come per le persone. E mai come oggi per gli asset manager è importante riuscire a influenzare il comportamento virtuoso delle società.