CONTRIBUTO a cura di Alexander Bernhardt, global head of Sustainability Research di BNP Paribas Asset Management. Contenuto sponsorizzato da BNP Paribas AM.
Il mondo è sull’orlo di una nuova rivoluzione industriale che sarà alimentata da fonti di energia più verdi e rinnovabili. Tuttavia, come per le precedenti rivoluzioni industriali, il cambiamento non segue un percorso lineare. Una crisi energetica, innescata dalle continue scosse di assestamento della pandemia, dalla guerra in Ucraina e da eventi climatici inaspettati, sta influendo sui piani di transizione energetica. Per affrontare la crisi, le nazioni si stanno rivolgendo alle fonti di combustibili fossili inquinanti come soluzione rapida per colmare il divario energetico. Sebbene questa svolta degli eventi rappresenti indubbiamente un passo indietro per l’agenda della decarbonizzazione, ci sono anche ragioni per essere positivi?
Nell’attuale contingenza, tutti i problemi convergono
La crisi dell’approvvigionamento energetico è determinata da numerosi fattori. Mentre lo scoppio della guerra in Ucraina e gli sforzi che ne derivano da parte dei governi per diversificare le loro importazioni di carburante lontano dalla Russia sono la fonte principale della crisi, altri fattori stanno giocando un ruolo importante. In particolare, un’estate di grandi ondate di caldo ha mostrato chiaramente come il cambiamento climatico possa esacerbare i problemi di approvvigionamento energetico. Livelli eccessivi di luce solare possono aver aumentato la produzione di energia solare, ma il calore ha anche costretto molte persone ad accendere l’aria condizionata e a utilizzare molta più energia elettrica del solito. I bassi livelli idrometrici hanno, ad esempio, comportato una riduzione significativa di produzione di energia idroelettrica e di acqua necessaria per raffreddare i reattori nucleari; inoltre, la “siccità eolica” ha limitato la produzione di energia elettrica dei parchi eolici.
La portata della crisi ha richiesto una risposta immediata da parte dei governi e ha reso necessario un maggiore utilizzo di tutte le fonti energetiche, compresi i combustibili fossili. Un simile approccio non equivale a una capitolazione nella lotta per il clima, infatti ci sono buone ragioni per ipotizzare che potrebbe accelerare la transizione verso fonti di energia pulita già nel medio termine.
La crisi sta alimentando la transizione energetica
In primo luogo, la crisi ha costretto tutti, anche gli scettici sul clima, a riconoscere che la necessità di fonti energetiche diversificate è più urgente che mai. Anche se il conflitto in Ucraina fosse risolto domani, le implicazioni strategiche derivanti dalla dipendenza energetica verso un solo paese sono ora chiare e hanno spinto più paesi a cercare la diversificazione delle fonti e, se possibile, l’indipendenza energetica. Questo desiderio di un futuro energetico più sicuro punta chiaramente verso le rinnovabili.
In secondo luogo, ha costretto le nazioni, le imprese e le singole famiglie a ripensare a come utilizzare e consumare l’energia. La transizione energetica non riguarda solo il passaggio a fonti di energia più pulite, ma anche una maggiore efficienza energetica e una riduzione dei consumi complessivi diventano vitali per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione.
Infine, il legame tra cambiamento climatico, sicurezza energetica e inflazione è diventato sempre più evidente. Mentre il prezzo dei combustibili fossili si sta muovendo sempre più in alto, il sole e il vento sono gratuiti (una volta che l’infrastruttura è operativa).
Tuttavia, mentre la direzione verso l’energia pulita è chiara, le regioni che guidano questo viaggio stanno diventando sempre più disconnesse nei loro percorsi di transizione.
Il passo indietro dell’Europa
L’Europa è uno dei leader nella lotta al cambiamento climatico. Il piano dell’UE Fit for 55 mira a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, espandere l'uso di fonti di energia rinnovabile, accelerare lo sviluppo di auto elettriche e stimolare le opzioni di energia pulita per l’aviazione e il trasporto marittimo. Tuttavia, data la sua storica dipendenza dalla Russia per l’approvvigionamento di carburante, è stata costretta ad adottare misure di emergenza per garantire il soddisfacimento del prossimo fabbisogno energetico, soprattutto per questo inverno. Ciò ha portato a una nuova strategia che mira a ridurre ulteriormente la dipendenza dell'Europa dai combustibili fossili russi attraverso tre pilastri:
- conservazione dell’energia
- diversificazione delle forniture
- accelerazione della transizione verso l’energia pulita
Sebbene questo piano abbia una significativa componente di energie rinnovabili, si impegna anche a costruire nuove infrastrutture per il gas naturale liquefatto. In effetti, l’analisi suggerisce che i governi europei spenderanno somme ingenti per infrastrutture e forniture di combustibili fossili, più di quattro volte i 12 miliardi di euro già stanziati in RePowerEU per l'inverno scorso1. Tali interventi seppur considerati come “misure tampone” sollevano preoccupazioni in quanto investimenti così significativi in nuove infrastrutture per i combustibili fossili garantiranno un utilizzo a lungo termine.
Gli Stati Uniti mantengono la leadership
Al contrario, negli Stati Uniti, la nuova legge sulla riduzione dell’inflazione dovrebbe potenziare la loro transizione energetica. Presentato come il più importante atto legislativo sul clima nella storia degli Stati Uniti, il pacchetto da 369 miliardi di dollari mira a contribuire a rafforzare le forniture di energia pulita; decarbonizzare l’agricoltura e l’industria; aumentare gli investimenti in nuove tecnologie verdi; aumentare gli investimenti in efficienza energetica; e aiutare le comunità a basso reddito ad adattarsi ai cambiamenti climatici. L’analisi iniziale suggerisce che le misure ridurrebbero le emissioni nette di gas a effetto serra (GHG) del 31%-44% rispetto ai livelli del 2005 entro il 20302, un miglioramento significativo rispetto alla politica precedente.
Crescono le ambizioni della Cina
La Cina è costantemente assediata dalle proprie sfide energetiche.
Sebbene sia relativamente al riparo dai problemi di approvvigionamento legati alla Russia, ha effettivamente approfittato dei prezzi scontati del carburante russo per diventare uno dei principali acquirenti di petrolio della Russia3 – il clima estremo durante l’estate ha avuto un impatto sulla sicurezza energetica in Cina. I livelli di energia idroelettrica si sono ridotti nella regione sud-occidentale soggetta a stress idrico e ciò ha comportato da un lato la combustione di una maggior quantità di carbone per la produzione di energia e dall’altro la chiusura delle fabbriche4. Inoltre, la Cina ha sospeso la sua collaborazione con gli Stati Uniti sul riscaldamento globale annunciato lo scorso anno in occasione della COP26. Detto questo, la Cina sembra pronta a continuare con i suoi impegni di decarbonizzazione. Il 14° Piano quinquennale approvato lo scorso marzo contiene obiettivi ambiziosi per ridurre le emissioni di carbonio: il picco di carbonio è previsto entro il 2030 e la carbon neutrality (o emissioni nette zero) entro il 2060. Infine la Cina ha nel 2022 alzato ad un ambizioso 33% il livello di energia prodotto da fonti rinnovabili entro il 2025, dal precedente 28,8% fissato nel 20205.
2 https://viewpoint.bnpparibas-am.com/how-will-the-us-inflation-reduction-act-boost-climate-action/