Commento a cura di Rocco Bove, head of Fixed Income di Kairos.
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Commento a cura di Rocco Bove, head of Fixed Income di Kairos.
Il mese di gennaio deve il suo nome a Giano, (in latino Ianus), il dio degli inizi nell’antica Roma. Giano spesso viene raffigurato con due volti (Bifronte) proprio perché guarda contemporaneamente indietro e avanti. Inevitabilmente anche in finanza gennaio è il mese in cui si fanno i bilanci dell’anno appena concluso, ma già con lo sguardo volto all’anno che verrà. Il sentiment degli operatori appare estremamente cauto e anche il posizionamento nei portafogli risulta di conseguenza molto leggero dopo un anno difficilissimo sia in termini di volatilità che di performance: è proprio in questo atteggiamento molto prudente che si nasconde forse la miglior notizia di inizio anno e anche la più marcata differenza rispetto allo scorso.
A questo proposito riguardando indietro e ovviamente facilitati nello svolgere l’esercizio ex post, una delle evidenze che avrebbe potuto far scattare qualche campanello dall’allarme 12 mesi fa era la continua migrazione di investitori che, forse per la prima volta in maniera cosi sistematica, avevano iniziato letteralmente a saltellare qui e là tra i diversi comparti e segmenti dell’universo investibile. Investitori high yield si sono trasformati in specialisti di mercati emergenti; tradizionali investitori high grade hanno iniziato a partecipare a emissioni di mercato primario singola “B”; chi per decenni è stato un investitore in emergenti governativi in hard currency si è improvvisamente riscoperto specialista di corporate emergenti in valuta locale. Convertibili e prodotti strutturati hanno fatto la loro comparsa in portafogli che fi no a pochi anni prima erano sostanzialmente prodotti di mercato monetario, il tutto nel nome di una crescita globale sincronizzata, in cui il rischio percepito come più alto era quello di rimanere fuori dal party (Fear Of Missing Out).
Con il senno di poi possiamo dire chiaramente che questo “turismo” non nasceva da una improvvisa voglia di multiculturalismo finanziario, di un “melting pot” globale, ma dalla necessità dei singoli investitori di spingersi ad esplorare il giardino del vicino, visto che a casa propria un po’ tutti facevano fatica a trovare valore; con il senno di poi possiamo dire che il valore semplicemente e trasversalmente non c’era. La compressione dell’intera matrice dei premi al rischio costruita e voluta dalle Banche centrali ha avuto come inevitabile conseguenza la compressione del valore delle opportunità offerte dall’intero mercato finanziario. Nel 2018 una molla troppo compressa nel momento del rilascio (Quantitative Tightening) è scattata violentemente riaprendo in maniera brutale e sostanzialmente indistinta la matrice del premio al rischio di cui sopra: una serie di fattori “altri” hanno poi contribuito ad esasperare il movimento e come spesso accade in situazioni del genere siamo andati in overshooting: l’energia elastica potenziale accumulata nella molla si è trasformata inevitabilmente in uno “sboom” di energia cinetica che ha generato un violentissimo effetto domino sui mercati.
Il bello della molla è che, una volta liberata, pur continuando a saltellare in cerca del suo equilibrio, dovrebbe far registrare oscillazioni sempre decrescenti, offrendoci la garanzia di non vedere nuovi minimi. In realtà il comportamento dei mercati rimane un’arte e non una scienza esatta, per cui non abbiamo alcuna garanzia di comportarci come una molla perfetta e di non scendere sotto i livelli di ipervenduto di fine dicembre; abbiamo però anche la ragionevole certezza che in un contesto che rimane sicuramente fragile e volatile, il valore degli asset sui mercati ha subito un repricing estremamente violento che ci lascia guardare al futuro con un certo ottimismo.
Sul fronte dei fondamentali è evidente come stiamo assistendo ormai da diversi mesi ad un rallentamento del ciclo a livello globale. La buona notizia è che la Fed ha esplicitamente fugato i timori di viaggiare con il pilota automatico e ha ribadito di rimaner vigile e pronta ad adattare la propria politica al mutevole contesto economico e di mercato: difficile dire se nel medio termine peserà di più in negativo un ciclo in rallentamento o darà maggior conforto una Fed più dovish.