La maggiore crescita di prodotti sostenibili negli ultimi 5 anni si è registrata nel comparto indicizzato, sia in termini di offerta che di masse gestite. Ecco i vari approcci del mondo dei passivi. Contenuto a cura di Andrea Semino, Product Specialist Index Funds/ETFs di Credit Suisse Asset Management.
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Contenuto a cura di Andrea Semino, Product Specialist Index Funds/ETFs di Credit Suisse Asset Management.
Le parole pronunciate a dicembre 2019 da Ursula Von der Leyen su come rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero sono forse state profetiche per il risparmio gestito, dove gran parte della nuova offerta prodotti sta incorporando principi ESG. Questa “onda verde”, in parte guidata dall’aggiornamento in chiave ESG delle politiche d’investimento di alcuni importanti investitori istituzionali (tra i tanti, il fondo sovrano norvegese e il fondo investimenti governativo del Giappone), può essere difficilmente ignorata.
Fatto cento il totale dei fondi ESG e sostenibili, solo il 17% adotta criteri sistematici o indicizzati. Vale la pena notare però, come la maggior crescita sia stata registrata proprio nel comparto indicizzato, triplicando sia il numero di prodotti che le masse gestite negli ultimi 5 anni.
A livello globale, l’Europa rimane il principale sbocco per fondi passivi ed ETF sostenibili/ESG, rappresentando più di tre quarti del mercato globale, mentre gli Stati Uniti ne rappresentano per ora solo il 20%. I motivi di questo successo vanno ricercati sia tra i principali vantaggi generali degli investimenti passivi vs attivi (bassi costi, prevedibilità delle performance, alta diversificazione), che in una maggiore obiettività nell’applicazione dei criteri di sostenibilità/ESG, possibile solamente attraverso un approccio quantitativo.
Fonte: Morningstar, elaborazione Credit Suisse. Dati a fine settembre in miliardi di EUR. Masse relative ai soli veicoli emessi in Europa.
Analizzando la classifica dei maggiori gestori in fondi indicizzati ed ETF sostenibili/ESG in Europa appare subito chiaro come il trend sia più maturo nei Paesi del Nord Europa, ben rappresentati da alcuni player locali, che promuovono fondi ESG alla clientela istituzionale già da parecchi anni.
Fonte: Morningstar, elaborazione Credit Suisse. Dati a fine settembre in miliardi di EUR. Masse relative ai soli veicoli emessi in Europa.
L'universo dei fondi ed ETF sostenibili/ESG è caratterizzato da un'ampia gamma di approcci mirati a definire in modo specifico i criteri di sostenibilità e investimento. Le metodologie adottate variano a seconda del compromesso desiderato in termini di performance ESG del portafoglio e di tolleranza al tracking error rispetto al benchmark standard. Alcuni portafogli offrono un'ampia esposizione al mercato detenendo centinaia di titoli, mentre altri si concentrano su specifici sotto-settori sostenibili come l'energia rinnovabile detenendo qualche decina di titoli.
In linea generale, identifichiamo 3 tipologie di approcci sostenibili/ESG nel mondo passivo:
- Esclusioni: sono fondi o ETF finalizzati a detenere un portafoglio estremamente diversificato dove vengono semplicemente esclusi i titoli che non rispettano alcune caratteristiche di base, come United Nations Global Compact o appartenenti a settori inquinanti/del tabacco.
- Broad ESG: Questi fondi non mirano soltanto a escludere alcuni titoli ma utilizzano le metriche ESG (come il rating) per selezionare e/o variare i pesi di ciascun titolo nel portafoglio.
Diversamente dall’approccio ad esclusioni, in questo caso i titoli più sostenibili o con migliori performance ESG vengono quindi premiati e sovrappesati. Le diverse definizioni degli indici Broad ESG (ESG Leaders, SRI, ESG Universal) si differenziano per la rigorosità del filtro applicato e quindi per il grado di rappresentatività nel portafoglio finale.
Questo grado di rappresentatività influisce in modo importante sia sulle performance finali che sul tracking error. Riportiamo qui sotto un esempio di come la rigorosità del benchmark possa influenzare i risultati su un mercato complesso come l’azionario emergente:
Fonte: Bloomberg, elaborazione Credit Suisse. Dati a fine settembre. Tracking error calcolata su base mensile per gli indici espressi in dollari.
- Tematici: sono fondi o ETF che si concentrano su un tema di investimento specifico, normalmente legato a uno degli obiettivi di sostenibilità enumerati dall’Onu (ad esempio: efficienza energetica, mobilità elettrica,..). Il risultato normalmente è un portafoglio limitato a poche decine di titoli appartenenti a 1 o 2 settori su scala globale. Questo tipo di strumenti sono tipicamente parte di allocazioni satellite all’interno dei portafogli multi-asset.
A titolo esemplificativo, si veda il processo di costruzione di portafoglio dell’ETF di Credit Suisse Asset Management CSIF (IE) MSCI World ESG Leaders Blue UCITS ETF (WDESG IM), che segue un approccio “Broad ESG”:
Sostanzialmente, partendo dall’universo investibile dell’MSCI World, il gestore esclude una serie di settori merceologici non sostenibili (alcol, tabacco, costruzione di armi, gioco d’azzardo, intrattenimento per adulti…). A quel punto viene applicato un filtro “best in class”, selezionando solo il top 50% dei titoli ordinati a seconda delle performance ESG. Il filtro viene applicato neutralizzando eventuali bias settoriali al fine di minimizzare il tracking error tra il nuovo ETF ESG ed il più tradizionale MSCI World (tipicamente il tracking error è dell’1-1.5% p.a.).
Grazie alla crescente gamma di fondi ed ETF sostenibili/ESG, l’industria del risparmio gestito può influenzare fortemente le politiche aziendali in chiave “green”, premiando i titoli più virtuosi. La vera sfida per gli investitori è comprendere appieno come utilizzare, nel modo più coerente con i propri obiettivi, le diverse soluzioni disponibili sul mercato, trovando un equilibrio tra profitti e sostenibilità. Sebbene il futuro sia indecifrabile, in passato sono state proprio le fasi di grande incertezza, come quella attuale, a offrire il terreno più fertile alla gestione attiva. L’evidenza empirica, in questa prima parte del 2020 sconfessa questa tendenza e si conferma invece la difficolta’ da parte della gestione attiva tradizionale di generare extrarendimento sia rispetto ai benchmarks che rispetto agli strumenti di replica passiva.