Solo nell’ultimo anno sono stati lanciati in Europa 45 nuovi replicanti. I flussi aumentano, soprattutto sul Giappone. Ma nel lungo periodo non portano extra rendimenti.
Il rebus delle monete non deve essere sottovalutato. Riuscire a selezionare il giusto ETF è meno facile di quanto potrebbe sembrare. Tra la scelta dell’indice più adatto, dell’emittente migliore e del metodo di replica, ci sono vari passi da compiere. In più, un ulteriore decisione da prendere in considerazione quando si acquista un replicante esposto a titoli stranieri (fuori l’area euro per noi) è se coprirsi o meno dal rischio di cambio.
Come e perché coprirsi
Senza alcuna protezione, il rendimento del replicante sarà dato dalla performance dei titoli dell’indice a cui si dovrà aggiungere il rendimento della moneta straniera rispetto alla valuta locale. Gli ETF 'hedged', che si coprono, eliminano il secondo fattore.
La copertura al rischio di cambio non è certo una novità, gli investitori l’hanno sempre fatta, utilizzando contratti derivati o posizioni corte per proteggere il proprio portafoglio. Tuttavia, strumenti che siano stati costruiti per questo facilitano sicuramente le cose e gli emittenti di replicanti lo hanno capito: in Europa sono disponibili 71 ETF coperti dal rischio di cambio, di cui oltre 30 lanciati l’anno scorso.
L'offerta di ETF Con copertura in euro.pdf
“La scelta di proteggersi dal rischio di cambio è tutt’altro che banale”, commenta Caroline Gutman, analista ETFdi Morningstar, in una nota. “Gli investitori esposti alle oscillazioni valutarie tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo millenio ne sanno qualcosa: nel 1997 il valore del bath thailandese perse in pochissimo tempo il 20%, seguito subito dal peso filippino, dal dollaro di Singapore e dal won sud coreano; gli investitori occidentali esposti alle azioni asiatiche, o anche emergenti in generale, videro crollare il valore di portafoglio”. Allo stesso modo, nel 2013 lo yen giapponese ha subito una forte svalutazione (conseguenza della cosidetta Abenomics, la politica monetaria del governo nipponico), di conseguenza l’Msci Japan in yen ha segnato una performance annuale del 54%, mentre lo stesso indice in dollari è salito solo del 24%.
Flussi in aumento
Questi strumenti stanno attirando sempre più interesse: secondo i dati Morningstar, nel corso del 2014 i replicanti hedged hanno segnato una raccolta superiore ai cinque miliardi di euro, concentrata proprio sui prodotti azionari giapponesi. L’anno scorso, l’iShares Msci Japan Euro Hedged ETF ha raccolto oltre 210 milioni, mentre il suo “cugino” non coperto, l’iShares Msci Japan ETF ha registrato circa 260 milioni di deflussi.
“La protezione comporta un costo aggiuntivo”, prosegue Gutman. Restando sull’esempio giapponese, l’ETF di iShares coperto ha un Ter dello 0,64%, quello non coperto dello 0,59%. “Inoltre, c’è da tenere in cosiderazione l’eventuale costo legato al rolling, cioè al rinnovamento dei contratti derivati che l’emittente deve effettuare per proteggersi dal rischio di cambio”.
Senza dimenticare il costo-opportunità, cioè la potenziale perdita che si avrebbe se la valuta straniera si apprezzasse in confronto alla moneta locale. Ad esempio, un investitore italiano che si fosse coperto contro il dollaro USA nel 2013, avrebbe perso il 4,3% di ulteriore rendimento.
“Detto ciò, è importante sottolineare che predirre i movimenti valutari futuri è praticamente impossibile, specialmente nel lungo periodo”, conclude l’analista di Morningstar. “Inoltre, diversi studi hanno dimostrato che su orizzonti temporali estesi l’esposizione valutaria (e quindi anche la copertura) non porta extra rendimenti. Perciò consigliamo di usare gli ETF∫ hedged per posizioni tattiche di breve periodo”.