ETF: un modo semplice per cogliere il potenziale dei mercati emergenti

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Vincenzo Sagone, Head of ETF, Indexing & Smart Beta business unit, Amundi SGR

Contributo a cura di Vincenzo Sagone, head of ETF, Indexing & Smart Beta business unit, Amundi SGR. Contenuto sponsorizzato.

Il 2018 è stato un anno difficile per i mercati emergenti. I quattro rialzi dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve hanno rafforzato il dollaro e fatto salire il costo del rifinanziamento del debito in dollari che le economie emergenti devono ripagare. Le sorti dei mercati emergenti sono però vicine a una svolta.

Lo scenario macroeconomico e degli investimenti sembrano infatti segnalare un rallentamento delle economie sviluppate. Il rinnovato interesse degli investitori per i mercati emergenti dall’inizio del 2019 conferma questa previsione, con oltre metà dei flussi azionari in entrata sul mercato degli ETF rivolti proprio verso questi mercati, a fine aprile 2019.

Il potenziale di crescita dei mercati emergenti rispetto ai mercati sviluppati

Negli ultimi anni i Paesi sviluppati hanno registrato un’accelerazione della crescita maggiore rispetto ai mercati emergenti, ma ci sono i segnali di un cambiamento imminente. Negli Stati Uniti la normalizzazione della politica monetaria porterà probabilmente a un rallentamento della crescita, in un contesto in cui inizia a scemare l'effetto delle riforme tributarie introdotte dal presidente Trump. Anche se la Banca centrale americana rallentasse o sospendesse i rialzi dei tassi previsti, la politica monetaria resterebbe comunque meno accomodante rispetto al passato.

Una pausa nei rialzi sarebbe un fattore molto positivo per i mercati emergenti poiché contribuirebbe ad alleviare le conseguenze del rafforzamento del dollaro.

Nel frattempo in Europa, sebbene non ci si aspetti un profondo rallentamento della crescita complessiva, verosimilmente la crescita degli utili ha già toccato il livello massimo. Anche se la Banca Centrale Europea non alzasse i tassi nel breve termine, la crescita nel continente dovrebbe stabilizzarsi nel 2019. In tale scenario, i mercati emergenti potrebbero realizzare performance relativamente migliori, con una stabilizzazione e un miglioramento dell’economia nel corso dell’anno. In Cina si sta intervenendo per favorire una crescita più sostenibile. È una buona notizia per i mercati emergenti, nel loro complesso, poiché sono sensibili all’andamento economico di questo Paese. Anziché gonfiare artificialmente la crescita attraverso progetti infrastrutturali di portata eccessiva, oggi la Cina si sta seriamente impegnando a far confluire liquidità nell’economia reale attraverso il sistema bancario. Gli investitori lo hanno notato e stanno incominciando a reinvestire nei mercati emergenti dove sono tipicamente sottopesati. 

Il profilo di rischio/rendimento favorisce l’azionario emergente

Sebbene i mercati obbligazionari emergenti abbiano goduto di una certa popolarità negli ultimi anni, le dinamiche dei tassi di interesse recenti fanno sì che il profilo rischio/rendimento sia migliore per le azioni. 

Quando i tassi venivano mantenuti su livelli molto bassi o negativi, il debito dei mercati emergenti appariva interessante. Gli aggiustamenti dei tassi della Federal Reserve hanno portato ad un aumento dei tassi dei titoli di Stato statunitensi, riducendo il differenziale di rendimento tra il debito degli Stati Uniti e quello dei mercati emergenti e mettendo in dubbio l'opportunità di un'ulteriore assunzione di rischio. 

Lato azionario la storia è diversa. Dal punto di vista del profilo rischio/rendimento, gli investitori hanno più possibilità di guadagno spostandosi dai mercati azionari dei Paesi sviluppati a quelli dei Paesi emergenti, rispetto al guadagno potenziale che avrebbero convertendo le obbligazioni dei Paesi sviluppati in obbligazioni degli emergenti. Le azioni offrono inoltre l’opportunità di entrare nei mercati emergenti a un prezzo inferiore rispetto a quello offerto dai titoli dei mercati sviluppati, anche confrontati con le medie storiche. Questo rende interessante esporsi a questa asset class in questo momento.

Oggi le economie emergenti rappresentano quasi il 60% del PIL mondiale. È dunque difficile confutare le potenzialità di un investimento in questa parte del mondo. La domanda più importante da porci è come operare nel modo migliore possibile per cogliere le opportunità disponibili.

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Gli ETF come punto d’accesso

In tale scenario, qual è dunque il modo più efficiente per esporsi a questa asset class?

La possibilità di trovarsi di fronte a “situazioni particolari”, come è avvenuto in Argentina e in Turchia nel 2018, rende difficile la selezione dei mercati vincenti tra i Paesi emergenti. Un approccio più semplice e alternativo consiste nell’investire in ETF dei mercati emergenti globali, o di una regione, in modo da incrementare la partecipazione in questa asset class senza concentrarsi su un solo o pochi Paesi.

Investire attraverso gli ETF è inoltre più efficiente che cercare di acquistare direttamente titoli dei mercati emergenti, un’operazione più costosa e più difficile da gestire, soprattutto in termini di liquidità. Gli ETF hanno il vantaggio di offrire agli investitori un’esposizione su diversi Paesi, regioni e valute attraverso un’unica transazione, consentendo la diversificazione e contenendo, dunque, il rischio complessivo.

Amundi ETF offre una vasta gamma di ETF azionari per esposti ai mercati emergenti, coerente ed efficiente in termini di costo, con la possibilità di ottenere un’esposizione ampia oppure specifica per regione o Paese.

Con un patrimonio gestito di 11 miliardi di euro1a fine aprile 2019, la gamma di ETF AMUNDI sulle azioni dei mercati emergenti ha incontrato il favore degli investitori.

1- Fonte: Amundi ETF, Indexing & Smart Beta al 30 aprile 2019.