Per Andrea Iannelli, investment director di Fidelity International, sul fronte obbligazionario nel 2022 gli investitori devono tener conto di un’inflazione divenuta strutturale e di un rallentamento della crescita dopo il forte rimbalzo segnato nel 2021. Contenuto sponsorizzato.
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CONTRIBUTO a cura di Andrea Iannelli, investment director di Fidelity International. Contenuto sponsorizzato da Fidelity International.
Il tema inflazione, e le scelte che le banche centrali faranno per domarla, rimarrà un driver chiave per i rendimenti. Gli ultimi dati indicano pressioni inflazionistiche che non accennano a diminuire, anzi. Negli Stati Uniti gli ultimi dati indicano una crescita annualizzata dei prezzi del 7%, numeri che non vedevamo da quarant’anni e che sono solo in parte dovuti ad elementi temporanei quali i colli di bottiglia nella filiera di distribuzione globale, ad esempio. Altri fattori quali deglobalizzazione e le decisioni volte al raggiungimento dei target di Net Zero saranno molto più duraturi. A nostro avviso gli elementi strutturali non sono da sottovalutare e porteranno ad un livello medio di inflazione più alto di quello a cui i mercati si sono abituati post-crisi finanziaria globale.
Le banche centrali non sono state a guardare, ma hanno cambiato rotta in maniera piuttosto rapida una volta evidente che l’inflazione fosse meno 'temporanea' di quanto credessero (sperassero?). La Fed e la BCE in primis hanno indicato agli operatori che i programmi di quantitative easing saranno ridimensionati, e che ci si devono attendere rialzi di tassi a breve.
Il mercato obbligazionario, prevedibilmente, non l’ha presa benissimo, con conseguenti rendimenti in salita, e maggiore volatilità. Le attese degli investitori scontate nei prezzi oggi sono molto diverse da com’erano qualche mese fa. Ci si attende ad esempio che Federal Reserve alzerà i tassi quattro volte nel corso del 2022, oltre a procedere con il 'tapering' degli acquisti. In Europa, i mercati scontano rialzi di tassi piuttosto rapidi da parte della BCE quest’anno, oltre al già annunciato termine del PEPP.
Nonostante ci troviamo d’accordo con la view che l’inflazione sia oggi più strutturale, riteniamo che il mercato stia cominciando a prezzare un po' troppo in termini di attese di politica monetaria. Con una crescita in rallentamento, la Fed si troverà davanti a scelte non facili nella seconda parte dell’anno, con i falchi nel board che avranno meno supporto dai dati di quanto ne abbiano ora. In Europa la situazione è simile, con inoltre un’inflazione salariale tutt’oggi estremamente bassa.
Al di là dell’inflazione, bisogna anche ricordare che tassi di interesse più alti oggi hanno un impatto più forte sull’economia reale rispetto al passato. Il debito globale emesso da privati, aziende e Stati ha raggiunto infatti livelli record di oltre 296mila miliardi di dollari alla fine del 2021. Con questi numeri, la sensibilità dell’economia a ciò che decideranno le central banks è più alta che mai e ogni punto base conta. Di conseguenza, a nostro avviso i rendimenti avranno poco spazio per salire ulteriormente, soprattutto se a salire sono i rendimenti reali, prima che ci sia un impatto negativo sia sull’economia reale che sui mercati azionari.
Dopo un periodo un po’ burrascoso e con volatilità che rimarrà elevata, riteniamo che il mercato obbligazionario offra oggi opportunità interessanti dopo la salita dei rendimenti degli ultimi mesi, sia sulla curva dei Treasuries americani che sui mercati “core” europei, dove ci aspettiamo che il rendimento sui Bunds tedeschi oscillerà in un range tra 0 e -40bp.
Che cosa possono fare gli investitori e quali sono i fattori di cui devono tenere conto?
I rendimenti oggi più alti, un po’ in tutti i segmenti del mercato obbligazionario rappresentano un’opportunità per gli investitori alla ricerca di income considerando che anche a fronte di incrementi di tassi da parte delle banche centrali, e della BCE in particolare i conti correnti continueranno ad offrire rendimenti negativi, e ancor più negativi in termini reali se si considera’ un’inflazione oggi più elevata.
Oltre che sui governativi, e a seconda della propensione al rischio dell’investitore, vediamo opportunità nel mercato del credito corporate europeo, nel mercato del credito high yield e crediamo che le obbligazioni indicizzate infine possano aiutare a diversificare l’allocazione obbligazionaria governativa, riducendo nel contempo la sensibilità all’inflazione. Partendo dal credito investment grade, il mercato ha passato gran parte del 2021 con gli spread ai minimi storici e con valutazioni tutt’altro che attraenti. Nelle ultime settimane però abbiamo visto un cambio di tendenza, con il mercato che non è rimasto immune alla maggiore volatilità. Gli spreads creditizi hanno subito un allargamento importante, ritornando oggi in linea con i livelli medi degli ultimi anni. Per investitori che vengono dalla liquidità, la ricerca di rendimenti quanto meno positivi rimarrà un tema importante nel 2022 ed obbligazioni di alta qualità, in Europa in particolare, possono rappresentare un’alternativa valida.
Passando al segmento high yield, notiamo come i bilanci societari siano migliorati molto rispetto al 2020, complice il forte rimbalzo della crescita nel 2021. Il tasso di default tra gli emittenti high yield è stato nell’ultimo anno inferiore all’1 percento. La combinazione di una qualità media in miglioramento, rendimenti alti, ed inoltre una sensibilità più bassa ai movimenti delle obbligazioni governative sono un mix che metterà l’asset class in buona luce per gli investitori alla ricerca di extra rendimento in più. Tassi di rifinanziamento più alti metteranno però alla prova le società con bilanci più deboli e con leva più alta. La selettività rimarrà essenziale per far bene in quest’asset class.
Una nota in particolare va fatta sull’Asia e sul mercato obbligazionario cinese in particolare, visto la forte volatilità che abbiamo visto nella seconda metà del 2021 e che continuiamo a vedere già nelle prime settimane del 2022.
Le autorità cinesi si trovano in una fase molto delicata del processo di transizione verso un nuovo modello di crescita, con riforme significative in settori chiave dell’economia quali l’immobiliare, l’educazione e la sanità. L’impatto delle riforme è stato estremamente marcato con forte volatilità in tutti i mercati, ed il credito asiatico, soprattutto high yield, non è stato da meno. Nel lungo periodo le riforme porteranno giovamento all’economia cinese, con una crescita più stabile ed equilibrata. Nel breve però la volatilità continuerà a caratterizzare i mercati asiatici ancora per un po’. Il supporto ai mercati da parte delle autorità non mancherà, e stiamo già iniziando a vedere segnali in questo senso, con tagli di tassi ed una ripresa dell’impulso creditizio. Con valutazioni che scontano già ampiamente una ulteriore fase di incertezza nei mesi a venire, i mercati obbligazionari asiatici offrono opportunità molto attraenti agli investitori più pazienti, con la stock selection che sarà più che mai determinante per chi investe nell’asset class.
Un’ultima nota va fatta sui governativi periferici, e sul BTP in particolar modo, che sta sempre molto a cuore agli investitori e ai risparmiatori italiani. Nei nostri portafogli continuiamo ad approcciare il mercato dei BTP in maniera molto tattica. Al momento siamo piuttosto cauti sull’obbligazionario italiano, per una serie di motivi. In termini relativi, le valutazioni non sono molto interessanti, con migliori opportunità nel credito corporate europeo. Inoltre, il BTP rimane particolarmente esposto, in maniera negativa, alla riduzione del programma PEPP nella seconda parte dell’anno come già annunciato dalla BCE. Infine, i rendimenti governativi europei in generale dovranno contendere con un forte incremento delle emissioni nette, che raggiungeranno i massimi dal 2014, in particolare per finanziare il Recovery Fund.
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