Uno dei temi cruciali per il futuro sarà la differenziazione delle situazioni tra aree economiche e singoli paesi.
Per accedere a questo contenuto
Superata la fase di impressionante crescita delle economie emergenti nel decennio precedente la crisi del 2008, si assiste negli anni più recenti ad un affievolimento dell’interesse da parte degli investitori. Tale fenomeno si spiega soprattutto con il fatto che dal 2010 in poi le società di questi Paesi non sono più state in grado di aumentare gli utili per azione. Molti fattori hanno contribuito a questo risultato: un rallentamento delle prospettive di crescita economica, una correzione di valute spesso sopravvalutate, il crollo del prezzo del petrolio, politiche fiscali spesso inadeguate ed altri fattori di tipo country specific. Contemporaneamente le società occidentali, soprattutto negli USA, hanno invece continuato a far crescere i loro profitti. Guardando al futuro, riteniamo che i mercati emergenti torneranno ad essere attraenti in termini relativi, sia perché altre parti del mondo sviluppato hanno raggiunto valutazioni elevate, sia perché le economie emergenti si trovano oggi in una situazione migliore rispetto agli ultimi anni (infatti molte delle correzioni macro/sistemiche hanno già avuto il loro impatto). Uno dei temi cruciali dei prossimi anni, secondo noi, è la differenziazione delle situazioni tra aree economiche e singoli Paesi. Se l’America Latina ha subito un forte impatto dal rallentamento delle materie prime, e l’Est Europa riflette la debolezza della crescita del suo continente e le tensioni geo-politiche russe, l’Asia ha invece le carte in regola per essere l’area prediletta. Le valutazioni azionarie rimangono a sconto, anche se le aziende asiatiche hanno dimostrato una buona redditività, poiché è forte l’effetto delle aspettative di rallentamento della crescita cinese. Tuttavia proprio la Cina è il caso emblematico che la crescita economica ha scarsa correlazione con i prezzi azionari, se non nel lungo periodo (il rendimento generato dalle azioni cinesi dal 1993 al 2003 è stato pressoché nullo, nonostante una crescita del PIL del 9% annuo). In questo contesto valutazioni attraenti e crescita minore ma di qualità sono buone condizioni per generare rendimenti azionari interessanti nei prossimi anni.
Offerta di fondi nella borsa africana
Nome del fondo |
Ritorno totale 1 anno EUR |
ritorno totale Ann.to 3 Y EUR |
Charlemagne Magna MENA N |
45,58 |
31,82 |
JPM Emerging Middle East Eq I (acc)-USD |
37,67 |
17,34 |
T. Rowe Price Mid East & Africa Eq I |
37,26 |
24,30 |
Schroder ISF Middle East USD I |
35,31 |
25,85 |
FIM Sahara A |
33,90 |
27,79 |
Baring MENA A USD Acc |
32,53 |
26,09 |
Nomura Emerg Eqs Umbrella-Mid East&Afr |
31,13 |
18,77 |
Amundi Oasis MENA AS |
30,59 |
24,20 |
Amundi Fds Eq MENA A2U-C |
30,38 |
24,15 |
Franklin MENA I Acc € |
27,89 |
25,13 |
JPM Africa Equity C acc perf USD |
27,01 |
12,31 |
Mashreq-Al-Islami Arab Tigers |
26,16 |
22,96 |
FT EmergingArabia (USD) |
25,77 |
21,70 |
Lazard MENA Instl USD Acc |
24,65 |
|
Shuaa Arab Gateway |
24,51 |
21,99 |
Emirates MENA Top Companies B USD Daily |
24,05 |
20,42 |
Taaleri MENA A |
23,55 |
22,14 |
Charlemagne Magna Africa C |
21,80 |
8,12 |
Emirates MENA High Income P |
19,34 |
17,33 |
Investec GSF Africa Opportunities IX USD |
18,72 |
4,82 |
Silk - Road Frontiers I USD |
18,11 |
10,87 |
TNI MENA UCITS Fund |
17,71 |
17,03 |
Nordea-1 African Equity BI EUR |
17,29 |
8,71 |
AB Mena Feeder |
17,02 |
12,12 |
Eurobank I (LF) Mid East-Nth Africa |
16,81 |
|
GLG MENA Equity D USD Acc |
16,05 |
19,79 |
Templeton Africa A YDis € |
14,39 |
|
NBAD MENA Div Leader USD Inc |
13,90 |
|
Blakeney Investors-Initial Series A |
13,86 |
17,25 |
BG Selection Africa & Middle East Eqs AX |
13,50 |
7,53 |
Meridio Fds - GCC&MENA Opportunities P |
10,83 |
10,73 |
Deutsche Invest I Africa LC |
6,97 |
-5,37 |
CompAM Multimgr Eq Africa & MidEast M |
5,92 |
4,77 |
ESPA Stock Mid East and Africa Mkts TC |
4,30 |
5,59 |
JB EF Africa Focus-EUR C |
3,00 |
-2,15 |
LHV Persian Gulf A |
2,48 |
22,12 |
Quando parliamo di mercati emergenti, facciamo spesso riferimento ad un indice, tuttavia è importante riconoscere i limiti che questa prassi porta con sé. Ad esempio nel 1988 l’indice più rappresentativo dei Paesi emergenti costituiva l’1% della capitalizzazione globale e la Malaysia rappresentava un terzo circa del peso. La situazione odierna è di molto migliorata ma contiene ancora delle storture: in aggiunta ai Paesi rappresentati all’interno degli indici 'emergenti', rimangono ancora esclusi più di 140 Paesi, ossia il 30% della popolazione mondiale e il 10% circa del PIL. Questi Paesi trovano parziale rappresentazione negli indici di Paesi 'di frontiera', che costituiscono una percentuale minuscola della capitalizzazione globale, proprio come l’indice emergente due decenni fa. In realtà le prospettive di sviluppo dei frontier markets sono enormi. Si pensi ad esempio come solo quattro Paesi come Bangladesh, Nigeria, Pakistan e Vietnam rappresentino già oggi 600 milioni di persone, una classe media in via di espansione e tassi di crescita tra i più alti al mondo.
Una delle aree più interessanti di questa nozione espansa dell’universo emergente è l’Africa. Dopo una riduzione del PIL pro capite negli anni '80 e '90, gli ultimi dieci hanno invece mostrato una rinascita, sia democratica che di prospettive economiche. Storicamente il Sud Africa ha rappresentato il grosso delle allocazioni al continente, poiché è il quinto Paese emergente per capitalizzazione e ospita un mercato finanziario piuttosto sviluppato, con società profittevoli e solide che hanno da sempre agito nell’interesse degli azionisti e che offrono un buon accesso alla crescita panafricana. Gli altri mercati che possono essere considerati investibili in Africa sono l’Egitto, il Marocco, il Kenya e la Nigeria. Soprattutto l’Africa Sub Sahariana ha visto negli anni recenti crescere di importanza: infatti la Nigeria è dal 2014 la più grande economia africana (anche se il suo mercato azionario è ancora una frazione di quello Sud africano). E guardando al futuro il trend attuale sembra inarrestabile, infatti dai 170 milioni circa di abitanti attuali, le stime per il 2050 parlano di quasi 440 milioni. Questo dividendo demografico ed il fatto che la piramide demografica è triangolare (pochi vecchi e tanti giovani a differenza di altri Paesi, anche emergenti come Russia e Cina) ha un impatto enorme sulle opportunità di investimento. Si pensi infatti all’urbanizzazione crescente ed all’accesso al mercato del lavoro delle nuove generazioni, potenzialmente in grado di accumulare e spendere il reddito disponibile per beni e servizi (accesso al credito, bevande, elettrodomestici, ecc…) che sono ad oggi fortemente sotto penetrati rispetto ad altri Paesi emergenti. Tuttavia i rischi politici e la volatilità nel breve periodo non mancano: ne è testimonianza la recente performance della valuta e del mercato nigeriano, sotto pressione per il crollo dei prezzi del petrolio (anche se a livello aggregato, il settore energetico rappresenta solo il 15% circa del PIL). Tuttavia, tollerando questa volatilità, le prospettive di lungo e le valutazioni attuali, rendono questo mercato particolarmente attraente ed il preferito nel contesto africano.
Negli ultimi anni abbiamo visto un crescente interesse verso l’Africa anche in un contesto di veicoli Ucits: alcuni di questi hanno come universo l’intero continente e quindi hanno un predominante condizionamento dal forte peso della componente sudafricana (che rappresenta più dell’80% della capitalizzazione investibile in Africa), altri hanno un focus più specifico sull’Africa ex-Sud Africa. Esistono sia fondi dedicati, sia allocazioni significative all’interno di fondi che operano nell’universo dei mercati emergenti “frontier”. La nostra esperienza più recente privilegia boutique specializzate, che riescono ad andare oltre ai titoli benchmark come Lloyd George e RenAsset Management. Escluso il Sud Africa la liquidità del mercato è poca, quindi la dimensione ridotta ed una base di investitori istituzionali è importante. L’approccio dei gestori è simile, entrambi investono in società dagli utili stabili, detenute e gestite da gruppi privati con focus sui consumi interni e costruiscono portafogli poco condizionati dai rispettivi benchmark, con un orizzonte temporale di lungo periodo (e turnover bassi).
L'opinione del gestore
Andrea Pastorelli,
Ad di 8a+ SGR
L’universo emergente, preso nel suo complesso, sta mostrando segnali di rallentamento rispetto agli anni passati. Diversa è invece la realtà dei mercati di frontiera, ed in particolare quelli dell’area africana che, se si esclude l’impatto della riduzione degli investimenti delle majors petrolifere in alcune aree, continueranno a beneficiare dei fenomeni di lungo periodo che ne determinano il forte interesse strategico. Anche per quanto riguarda il mercato nigeriano infatti, riteniamo che la correzione recente possa rappresentare una interessante opportunità di ingresso in un ottica di medio periodo, dal momento che la spinta derivante da attività ex-oil è in rapida crescita ed altrettanto lo sono le prospettive di consumi ed investimenti privati.