Investitori-Chimbu, investitori-Daribi

Carlo-Benetti
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Commento a cura di Carlo Benetti, head  of market research and business innovation di GAM SGR

Nel suo  best-seller “Armi acciaio malattie” Jared Diamond indaga le cause primarie dello sviluppo, le ragioni per cui alcune società abbiano progredito in complessità e altre invece  rimaste alle condizioni primitive. In definitiva la domanda delle domande del libro è perché la civiltà europea abbia colonizzato il resto  del mondo e non sia accaduto il contrario, perché a metà dello scorso millennio non siano  state le navi di Atahualpa, ultimo imperatore Inca, ad attraversare l’Atlantico e soggiogare l’Europa.

In sintesi  estrema, le tesi di Diamond si possono ricapitolare nello sviluppo dell’agricoltura, nell’eccedenza di risorse alimentari, nella progressiva complessità delle strutture sociali,  nello scambio di conoscenze, nella domesticazione di animali, nella conseguente resistenza immunitaria  alle malattie. Le ragioni dello sviluppo non affondano in presunte diversità  genetiche ma nelle condizioni ambientali, nelle diverse dotazioni di capitale naturale disponibili  ai popoli che qualche decina di migliaia di anni fa si distribuirono nei continenti. Quando gli europei entrarono in contatto con  le popolazioni dell’Africa o delle Americhe, l’esito del confronto era già stato deciso da millenni di evoluzione prodotta dalle condizioni ambientali. Diamond descrive però anche un discrimine che  non riguarda le condizioni ambientali ma una  disposizione culturale, “alcune società sembrano essere irrimediabilmente conservatrici, ripiegate su se stesse e refrattarie al cambiamento”.

Lo scienziato americano descrive un caso da lui osservato negli anni ’60 in due  popolazioni della Nuova Guinea. La tribù dei Daribi non mostrava particolare interesse né curiosità verso  l’esterno, rifiutava qualsiasi tentativo di contaminazione. Quando videro per la prima volta un elicottero avvicinarsi al villaggio, i Daribi “lo osservarono per un po’” scrive Diamond “poi tornarono alle loro occupazioni”. Al contrario i membri  della vicina popolazione dei Chimbu  si rivelarono curiosi e intraprendenti sin dai primi contatti con i bianchi. Impararono a piantare il caffè, a commerciarlo, in breve tempo appresero l’uso del denaro. Negli anni ’60 un chimbu particolarmente industrioso e abile divenne ricco “grazie al caffè, aveva usato i soldi per comprarsi una segheria dal valore di 100.000  dollari e una flotta di camion”. A distanza di qualche decennio i Chimbu  sono integrati, promuovono il turismo nella loro provincia, molti coltivano caffè. I Daribi lavorano per loro.

Simili prove  di adattamento non mancano ai risparmiatori. L’inversione dei rendimenti obbligazionari nelle ultime settimane registra i limiti raggiunti dalle misure non convenzionali delle banche centrali. Non ci ha girato intorno Eric Rosengren, “interrompere il sentiero della graduale normalizzazione delle condizioni monetarie potrebbe ridurre anziché prolungare la durata della ripresa”. Il presidente della Fed di Boston non è il solo a vedere i rischi di sopravvalutazione degli asset, immobiliari e azionari. Decenni di esperienza sui mercati  possono essere raccolti in un principio semplice eppure tenacemente osservato da grandi investitori come Benjamin Graham, Peter  Lynch, Charlie Ellis: l’attività d’investimento non è il gioco di chi vince ma il gioco di chi non perde. In altre parole, saper evitare gli errori significa aver messo a segno un buon  vantaggio.

È diventato piuttosto noto il paragone che negli anni ’70 Charles Ellis fece tra attività d’investimento e il tennis, in modo particolare il tennis  praticato dai dilettanti.  Se i professionisti per potenza atletica e tecnica conquistano il punto, nei tennis  club prevalgono i giocatori che  sbagliano meno. Ellis faceva  riferimento a un manuale scritto da un tennista dilettante per tennisti  dilettanti che  dimostrava come nel tennis  amatoriale i punti fossero soprattutto persi. Con l’eccezione di qualche giocatore sopra la media, nelle partite  amatoriali  vince generalmente chi controlla  il proprio  gioco  e fa meno errori. La complessità dei mercati  e le molte incertezze suggeriscono agli investitori di assumere lo stesso atteggiamento del bravo tennista amatoriale, controllare il gioco, non assumere rischi eccessivi, non perdere punti.

Il responsabile di un grande fondo  pensione americano dichiarava che  le performance annuali  del fondo  non si erano mai piazzate  sotto  il 47^ e sopra il 27^ percentile. Un risultato  tutt’altro che  eccezionale eppure nell’intero arco dei quindici  anni della sua direzione il fondo  era nel 4^ percentile della classifica. Un manager che  evidentemente sapeva controllare il gioco,  performance non eccelse ma vincitore della partita nel lungo  termine. Attenzione, non è l’elogio della mediocrità fantozziana e della partita a tennis nella nebbia. Piuttosto si potrebbe evocare l’aurea mediocritas di Orazio, che  in latino non si traduce con mediocrità ma con moderazione, la posizione intermedia che evita gli estremi e respinge l’eccesso.

Stare lontano dagli eccessi delle sopravalutazioni dunque, tra l’altro dall’incremento della correlazione tra azioni e obbligazioni escono indeboliti  gli anticorpi  della diversificazione (il “taper  tantrum” del 2013 ne è stato plastico esempio). Gli antibiotici sono costituiti dagli strumenti “Liquid Alternative”, il loro principio  attivo la gestione attiva e la decorrelazione, funzionali a controllare il gioco,  ad attutire i rischi della direzionalità.

Ma cosa sono i Liquid Alternative?

Il termine ”liquid” non si riferisce a una  particolare strategia ma riguarda il veicolo, liquido perché dotato di valorizzazione giornaliera, gli investitori sono messi in condizione di negoziare in qualsiasi momento l’ingresso o il disinvestimento. Sotto la definizione di “alternativo”  ricadono invece le numerose strategie derivate dal mondo degli hedge, tra loro molto diverse ma con almeno due  fattori in comune: un certo grado di decorrelazione con  le classi di attivo tradizionali e lo stile di gestione attivo. Si parla di ricerca di ”alpha”,  come si dice in gergo, cioè di valore svincolato dai condizionamenti del mercato. In questo senso l’alpha piace a tutti, chi non vorrebbe rendimenti superiori grazie alle inefficienze  del mercato o all’accesso di analisi e informazioni migliori?

Ma l’alpha è anche l’elemento più sfuggente, non standardizzabile, non replicabile in modelli mentre, al contrario, si possono ridurre in un modello le fonti di beta. Nel 2005 un giovane gestore con  la passione per la ricerca accademica pubblicò un articolo nel quale poneva la domanda cruciale: si possono trasformare i modelli teorici che  spiegano i beta  alternativi in modelli di vera gestione e replicare i risultati dei gestori hedge?

Con quell’articolo sul Journal of Alternative Investments Lars Jaeger, oggi a capo del team  “Alternative Risk Premia”  di GAM, poneva le basi  della gestione sistematica dei beta  alternativi con strumenti utili alla diversificazione, decorrelazione, mitigazione del rischio nei portafogli. Si tratta di prodotti recenti, complessi, che richiedono da parte  di risparmiatori e consulenti la voglia di saperne di più e una certa disposizione alla novità. Dai flussi di denaro che  si sono riversati nei “Liquid Alternative” negli ultimi anni sembrerebbe che gli investitori assomiglino ai Chimbu  della Nuova Guinea: hanno valutato  lo stato  di azioni e obbligazioni, le prime sostenute più dalla liquidità che  dagli utili, le seconde al termine di un ciclo eccezionalmente favorevole durato più di trent’anni,  e sono corsi ai ripari adottando strumenti alternativi.

Ma per tanti investitori-Chimbu ci sono altrettanti,  se non di più, investitori-Daribi, indifferenti all’elicottero che  volteggia sopra il villaggio o, fuor di metafora, ancora convinti che  i rendimenti modesti o azzerati siano un fenomeno temporaneo per cui, come il giunco del proverbio siciliano, sia sufficiente chinarsi  ed aspettare che passi la piena. Non è così, non stiamo  vivendo fenomeni temporanei bensì un tempo di accelerazioni e trasformazioni senza precedenti. Prima ci rendiamo conto che le contraddizioni sono già entrate anche nei portafogli d’investimento, prima si adotterà il giusto  atteggiamento mentale per corretti comportamenti allocativi. Keynes diceva  che  “la difficoltà non sta nel credere alle nuove  idee ma nel liberarsi di quelle  vecchie”.