Le vostre sfide, le nostre soluzioni. L'evoluzione dei rapporti con partner di fiducia

Marco Avonto, Carmine De Franco, Antonio Botillo. Immagine ceduta (Natixis IM)

CONTRIBUTO a tre voci tra Antonio Bottillo, country head ed executive managing director per l’Italia di Natixis Investment Managers, Carmine De Franco, head of Research di Ossiam e Marco Avonto, head of Institutional Clients Italy, Greece and Cyprus, Natixis Investment Managers. Contenuto sponsorizzato.

Gli investitori istituzionali sono sempre più alla ricerca di soluzioni personalizzate. È quanto emerge dal dibattito tra  Antonio Bottillo, country head ed executive managing director per l’Italia di Natixis Investment Managers, Carmine De Franco, head of Research di Ossiam e Marco Avonto, head of Institutional Clients Italy, Greece and Cyprus, Natixis Investment Managers, che riflettono insieme sulle opportunità delle soluzioni su misura con ETF per Investitori istituzionali.

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Che cosa s'intende per "solutions provider " e quali sono le differenze tra questo concetto e il tradizionale approccio ai prodotti e ai servizi?

Carmine De Franco:

Quando si compra un fondo, in particolare un ETF, in effetti si acquista una strategia d'investimento integrata in un prodotto che esiste, ha un suo track record e un certo volume di attivi in gestione. I vantaggi sono innegabili, ma in realtà anche altri investitori stanno acquistando la stessa cosa. Molti investitori, in particolare istituzionali hanno vincoli molto specifici, oltre a opinioni, capacità e asset allocation proprie. Di conseguenza, quasi sempre hanno bisogno di un prodotto su misura.

Inoltre, la crescente importanza dell'investimento ESG (improntato a principi ambientali, sociali e di governance) ha fatto aumentare la necessità di strategie personalizzate, coerenti con l'etica, i valori e le politiche delle istituzioni che desiderano investire. Alcune prediligono un approccio basato su criteri di esclusione, mentre altri preferiscono una strategia di engagement. Il fatto che i requisiti fissati dall'investitore diventino sempre più specifici rimette in discussione il concetto di prodotto indifferenziato, valido per tutti. Si rende quindi necessario passare da una logica di prodotto "da scaffale" con funzione dimostrativa, a una soluzione personalizzata e scalabile che corrisponda ai bisogni di uno specifico investitore.

Tutto questo fa parte del DNA di Ossiam, un gestore finanziario che punta sull'analisi, sull'interpretazione e sulla verifica dei dati con l'obiettivo di sviluppare idee d'investimento che offrano rendimenti risk-adjusted apprezzabili nel lungo termine. La complementarietà tra idee d'investimento interessanti e dati solidi non va mai persa di vista: buone idee sprovviste di buoni dati (e viceversa) non porteranno mai a niente.

Quindi, quando un cliente si rivolge a noi con una richiesta d'investimento e una serie di vincoli annessi, possiamo lavorare insieme per tradurre il tutto in una strategia d'investimento realizzabile, basata su dati solidi e sostanziali. Ma non basta. Essendo specialisti quantitativi, siamo anche in grado di scoprire se quella strategia potrebbe condurre a conseguenze indesiderate e, se così fosse, possiamo collaborare con il cliente per attenuarle. In alcuni casi, quando la soluzione ritenuta adeguata non sembra percorribile, collaboriamo con il cliente per correggere e affinare le necessità o i vincoli d'investimento.

Spesso la creazione di soluzioni personalizzate presuppone l'accesso a dati di ogni tipo; come selezionate le fonti e i fornitori giusti?   

Carmine De Franco:

Non esiste una checklist universale che permetta di verificare la qualità e la significatività dei dati. Abbiamo invece sviluppato una procedura flessibile basata sulla nostra esperienza, con un lungo elenco di possibili aspetti da esplorare e da verificare. I dati che usiamo per progettare e per costruire soluzioni personalizzate sono gli stessi che utilizziamo per i nostri ETF a disposizione del pubblico, si tratta dunque di dati visibili e trasparenti.

Usiamo da sempre un'infrastruttura ad architettura aperta. Sappiamo che fornitori di dati diversi hanno aree di competenza, capacità e punti di forza diversi. È raro trovare un data provider bravo in tutto. Perciò acquistiamo e acquisiamo licenze su grossi volumi di dati.

Spesso preferiamo anche testare accuratamente e in scenari diversi i dati che confluiscono in una soluzione personalizzata, per avere la certezza che tutto ciò che proponiamo sia stato vagliato attraverso un rigoroso processo interno. In questo modo, se i dati sono carenti o insignificanti, ce ne rendiamo conto prima di impegnarci nello sviluppo di una soluzione.

E se un cliente vi chiedesse di usare i suoi dati o un suo fornitore di fiducia?

Carmine De Franco:

In genere, non abbiamo difficoltà a usare il data provider di fiducia o i dati proprietari del cliente, purché superino le nostre verifiche. Per esempio, molti investitori vorrebbero sfruttare le analisi e i set di dati interni di cui dispongono. In effetti, ovunque nel mondo, le aziende si stanno rendendo conto che oggi è possibile monetizzare i propri dati: se si possono anonimizzare, si possono anche vendere. Dal canto loro, gli investitori istituzionali potrebbero potenzialmente sfruttare tutti i dati che producono riguardo all'asset allocation, ai temi d'investimento e alle analisi proprietarie. Noi, invece, potremmo aiutarli a sfruttare i dati interni sviluppando un modello solido e testandone la validità in condizioni di mercato diverse.

Perché, da qualche anno a questa parte, gli istituzionali italiani sono sempre più favorevoli alle soluzioni personalizzate?

Marco Avonto:

L'Italia è uno dei maggiori mercati istituzionali europei. È un mercato dominato dai grandi fondi pensione, sorti in gran parte meno di 25 anni fa in seguito alla riforma del sistema pensionistico. In un arco di tempo relativamente breve, questi fondi sono cresciuti notevolmente e, di conseguenza, il mercato istituzionale italiano è diventato interessante per molti gestori finanziari.

In questo contesto, la differenziazione ha un'importanza particolare. Non si tratta solo di offrire la performance migliore, ma anche di fornire il servizio migliore per il cliente. Si va quindi oltre fattori basilari quali l'accesso ai gestori di fondi o l'informativa personalizzata. I clienti ricercano piuttosto partner di fiducia che capiscano la loro attività e i loro obiettivi, oltre agli ostacoli e ai vincoli specifici lungo il percorso per raggiungerli. Tra l'altro, questi partner devono anche avere le competenze specifiche e la capacità innovativa necessarie per sviluppare soluzioni personalizzate che consentano di superare gli ostacoli e i vincoli e che li aiutino a conseguire i loro obiettivi.

Sulla carta sembrerebbe facile, ma in realtà non lo è affatto. Le istituzioni devono affrontare un contesto in continuo mutamento. Cambia infatti il quadro normativo (per esempio, con l'introduzione della direttiva Solvency II o del regolamento SFDR) e cambiano le dinamiche del mercato, per esempio con il prevalere di rendimenti bassi o negativi o con l'affermarsi di tendenze quali l'investimento ESG e l'informativa sulla sostenibilità; in questo quadro, è fondamentale scegliere un partner che capisca le sfumature, che dimostri di essere flessibile e che sia disposto a collaborare attivamente per individuare i cambiamenti nel contesto di mercato senza rimanere imbrigliati.    

Quali sono le sfide specifiche che incombono sugli investitori istituzionali e come possono essere aiutati a superarle dai loro partner di fiducia?

Marco Avonto:

Non c'è dubbio che l'ESG sia un tema vastissimo e destinato a durare nel tempo. Molti investitori hanno iniziato a parlare e a interessarsi dell'ESG parecchi anni fa e ora sono in fase di implementazione. In un certo senso, è bello vedere come l'ESG sia stato adottato in forme molto diverse, con approcci differenziati a seconda degli investitori. Per questo è determinante scegliere un partner di fiducia con cui confrontarsi.

L'altro tema che sta emergendo, legato anche al clima di mercato attuale, è la validità delle asset allocation tradizionali. Non ci si limita più a pensare all'allocazione in termini di ripartizione tra azioni e obbligazioni. Gli investitori concepiscono l'esposizione a un livello molto più granulare e si soffermano sui fattori e sulle regioni verso cui vogliono esporsi, chiedendosi se, forse, non siano troppo sbilanciati su determinate aree dei mercati. È opportuno ricordare che, spesso, gli investitori italiani hanno acquisito esposizioni rilevanti verso il mercato azionario nazionale e i titoli governativi, scelta che, a sua volta, può essere all'origine di rischi indesiderati e di bias nei portafogli.

In che modo la disponibilità di dati e di strumenti utilizzati a fini di analisi influisce sul rapporto tra i gestori finanziari e gli investitori istituzionali?

Carmine De Franco:

Questo è sempre stato il nostro habitat naturale. I nostri investitori sanno esattamente ciò che facciamo, perché applichiamo un asset management sistematico. Sebbene la nostra gamma di nuovi ETF attivi stia aumentando, seguiamo sempre un approccio sistematico, basato su scelte quantitative oggettive. I clienti vogliono analizzare sempre più a fondo i loro investimenti e capire che cosa ha o non ha funzionato e, soprattutto, perché. Gli investitori sono sempre più precisi e vogliono conoscere molti dettagli in più sui loro investimenti. Questo è un bene per l'intero settore e, dal nostro punto di vista, è un'evoluzione in senso positivo.

Marco Avonto:

Nei nostri clienti italiani riscontriamo indubbiamente un interesse crescente per l'analisi approfondita dei dati. Questa tendenza è particolarmente significativa perché riguarda direttamente una fase antecedente, che corrisponde al momento della selezione dei dati giusti. Se la soluzione poggia su dati solidi e significativi ed è stata testata in situazioni di mercato diverse, le discussioni sulla strategia e sulla sua possibile evoluzione ex post possono essere di enorme aiuto per i consulenti e i comitati d'investimento, responsabili di sorvegliare l'interazione di interi portafogli che incorporano una varietà di strategie e di soluzioni. Le cose si complicano se i dati non sono di qualità o se il processo è meno sistematico e più intuitivo.

Mentre gli occhi degli investitori di tutto il mondo sono puntati sull'investimento ESG, in che modo, nel vostro ruolo di partner di fiducia e di fornitori di soluzioni, riuscite a fare combaciare le aspettative degli investitori con la realtà degli investimenti?

Carmine De Franco:

Si avverte sempre un po' di frustrazione di fronte alle molte notizie contradditorie sulla performance dell'ESG. L'anno scorso non passava giorno senza che gli organi d'informazione esaltassero la sovraperformance dell'"ESG" durante la pandemia. Poi, nella prima metà del 2021, l'ottimo andamento dei settori dell'energia e dell'industria ha sancito, all'improvviso, la sottoperformance di quelle stesse società e fondi ESG che avevano sovraperformato durante la pandemia – questa situazione mi ricorda il dibattito intorno al factor investing e, in particolare, tutta la discussione sulla scelta tra valore e crescita. Quando un fattore non funziona più, anche per un periodo relativamente breve, viene subito contestato.

La mia speranza è che l'investimento ESG non venga confuso con il factor investing. Anche se, un anno, si inciampa in una sottoperformance perché non si hanno in portafoglio titoli di società petrolifere proprio quando il petrolio sale alle stelle, non è la fine del mondo. Se avete deciso di investire veramente nella sostenibilità, non dovrebbe essere un problema. I nostri clienti lo capiscono e, di conseguenza, non si lamentano.

Marco Avonto:

Naturalmente, avanzeremo un po' a zig-zag, due passi avanti e uno indietro, ma la direzione finale è chiara. Se questa domanda mi fosse stata fatta dieci anni fa, probabilmente avrei risposto che gli investitori si preoccupavano eccessivamente della performance relativa delle strategie ESG rispetto a quelle tradizionali. Oggi ai clienti interessa più il vero impatto dei loro investimenti che la performance relativa in sé. Ho l'impressione che ciò che importa e che vogliono gli investitori è produrre un impatto attraverso l'investimento. E in questa tendenza vengono trascinati anche quelli che, inizialmente, avevano scelto l'investimento ESG per motivi di reputazione. 

Carmine De Franco:

Se il tentativo di indurre il cambiamento arriva da un gruppo sparuto di investitori, la strada non potrà che essere in salita; invece, man mano che il numero di investitori che optano per gli investimenti ESG cresce, aumenta anche la probabilità di generare un cambiamento reale e duraturo.

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