L’impatto delle proposte dell’ESMA sulla nomenclatura dei fondi ESG e sostenibili

Christopher Cembran News
Christopher Cembran, foto ceduta (Mainstreet Partners)

CONTRIBUTO a cura di Christopher Cembran, fund research di MainStreet Partners.

La European Securities and Markets Authority (ESMA) ha recentemente proposto nuove linee guida sulle convenzioni che riguardano la nomenclatura dei fondi. Con il chiaro obiettivo di ridurre il rischio di greenwashing, le nuove linee guida affermano che i fondi che intendono usare nel loro nome i termini ESG e quelli legati alla sostenibilità debbano assicurare che almeno l’80% degli investimenti mostri di avere caratteristiche ambientali o sociali. I fondi che usano termini legati alla sostenibilità dovrebbero anche investire “significativamente” in investimenti sostenibili.

Per identificare gli effetti delle nuove linee guida sul settore, MainStreet Partners ha condotto una ricerca sull’universo proprietario di oltre 7 mila fondi scoprendo che quasi 1.800 fondi (circa il 25%) adottano una terminologia che rientrerà sotto i nuovi requisiti e dovranno quindi adeguarsi alle linee guida o modificare il loro nome (sono esclusi dall'analisi i fondi art. 6, i cui numeri all’interno del campione considerato sono trascurabili e le cifre non considerano le esclusioni PAB sulle aziende che derivano il 50% o più dei loro fatturati dalla produzione di elettricità con un’intensità di gas a effetto serra di oltre 100g CO2 e/kWh).

Guardando allo spaccato dei fondi interessati dalla SFDR, l’impatto maggiore in termini assoluti sarà sui fondi articolo 8, che compongono il 67% del totale, in linea con le attese di ESMA secondo cui questa categoria è quella che pone più rischi di greenwashing agli investitori.

Le linee guida

Prima di addentrarci nella ricerca, è però utile dare un po’ di contesto riguardo le linee guida dell’ESMA. Secondo le nuove regole, l’uso di certi termini dà luogo a diverse esclusioni che vanno applicate al portafoglio:

  • I nomi legati a “Environmental”, “Impact” e “Sustainability” devono adottare le stesse esclusioni dei benchmark allineati all’Accordo di Parigi (Paris-aligned Benchmarks o PAB).
  • I nomi legati a “Transition”, “Social” e “Governance” devono adottare le stesse esclusioni dei benchmark della transizione climatica (Climate Transition Benchmarks o CTB).
  • I fondi che usano un mix di termini devono adottare le esclusioni e le limitazioni in modo cumulativo.
  • Se è presente qualsiasi termine legato a “Transition”, il fondo deve seguire i criteri di esclusione previsti dai benchmark della transizione climatica.

I benchmark della transizione climatica e i benchmark allineati all’Accordo di Parigi sono stati introdotti nel 2020 per facilitare la transizione verso un’economia sostenibile. I benchmark allineati all’Accordo di Parigi prevedono esclusioni notevolmente più stringenti e inglobano quelle applicabili dai benchmark della transizione climatica. Se da un lato i benchmark della transizione climatica escludono aziende coinvolte nella coltivazione e produzione di tabacco, le imprese coinvolte in qualsiasi attività legata alle armi controverse e aziende che violano il Global Compact delle Nazioni Unite o i principi dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, i benchmark allineati all’Accordo di Parigi fanno un passo ulteriore, escludendo anche le imprese che derivano l’1% o più del fatturato dall’esplorazione, estrazione, distribuzione o raffinazione di antracite e lignite, aziende che derivano il 10% o più del fatturato dall’esplorazione, estrazione o distribuzione di combustibili fossili, e molto altro.

Quando partiranno queste nuove regole? I fondi esistenti avranno un periodo di nove mesi per adeguarsi, e i nuovi fondi dovranno operare l’adeguamento entro tre mesi da quando le nuove linee guida sono state tradotte in tutte le lingue ufficiali dell’Unione Europea e pubblicate sul sito di ESMA (lo scorso 21 agosto). Cosa significa tutto questo per i 1.800 fondi esistenti che abbiamo considerato nella nostra analisi? Al momento, il 90% di questi fondi sarà classificato nella categoria più stringente delle esclusioni previste dai benchmark allineati all’Accordo di Parigi e i restanti saranno soggetti alle esclusioni relativamente più indulgenti previste dai benchmark della transizione climatica.

La terminologia

I termini usati di gran lunga più comunemente sono “ESG” e “Sustainable”, il che richiederà agli asset manager di adeguarsi alle esclusioni più severe dei benchmark allineati all’Accordo di Parigi se desiderano mantenere o adottare questo lessico. Il termine più comune per i fondi soggetti alle esclusioni previste dai benchmark della transizione climatica è invece “Transition”.

Fonte: MainStreet Partners.

Basandoci sulla nostra ricerca, il 66% di tutti i fondi che “innescano” i requisiti previsti dai benchmark della transizione climatica o dai benchmark allineati all’Accordo di Parigi sono esposti a investimenti che confliggono con le rispettive esclusioni.

Tra gli altri risultati:

  • Il 72% dei fondi classificabili sotto le esclusioni previste dai benchmark allineati all’Accordo di Parigi sono in violazione di circa il 5,7% dei loro AuM.
  • Il 36% dei fondi soggetti ai criteri dei benchmark della transizione climatica detengono partecipazioni al di fuori delle esclusioni, con una media del 2,3% dei loro AuM.
  • Una percentuale superiore degli AuM dei fondi articolo 9 subisce l’impatto sia dei benchmark della transizione climatica (2,7%) che dei benchmark allineati all’Accordo di Parigi (5,9%) rispetto ai fondi articolo 8 (rispettivamente 2,1% e 5,6%).

Questo si potrebbe spiegare col fatto che la maggioranza dei fondi articolo 9 si concentra sui criteri ambientali a causa della più ampia disponibilità di strumenti ESG e dati a supporto dell’investimento verso l’ambiente.

Infrazioni di settore

Abbiamo anche riscontrato che, all’interno dei fondi legati ai requisiti previsti dai benchmark allineati all’Accordo di Parigi, il carbone e i combustibili fossili erano le attività in violazione più comuni, mentre le armi controverse e le violazioni OCSE erano più frequenti per le infrazioni dei benchmark della transizione climatica. La maggior parte delle infrazioni legate ai combustibili fossili e al carbone sono probabilmente il risultato di attività collaterali da parte delle aziende in cui i fondi investono piuttosto che essere player concentrati esclusivamente in questi ambiti. La gran parte delle violazioni sulle armi controverse è in parte dovuta ai severi criteri che applichiamo al settore.

Fonte: MainStreet Partners.

Bassa percentuale di AuM

I nuovi requisiti sui dati costituiscono un onere considerevole per i fund manager e i maggiori requisiti e granularità dovrebbero dissuadere i gestori meno preparati dal fare affermazioni non sostanziate su ESG e sostenibilità nei loro fondi.

Sebbene l’analisi abbia rivelato che fino a due terzi dei fondi cui si applicano le nuove linee guida sono in violazione delle stesse, la percentuale di AuM interessata è relativamente bassa. È molto probabile che i fund manager cercheranno di liquidare le partecipazioni in quelle società che risultano in violazione delle esclusioni; tuttavia, una piccola percentuale ci ha espresso il desiderio di modificare il nome dei fondi e mantenere i portafogli correnti.