L'uso di misure anti-dilution ottengono un rendimento più aggiustato all'evoluzione del portafoglio del fondo, eliminando distorsioni.
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Durante i difficili anni della crisi economica, dove i rimborsi massivi del settore furono notevoli, alcune Fund House iniziarono ad applicare misure anti dilution sui propri veicoli di investimento, al fine di proteggere gli azionisti e i detentori di quote.
I gestori dei fondi includono nelle loro previsioni le possibilità di rimborso, ma ad un livello tale da non distorcere gli obiettivi per i quali il fondo è stato creato.
La domanda che molti di noi del settore ci ponevamo davanti a un’uscita massiva di capitali era: perché i soggetti che hanno intenzione di restare nel fondo devono pagare i costi generati da coloro che ne vogliono uscire? Quando i flussi netti d’uscita superano un limite stabilito, per far fronte ai suddetti rimborsi il fondo è obbligato a disinvestire una parte del suo portfolio, sopportando pertanto delle perdite dovute ai costi borsatili, di deposito e soprattutto per il disinvestimento di parte degli asset in un momento di crisi dove le condizioni di vendita sono peggiori.
Ma su chi devono gravare queste spese impreviste? Gli esperti concordarono che il costo doveva pagarlo il soggetto che lo genera: il rimborso. A seconda della complessità con la quale si vuole gestire il tema, le fund house hanno iniziato ad includere nei propri prospetti strumenti di controllo del NAV e non solo, con lo scopo di ridurre l’erosione del patrimonio, come ad esempio:
- Commissione di rimborso: una misura creata per dissuadere il detentore di quote che vorrebbe uscire dal fondo e mantenere cosi stabile la struttura del fondo. Tale commissione potrebbe essere ritenuta ingiusta sia per gli azionisti che decidono di disinvestire (perché sopporterebbero un costo), sia per coloro che restano nel fondo poiché la suddetta commissione non viene spalmata sul patrimonio del fondo per compensare i costi inerenti l’operazione, ma è il gestore il diretto beneficiario.
- Swing pricing: è una pratica relativamente semplice da applicare e anche la più usata come deterrente al fenomeno della dilution. Nel momento in cui viene calcolato il valore liquidativo di un fondo si applica un adjusting factor che è pari alle spese generate dal disinvestimento. Le variabili che compongono questo fattore sono:
1) i costi diretti provenienti dalla vendita dell’asset (commissione di intermediazione, tasse, commissione di deposito, costi di brokeraggio etc.);
2) i costi indiretti. La maggior parte dei veicoli di investimento calcola gli attivi con un “Mid Price” che è il punto equidistante tra l’offerta e la domanda. Quando il fondo viene piazzato sul mercato, vende con un prezzo BID, compra a prezzo OFFER e viene stimato ad un prezzo medio MID. L’adjusting factor sarà perciò la differenza tra il BID e il MID. Tale costo sarà quindi trasferito a coloro che chiedono il rimborso.
Per capire meglio questo meccanismo, consideriamo un fondo con un patrimonio di 1.000.000 u.m. NAV= 100 e con una richiesta di rimborsi di 1000 quote, che presuppone un costo operazionale di 10 basis point sul patrimonio del fondo.
Applicando o meno dello swing factor, il NAV varierà della seguente forma:
Come si evince dal grafico, il giorno 2 (giorno del rimborso) il NAV del fondo dove non si applica lo swing pricing vede ridurre il suo rendimento di 10 bp e il rimborso si applica a 99,9 unità. Per il fondo dove si applica lo swing pricing, il valore di liquidazione del giorno 2 si abbassa bruscamente affinché il disinvestimento sia minore per compensare quindi quei 10 bp di costi che sopraggiungono nel momento del rimborso.
Se gli azionisti del fondo dove si applica lo swing pricing hanno mantenuto il loro patrimonio intatto, gli azionisti del fondo senza swing pricing hanno subito una riduzione del patrimonio dovuta a fattori indipendenti dall’andamento del mercato.
- Dilution levy: forse il metodo più corretto per penalizzare un disinvestimento notevole visto che le spese operazionali di vendita degli asset si applicano solo agli azionisti per i quali il rimborso supera un limite stabilito nel prospetto del fondo. In concreto si calcola un NAV ufficiale e un altro individuale al quale viene applicato il tasso di diluizione, che copre i costi sostenuti dal fondo per il rimborso.
Il vantaggio di questa tecnica rispetto allo swing pricing è dovuto a che la volatilità del fondo non viene distorta a causa di variazioni brusche del prezzo ed evita così che i flussi di entrata del fondo beneficino dello swing factor applicato al NAV. Misure di questo genere richiedono un impiego maggiore di risorse per il calcolo del prezzo rispetto ad una semplice applicazione di un fattore di sconto.
A lungo termine e in un contesto di forti flussi di capitale in uscita, con una crescita continua del fondo, ceteris paribus il resto delle variabili, l’effetto di misure anti dilution genera un gap crescente dei NAV tra i due tipi di fondi.
Dal grafico si evince che l’utilizzo di misure anti dilution offre un rendimento più in linea con l’andamento del proprio portfolio, eliminando così le distorsioni provocate da operazioni che il gestore non desidera.
Che vengano utilizzate le misure fin qui citate, o altre esistenti (come ad esempio i fondi che applicano prezzi duali, uno per l’entrata e l’altro per l’uscita), il nostro impegno deve essere quello di continuare a lavorare per un settore, quello dei fondi d’investimento, più giusto, che calcoli gli asset con precisione e, in riferimento all’argomento analizzato, tratti il rimborso nella giusta misura.