Analisi a cura di di Roberto Russo, amministratore delegato di Assiteca SIM.
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Analisi a cura di di Roberto Russo, amministratore delegato di Assiteca SIM.
I mercati finanziari stanno vivendo un inizio 2018 piuttosto difficile, caratterizzato dall’improvviso ritorno della volatilità dopo una lunga primavera rialzista durata circa due anni. Le principali borse europee hanno invertito la rotta nel mese di febbraio sulla scia di una brusca e inattesa correzione di Wall Street, successivamente rientrata, che ha però lasciato dei segni sugli investitori. Ad oggi, infatti, nonostante il recupero di Wall Street e il ritorno in territorio positivo da inizio anno, le principali borse europee mostrano performance negative con la sola eccezione dell’indice azionario italiano FTSE MIB, che in questi primi mesi dell’anno ha realizzato un +4% circa.
Sul fronte obbligazionario le cose non vanno meglio: il lento ma ineluttabile processo di rialzo dei tassi di interesse governativi, anche in questo caso guidato dal mercato americano dove i rendimenti sui titoli di Stato decennali (i Treasury bond) sono ai livelli massimi dal 2011, sta deprimendo i corsi delle obbligazioni, rendendo molto difficile per i gestori la ricerca della performance all’interno di questa classe di attivo. Cosa suggerire agli investitori all’interno di uno scenario così caratterizzato e di fronte ai recenti movimenti dei mercati azionari? È il caso dunque di “uscire” dai mercati in attesa di tempi migliori? In una fase di nervosismo dei mercati finanziari.
L’analisi dello scenario macroeconomico può essere un importante strumento di aiuto nelle mani degli investitori. Lo stato di salute attuale in cui si trova l’economia mondiale, che mostra una crescita sincronizzata per la prima volta da oltre un decennio, rappresenta un elemento a favore della tesi di coloro i quali ritengono che il ciclo favorevole dei mercati finanziari possa proseguire nell’anno in corso, pur in presenza di inevitabili fasi di correzione di breve periodo. Il processo di normalizzazione delle politiche monetarie espansive delle principali banche centrali mondiali dovrebbe inoltre favorire una lenta ripresa dei tassi di interesse con evidenti benefici per il settore bancario, fortemente penalizzato negli ultimi anni dal ciclo economico negativo, con effetti positivi a cascata su tutti i settori economici.
Tuttavia il modo migliore per rispondere ai due quesiti sopra esposti è quello di trasmettere (e motivare) un messaggio fondamentale al popolo dei risparmiatori: “nel mondo degli investimenti è molto più saggio essere maratoneti che centometristi”. Un capitolo del libro The Little Book of Value Investing, scritto dal celebre gestore statunitense Christopher Browne, si intitola: “È una maratona, non uno sprint” e rappresenta un ottimo spunto di riflessione per comprendere l’inefficienza delle strategie di investimento orientate al breve termine. Il tema dominante del libro è che nei mercati finanziari ciò che conta è il tempo, non indovinare il tempo giusto; molta gente sostiene infatti che il metodo più veloce per ottenere elevati rendimenti sia quello di effettuare operazioni di breve periodo dal timing indovinato. In realtà non esiste alcuna strategia di trading che abbia successo nel tempo. I trader spesso si illudono di essere nel giusto dopo avere indovinato un paio di previsioni; tuttavia, non appena altre previsioni si rivelano sbagliate, essi perdono in un sol colpo la fiducia in se stessi e l’interesse del pubblico.
Autorevoli studi hanno dimostrato che non esiste alcun metodo per predire costantemente e accuratamente i movimenti di mercato di breve periodo ma, al contrario, è opportuno investire in azioni che possano offrire elevati ritorni potenziali in un ragionevole arco temporale, piuttosto che “giocare” sulle oscillazioni di breve termine dei prezzi basando le proprie scelte su fattori del tutto esogeni alla vita e ai risultati operativi delle aziende. Il pericolo reale per l’investitore è quello di rimanere fuori dal mercato quando si manifestano i grandi movimenti nei prezzi dei titoli, per cui occorre accettare l’eventualità di fronteggiare perdite nel breve periodo per perseguire l’obiettivo di realizzare importanti utili nel medio/lungo termine.
Da quanto appena affermato emergerebbe la tesi, condivisa dal sottoscritto, secondo la quale la strategia di sfruttare i movimenti di breve periodo dei mercati finanziari non è premiante, poiché i rendimenti più elevati si ottengono rimanendo sempre investiti in modo da catturare le fasi in cui le azioni salgono di più. Viceversa, indovinare la direzione del mercato nel breve periodo è puro azzardo e costituisce un disservizio per gli investitori.
Peter Lynch, il leggendario gestore del fondo Fidelity Magellan, ha calcolato che oltre la metà degli investitori del suo fondo ha perso soldi perché essi in media hanno investito dopo un paio di buoni trimestri e disinvestito dopo un paio di trimestri deludenti. Anche in questo caso l’orientamento miope di breve termine ha generato la distruzione permanente di valore. Il premio Nobel William Sharpe ha dimostrato che uno speculatore deve fare nel breve termine la scommessa corretta l’82% delle volte per ottenere lo stesso rendimento di una strategia “compra e attendi”.
Per comprendere meglio la follia che caratterizza il comportamento tipico degli investitori orientati al breve termine, immaginiamo per un attimo cosa accadrebbe se ad esempio si adottasse un approccio simile nella valutazione delle case di proprietà. Come reagirebbero le persone se il prezzo della propria casa fosse pubblicato ogni giorno sui quotidiani? Si lascerebbero prendere dal panico se la propria casa perdesse il 5% del suo valore perché ad esempio i vicini non curano il prato? Oppure si rallegrerebbero e venderebbero l’immobile se il prezzo aumentasse del 5% in un solo giorno perché magari è stato ristrutturato e abbellito l’edificio adiacente? Fortunatamente tale atteggiamento, del tutto irrazionale, è limitato (per ora) agli investimenti sui mercati mobiliari.
In definitiva, quanto sopra descritto serve a comprendere che le strategie di investimento orientate al breve termine, pur avendo l’indubbio vantaggio di deresponsabilizzare i gestori (non c’è necessità di motivare un investimento della durata di un giorno o di una settimana), si discostano totalmente dal concetto puro e reale di “investimento” inteso come acquisto di un business a sconto rispetto al suo valore intrinseco destinato a generare importanti ritorni in un orizzonte temporale ragionevolmente adeguato a far emergere il grado di sottovalutazione.