Commento a cura di Azad Zangana, senior european economist and strategist di Schroders.
Per accedere a questo contenuto
Commento a cura di Azad Zangana, senior european economist and strategist di Schroders.
La mancanza di crescita rappresenta un problema per l’Italia, visto che il governo è alle prese con una mini crisi bancaria e, contemporaneamente, sta cercando di guadagnare sostegno per il referendum sulle riforme politiche.
Il sistema bancario italiano ha registrato un aumento generalizzato di Non Performing Loans (NPL), nonostante il calo dei tassi di interesse sulla maggioranza di essi. Il tasso di interesse pagato sui prestiti italiani in genere deriva dal mercato interbancario (euribor) più uno spread fisso. Di conseguenza, in scia ai tagli dei tassi degli ultimi anni della Banca Centrale Europea, questi prestiti sarebbero dovuti diventare più semplici da assolvere. Tuttavia, la grave mancanza di crescita reale e lo scenario deflazionistico hanno fatto sì che molti debitori, sia famiglie che imprese, abbiano faticato a ripagare i propri debiti. Stando ai dati di Bankitalia, la proporzione di NPL rispetto ai prestiti totali è salita dal 10,5% del 2011 al 17,8% del primo trimestre 2016, in controtendenza rispetto al rapporto di NPL dell’Unione Europea, in calo secondo l’Autorità Bancaria Europea (EBA).
Nelle sue regolari valutazioni della salute del sistema bancario europeo, l’EBA prende in considerazione un’ampia gamma di indicatori, inclusi la profittabilità delle banche, il capital ratio Tier 1 e l’accantonamento contro i debiti deteriorati. Idealmente, le banche con NPL elevati dovrebbero detenere riserve addizionali per coprire le perdite potenziali. Non tutti i crediti deteriorati diventano inesigibili e, anche quando succede, c’è ancora un recupero degli asset. Di conseguenza, non c’è bisogno di avere una copertura molto elevata rispetto alla quota di NPL. Se comparata alla media europea, l’Italia attualmente conta una quota di NPL molto più alta, pari al 17,8% contro il 5,7%, ma di rapporti di copertura solo leggermente superiore (46% contro 44%).
La causa principale dei mali italiani risiede nella banca più vecchia del mondo, Monte dei Paschi di Siena (MPS). A fine 2015 l’istituto aveva un rapporto NPL-crediti del 31%, il che rendeva la banca molto vulnerabile agli stress test dell’EBA di fine luglio. Nello scenario avverso, la banca aveva la peggiore posizione in termini di capitalizzazione in Europa. Il common equity Tier 1 ratio di MPS si è deteriorato di 14 volte rispetto alla media, lasciando la banca in una posizione negativa. Altre banche hanno riscontrato delle difficoltà, come l’irlandese AIB. Questa, però, aveva semplicemente bisogno di maggiore capitale, mentre a MPS serve più aiuto.
In Italia il governo si ritrova tra l’incudine e il martello e la situazione è ulteriormente complicata dalla legislazione europea sugli aiuti di Stato e sul bail-in degli investitori in caso di necessità. MPS aveva disperatamente bisogno di un bail-out per soddisfare i regolatori, ma il governo italiano non ha voluto ricorrere al salvataggio interno a carico dei risparmiatori. I titoli bancari erano diventati uno strumento di risparmio molto comune tra le famiglie, attirate dagli elevati rendimenti offerti, senza però forse comprendere a pieno che il loro capitale era a rischio.
Al contrario, per MPS è stata trovata una soluzione nel settore privato, annunciata poco prima della pubblicazione dei risultati degli stress test dell’EBA. I crediti deteriorati di MPS verranno venduti a un gruppo di banche internazionali a 33 centesimi di euro. L’istituto ha anche fatto sapere che raccoglierà nuovi capitali tramite l’emissione di nuove azioni. Ovviamente, questo non impatta solo sul prezzo di MPS in Borsa, ma anche su quello di altre banche, soprattutto a causa della bassa valutazione dei NPL di MPS.
Il problema dei prestiti deteriorati in Italia è il risultato diretto della cronica bassa crescita del Paese. Sorgono dubbi anche sul periodo molto prolungato di ripresa, visto che la legislazione sui fallimenti ha bisogno di essere riformata. Se l’Italia non attuerà riforme strutturali sufficienti per accelerare il processo di risoluzione dei NPL e non adotterà misure per la crescita, allora l’outlook del settore bancario resterà cupo, anche perché la BCE sembra pronta a mantenere i tassi in territorio negativo per qualche tempo, il che peggiora i problemi legati alla profittabilità del settore bancario.