PGIM Fixed Income: Il debito sovrano dei ME è sotto pressione

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Giancarlo Perasso, immagine concessa (PGIM)

CONTRIBUTO a cura di Giancarlo Perasso, lead economist, CEEMEA, PGIM Fixed Income di PGIM Investments. Contenuto sponsorizzato.

La pandemia ha già messo a dura prova le finanze pubbliche di molti mercati emergenti. L'invasione dell'Ucraina, l'aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, dei fertilizzanti e dell'energia, nonché l'inasprimento globale delle condizioni monetarie, con la conseguente prolungata forza del dollaro americano, hanno ulteriormente peggiorato le prospettive di molti mercati emergenti, soprattutto dei Paesi a basso reddito. È in questo contesto che prevediamo un aumento delle ristrutturazioni del debito sovrano dei ME. In base a questa previsione, ci aspettiamo che questi processi si svolgano in gran parte nell'ambito del Common Framework, lanciato dal G20 nel novembre 2020. L'iniziativa è vista come il passo successivo conseguente alla fine dell'Iniziativa di sospensione del debito (DSSI), con il seguente presupposto: "manca la partecipazione dei creditori privati e li incoraggiamo fortemente a partecipare a condizioni comparabili quando richiesto dai Paesi idonei". Gli obiettivi del Common Framework sono: provvedere alla riduzione del debito, includere la Cina e altri membri, insieme ai creditori del Club di Parigi, per evitare il free riding, offrire un trattamento comparabile, per esempio evitare il salvataggio dei creditori privati.

Caratteristiche principali del Common Framework

Il Common Framework divide i creditori in due gruppi: i creditori ufficiali bilaterali e i creditori privati. I creditori multilaterali mantengono il proprio status di "super-seniority" e i loro prestiti non possono essere modificati. I creditori ufficiali comprendono i membri del Club di Parigi e i creditori non appartenenti al Club di Parigi e in particolare: Cina, India e Arabia Saudita. I Paesi eleggibili per l'Iniziativa di Sospensione del Servizio del Debito (DSSI) possono chiedere l'attuazione del Common Framework nell'ambito di un programma del Fondo Monetario Internazionale (FMI) nel caso in cui il loro debito estero sia ritenuto insostenibile da FMI e Banca Mondiale, che sono responsabili delle analisi tecniche. I creditori privati e ufficiali non sono coinvolti nel processo di identificazione dell'ammontare della riduzione del debito necessaria per riportare il debito pubblico su un percorso sostenibile. Partecipano invece ai dettagli della ristrutturazione, compresi quelli relativi all'estensione delle scadenze, alle cedole et cetera. Al momento sono tre i Paesi che hanno richiesto l'utilizzo del Common Framework per la riduzione del debito: Ciad, Etiopia e Zambia. Non è stato ancora raggiunto alcun accordo, nonostante i negoziati per il Ciad siano iniziati nel gennaio 2021. Stanno emergendo diversi problemi operativi/istituzionali nell'attuazione del Common Framework, in quanto il quadro viene applicato ai Paesi che necessitano di una ristrutturazione del debito. Nel frattempo, un programma del FMI può rimanere operativo anche se non viene raggiunto un accordo nell'ambito del Common Framework.

Quali sono i Paesi che più probabilmente chiederanno il ricorso al Common Framework?

Nell'indice di riferimento del debito sovrano (l'EMBIGD di J.P. Morgan) ci sono 15 Paesi (più lo Zambia, che è già caduto in default e ha già avviato la procedura prevista dal Common Framework) che possono partecipare al Common Framework, la nostra attenzione è concentrata proprio su questi Paesi. Questi Paesi devono far fronte a riscatti complessivi di Eurobond per un valore di poco più di 14 miliardi di dollari da qui alla fine del 2025. Al momento, nessuno di loro può essere considerato come avente accesso al mercato. La Figura 1 mostra la distribuzione dei riscatti di Eurobond, che sono consistenti in Pakistan, Mongolia e Kenya. Mozambico, Papua Nuova Guinea e Tagikistan non hanno registrato riscatti.

Figura 1: Riscatti di Eurobond

Fonte: Bloomberg al 7 novembre 2022.

I riscatti di modesta entità non implicano però che il Paese non abbia bisogno di una ristrutturazione del debito. Per identificare i Paesi più a rischio, e quindi i più probabili candidati a richiedere l'applicazione del Common Framework, abbiamo costruito una semplice heatmap (Figura 2). Per semplicità di esposizione, abbiamo evidenziato solo i valori critici delle variabili con la consueta metodologia: più scura è la cella, peggiore è la situazione del Paese, mentre il verde rappresenta la rilevazione più positiva. Abbiamo inoltre utilizzato la mediana come perno per valutare la posizione relativa dei Paesi.

Figura 2: Paesi più e meno propensi a chiedere l'inclusione nel Common Framework

Fonte: PGIM Fixed Income, FMI WEO, Banca Mondiale.

Ghana, Kenya e Mongolia si distinguono come Paesi che necessitano di ulteriori analisi per valutare la sostenibilità del debito. La Nigeria presenta l'onere del debito più basso, ma è anche il peggior Paese in termini di crescita prevista: raccomandiamo cautela su questo punto poiché la crescita è una componente cruciale per raggiungere/mantenere la sostenibilità del debito. L'Etiopia emerge come il candidato meno probabile a chiedere l'inclusione nel Common Framework, ma ha già chiesto di farne parte, evidenziando i molti fattori che riguardano l'adozione del Framework (abbiamo escluso lo Zambia dall'analisi poiché ha già fatto default).

In conclusione possiamo affermare Common Framework è ancora agli inizi e stanno emergendo "le difficoltà tipiche delle fasi iniziali", come dimostra il prolungato negoziato nel caso del Ciad. Sono state suggerite e potrebbero essere adottate nei prossimi mesi altre misure più complete e inclusive per ridurre l'onere del debito dei mercati emergenti. Gli operatori di mercato e i Paesi debitori probabilmente sottoscriverebbero una soluzione in stile Piano Brady, ad esempio, anche se l'attuale mancanza di cooperazione internazionale non sembra favorire una soluzione di questo tipo nel breve periodo. Un’altra soluzione possibile potrebbe essere un Common Framework rafforzato in cui la valutazione della sostenibilità del debito (Debt Sustainability Assessment, DSA) sia effettuata congiuntamente da FMI e Banca Mondiale, creditori ufficiali e creditori privati.