Commento a cura di Michele De Michelis, responsabile investimenti di Frame Asset Management.
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Commento a cura di Michele De Michelis, responsabile investimenti di Frame Asset Management.
Come non esordire se non con un elogio alla scuola dei sondaggisti francesi! Loro sì che le hanno azzeccate le previsioni. Non solo al turno del ballottaggio, ma anche a quelle precedenti. Comunque, al di là delle facili battute, il mercato finanziario europeo ha tirato un bel sospiro di sollievo, soprattutto dopo la prima tornata elettorale quando abbiamo visto un deciso rally dell'equity continentale, cha ha ulteriormente sovraperformato quello americano, mentre - da ultimo - si è unito al coro dei rialzi quello giapponese, grazie anche al venire meno dei flussi di acquisto sullo yen alla ricerca di protezione. Ovviamente, in questi primi giorni post elezioni francesi, stiamo assistendo a qualche piccola presa di beneficio, ampiamente preventivata, anzi sarebbe stato preoccupante il contrario, visto che il mercato era andato anche in ipercomprato.
E adesso cosa si fa? C'era una vecchia canzone che diceva "finché la barca va lasciala andare" e chi mi conosce sa che uso spesso questa metafora. Ma il timore che la barchetta venga colpita prima o poi dal mare grosso aumenta ogni giorno di più. Non ho idea di che tipo di "perturbazione" attraverserà i mercati azionari, però quando osserviamo il VIX al di sotto di dieci punti, come si fa a non preoccuparsi? Certo, è inconfutabile che il denaro facile realizzato sui mercati azionari sia invariabilmente fatto su investimenti che successivamente si rivelano sopravvalutati. Se i mercati fossero equi, sarebbero ad un livello più basso (anche molto più basso dell’attuale), ma questo, sulla bilancia delle probabilità, indica che nel futuro immediato potrebbero spingersi al rialzo o molto più in alto del livello odierno.
Tuttavia, le valutazioni attuali mi inquietano, perché non dobbiamo mai dimenticare che fino agli inizi degli anni Sessanta, non era mai accaduto che il PE (sui profitti raggiunti, il cosiddetto "trailing PE") di mercato fosse andato oltre venti, ad eccezione degli anni in cui non venivano generati profitti. E il mercato azionario ha richiesto poi altri vent’anni per tornare ai livelli imbarazzanti del 1960-1966. Se la redditività è destinata a diminuire, allora ci dobbiamo aspettare una valutazione più bassa al diminuire dei profitti, ed è per questo che i non addetti ai lavori rimangono frastornati osservando la discesa dei prezzi, in quanto non conoscono il meccanismo del de-rating su profitti attesi minori. Vi ricordate quando da bambini si girava intorno alle sedie con la musica che suonava e sapevamo che dovevamo affrettarci a sederci nel momento in cui si sarebbe fermata, perché chi rimaneva in piedi veniva eliminato? Nonostante le valutazioni dei titoli azionari europei non siano certo ai livelli di quelli d’oltreoceano (per quanto gli indicatori si trovino ai livelli più alti di sei anni) chiediamoci se il Vecchio Continente sarebbe in grado di reggere un’eventuale tempesta proveniente dagli Stati Uniti. Nel passato non è mai accaduto.
Nel frattempo i mercati obbligazionari continuano a offrire segnali di sofferenza, con il Bund tornato a circa 40 punti base di rendimento (parte alta del trading range nel quale si sta muovendo da inizio anno) e potrebbe strappare all'insù verso una normalizzazione dei tassi. Ho sentito alcuni analisti negli ultimi tempi affermare che potrebbe tornare all’1% entro la fine dell'anno. Morale: mentre coloro che nutrono sangue freddo possono rimanere ancora sui risky asset, chi invece preferisce accontentarsi è meglio cominci a pensare all’incasso utilizzando eventualmente questi momenti di bassa volatilità per comprare protezioni a prezzi convenienti. Infine consiglierei di inserire nei portafogli un mio vecchio cavallo di battaglia rappresentato dai fondi market neutral, che l'anno scorso avevano sofferto discretamente.