Commento sponsorizzato a cura di Bruno Syrmen, CIO Alternatif – Partner di Seven Capital Management (II parte).
Gli effetti del massiccio aumento della volatilità agli inizi di febbraio 2018 si sono riflessi su tutte le strutture di volatilità, come mostra per esempio il cambio di forma della curva di volatilità, passata in pochi giorni da un ‘contango’ (forma simile a una normale curva dei tassi) a una marcata regressione, dove i livelli dei primi mesi sono sempre superiori a quelli delle scadenze più lontane (come una curva dei rendimenti inversa). Una curva di volatilità invertita costituisce inoltre uno dei più affidabili indicatori di stress di mercato. È un esempio quasi perfetto di quello che viene detto uno short squeeze (valanga di riscatti di posizioni short in preda al panico).
I diversi ETF inversamente correlati al VIX, ossia quelli che permettono di scommettere su un ribasso della volatilità, hanno patito un vero e proprio massacrodurante la seduta di borsa. In primo luogo il più popolare, lo XIV ETN, che all’epoca pesava poco più di 1 miliardo di USD:
In quella seduta lo XIV è sprofondato da 90,15 a 70,56, segnando un crollo del 21,73%. Niente di strano fino a quel momento. Il PROSHARES SVXY qui sotto, secondo per popolarità, è invece destinato a investitori più ‘prudenti’ poiché è inversamente correlato al VIX Future solo per metà, ossia genera una performance di -0,5 volte quella del VIX Future.
Questo crollo, da 428,76 a 280,60, equivale a una perdita di valore dell’ETF SVXY pari al 34,55% in una sola seduta, in questo caso ben superiore a quella della performance teorica.Ma è soprattutto quello che è successo dopo la chiusura del mercato a richiamare alla mente dei venditori di volatilità la fine del mondo raccontata in Armageddon, come mostrano i grafici post-chiusura dei due principali prodotti inversamente correlati al VIX (XIV e SVXY).
Osservando anzitutto lo XIV e il suo grafico a 5 minuti è possibile capire l’entità del disastro: un incredibile tonfo del 94,70% in 24 ore. Anche in questo caso lo XIV era un titolo emesso da Crédit Suisse che pagava all’investitore l’inverso della performance del future sull’indice VIX. Pertanto, quando il VIX raddoppia in una seduta, ossia compie un balzo pari o superiore al 100%, la stima del rendimento dello XIV è presto fatta...
Il NAV dello XIV è sceso addirittura sotto il 4% nonostante l’ETN avesse chiuso la seduta al 75,63% appena qualche ora prima. Quello che gli investitori avevano dimenticato o non avevano compreso a fondo è che, per come era stata concepita, questa note esponeva sempre al rischio reale di ritrovarsi un giorno con nulla, anche nel caso in cui il VIX avesse ripreso a scendere dopo un forte aumento. Nel gergo tecnico dei prodotti derivati, gli investitori in questo tipo di prodotto detengono di fatto una posizione corta su un’opzione put ‘knockout’. Se il 7 febbraio il future sul VIX fosse sceso da 50 a 10, ossia avesse ceduto l’80% del suo valore, i detentori di quote dello XIV avrebbero certamente guadagnato l’80%, ma il NAV avrebbe chiuso al 7,2% (4*(1+0,8)%).
Anche il meno ambizioso SVXY, che dovrebbe restituire ‘solo’ la metàdell’inverso della performance del future VIX, ha segnato un crollo superiore all’80%. E così, questi due prodotti ETF sono stati praticamente spazzati via insieme ai loro investitori nel giro di 24 ore. In quel momento, una delle questioni fondamentali era sapere quale sarebbe stato l’impatto sui mercati azionari in generale.Quando ormai la correzione tanto attesa delle azioni USA era a buon punto, questo evento tipo ‘Cigno nero’ avrebbe potuto tramutarsi in qualcosa di più serio? È apparso subito evidente che non sarebbe accaduto poiché, per esempio, uno degli indicatori più affidabili della volatilità prospettica, l’indice della volatilità della volatilità (VVIX), si era apprezzato molto meno rispetto al VIX, a suggerire che gli investitori erano molto meno propensi ad acquistare opzioni call sul VIX a questi livelli di volatilità. Qui sotto è riportato il grafico del rapporto VVIX/VIX.
Consigli per chi decide di ricorrere a strumenti di volatilità
Il crollo apocalittico che in pochi giorni ha affossato uno dei principali ETF inversamente correlato alle oscillazioni del Future VIX, come abbiamo visto, dovrebbe fornire agli investitori gli elementi di cui tenere conto quando si prefiggono di ricorrere a strumenti di volatilità.
1. Vendere la volatilità non è mai stata, non è, né mai sarà, un’operazione priva di rischi.
2. Un’operazione che è stata remunerativa per molto tempo, in questo caso nei due anni dal febbraio 2016 al febbraio 2018, non continuerà necessariamente ad esserlo.
3. L’elemento più importante di qualsiasi transazione sulla volatilità è lascelta del timing giusto. E il timing per stabilire quando non aprire una posizione è cruciale quanto quello che suggerisce di costituire la posizione.
4. Cercare di verificare sempre qual è la posizione del mercato. Se le posizioni short sulla volatilità di un mercato sembrano ‘overcrowded’, forse non ci sono le condizioni giuste per procedere. Uno ‘short squeeze’ (riscatto di massa delle posizioni short in preda al panico) può sopraggiungere molto più rapidamente di quanto non si pensi.
5. Indipendentemente dallo strumento prescelto per scommettere sul ribasso della volatilità, future su indice tipo VIX, opzioni quotate, opzioni OTC, variance swap, prodotti strutturati o ETF, è fondamentale comprenderne appieno il funzionamento, essere consapevoli dei possibili effetti del peggiore scenario sul prodotto acquistatoe, infine, conoscere se possibile quali eventi sono in grado di scatenare tale scenario. Solo il rispetto di queste regole di base consente di evitare il triste destino degli investitori nello XIV ma anche di ottenere un rendimento migliore.