Il 2024 si prospetta un anno complesso sia a livello macroeconomico che geopolitico. Secondo le stime della Banca Mondiale la crescita globale rallenterà per il terzo anno consecutivo, segnando un’espansione del 2,4% rispetto all’incremento del 2,6% del 2023. La decelerazione del Pil, secondo la World Bank, è legata principalmente all’aumento delle tensioni geopolitiche, che potrebbero causare nuovi rischi di breve termine per l’economia. La Banca mondiale cita inoltre la stagnazione del commercio internazionale e le condizioni finanziarie restrittive come elementi che peseranno soprattutto sui Paesi emergenti. Nell’anno in corso infatti le economie in via di sviluppo dovrebbero crescere solo del 3,9%, oltre un punto percentuale in meno rispetto alla media annua del decennio precedente. In questo articolato contesto, quali sono le prospettive per l’azionario dei mercati emergenti? Il tema è stato affrontato in occasione del Fund Selector Talks con focus Equity organizzato da FundsPeople che si è svolto il 13 marzo. Durante l’evento, fund selector e asset manager esperti del settore si sono confrontati sull’asset allocation, sulle migliori strategie da utilizzare e sul processo di selezione dei fondi azionari.
Selezione, un outlook sugli emergenti
Gabriele Montalbetti, gestore di Consultinvest SGR, ritiene che “i mercati emergenti abbiano un ruolo importante in un portafoglio di investimento globale poiché rappresentano una parte significativa dell'economia mondiale”. In generale l’esperto si aspetta un 2024 “positivo per i mercati emergenti, considerando la discesa dei tassi di interesse nei mercati sviluppati e il possibile deprezzamento del dollaro” anche se “lo stock picking sarà fondamentale. I gestori dovranno essere capaci di selezionare i titoli giusti nei Paesi giusti”. Per spiegare questo concetto Montalbetti prende a riferimento due mercati oggi agli antipodi, ovvero “la Cina e l’India. Pechino, probabilmente, in questo momento è l’investimento meno amato nel mondo occidentale per diverse ragioni, per problemi strutturali in alcuni settori come l’immobiliare e per le tensioni con gli Stati Uniti. Tuttavia, l’azionario cinese ha un buon potenziale per un rimbalzo tecnico, considerando le valutazioni estremamente convenienti e la ridotta esposizione degli investitori internazionali. Dal lato opposto c'è l'India, che probabilmente è il Paese su cui si sono concentrati gli investitori in uscita dalla Cina, spinti da considerazioni strutturali quali la crescita economica, la demografia e lo sviluppo della classe media, che ha raggiunto valutazioni sull’azionario elevate. Per investire negli emergenti lo stock picking sarà quindi molto importante”. Per le modalità di selezione dei fondi azionari dei Paesi emergenti, l’esperto effettua “uno screening quantitativo e un’analisi qualitativa. Di solito preferiamo gli asset manager che hanno una presenza lunga e consolidata nei mercati in cui investono, in quanto la conoscenza delle dinamiche locali e dei flussi di investimento sono determinanti”.
1/4“In un’ottica di medio termine abbiamo una visione moderatamente positiva sui Paesi emergenti”, spiega Federica Giuliani, fund research & alternative Investments di Fideuram AM SGR, evidenziando che la performance dei mercati in via di sviluppo “è fortemente legata a quella della Cina. In futuro la situazione di Pechino dovrebbe migliorare considerando gli ulteriori stimoli a favore dell’economia che dovrebbero arrivare da parte del governo e le valutazioni a sconto dell’azionario”. In attesa di vedere come si evolverà la situazione, la view dell’esperta “nel breve periodo sui Paesi emergenti è neutrale, mentre è positiva su Stati Uniti e il Giappone. Lo scenario macroeconomico che si sta delineando su base globale per il 2024 è caratterizzato da una diminuzione dell'inflazione, un processo già in atto sia negli Stati Uniti che in Europa. Questo, unito al fatto che la Federal Reserve dovrebbe ridurre i tassi di interesse nel corso dell’anno rappresenta uno scenario favorevole per i Paesi sviluppati”. Per quanto riguarda il processo di selezione degli investimenti, Giuliani riferisce che “la scelta dei fondi azionari degli emergenti si basa sull’analisi quantitativa e su quella qualitativa. Quest’ultima comprende anche incontri con i gestori dei fondi per approfondire le caratteristiche principali delle strategie di investimento e le modalità di allocazione tra i diversi Paesi, caratterizzati da una forte disomogeneità demografica e politica, rischio idiosincratico e scarsa visibilità sui business e politiche locali che richiedono necessariamente una maggiore profondità di analisi”.
2/4Roberto Bianchi, PM di portafogli multi-asset globali e head of funds selector di Banor SIM ricorda che “i Paesi emergenti rappresentano il 10% del nostro portafoglio azionario e, proprio per questo motivo, osserviamo i mercati in via di sviluppo con molta attenzione”. Bianchi precisa che uno degli aspetti principali che analizzano per investire in quest’area “è la situazione geopolitica. In generale, quando guardiamo ai mercati emergenti, cerchiamo di capire quale sia l’area migliore in cui investire e successivamente individuiamo gli strumenti più adeguati per prendere posizione. Per la selezione dei fondi azionari, come per ogni fondo, partiamo da uno screening di base, come l’AUM e il track record e successivamente, se ne esistono, effettuiamo un confronto con investimenti passivi come gli ETF. In seguito, cerchiamo di parlare con il gestore per capire la strategia, la modalità di selezione dei titoli e le prospettive dello specifico mercato di riferimento”. In generale, Bianchi ritiene che per i fondi “il mercato europeo offra maggiori capacità di generare alfa rispetto al mercato americano o ai Paesi emergenti”.
3/4Per selezionare le società dei Paesi emergenti in cui investire, Anthony Corrigan, client portfolio manager di Vontobel AM spiega che il gruppo utilizza “una matrice basata su quattro pilastri: redditività, posizionamento all’interno del settore, valutazione ed ESG. Il primo punto fa riferimento al fatto che siamo interessati solo ad aziende che hanno un elevato ritorno sul capitale investito e che hanno la capacità di accrescerlo in futuro. Il motivo è che esiste una forte correlazione positiva tra i rendimenti sul capitale investito e la performance azionaria”. Il secondo pilastro, ovvero il posizionamento della società all’interno del comparto, “cerca di individuare nel modo più oggettivo possibile quelli che sono i vantaggi competitivi dell’azienda”, prosegue l’esperto, aggiungendo che “dopo questo primo screening, iniziamo a individuare le imprese che sono interessanti dal punto di vista della valutazione. Cerchiamo di acquistare società che abbiano un potenziale upside di almeno il 25%. Questo viene fatto anche sfruttando la volatilità che caratterizza il mercato azionario dei Paesi emergenti. Infine, selezioniamo le aziende che rispettino i nostri standard sul fronte dei criteri ESG”.
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