Lo scorso aprile, la SGR focalizzata su private debt e high yield è entrata a far parte di Sienna Investment Managers. L’accordo consentirà alla società, tra le altre cose, di creare strategie da offrire agli investitori italiani anche sul fronte liquido.
Per accedere a questo contenuto
Un passaggio centrale nel processo di sviluppo di Ver Capital SGR, con l’obiettivo di raggiungere masse consistenti e differenziarsi nel ristretto panorama italiano dei private market. Lo scorso aprile, la società di gestione nata nel 2006 e operativa nei settori del private debt, corporate loans e high yield è entrata a far parte di Sienna Investment Managers, gestore patrimoniale paneuropeo con masse per 37 miliardi di euro (di cui circa 10 miliardi in private market). L’accordo ha visto la vendita della totalità delle quote da parte degli azionisti di Ver Capital, che hanno poi reinvestito nella società che già controlla Sienna Private Credit in Francia e controllerà Ver Capital. “L’acquisizione è arrivata al termine di un lungo processo decisionale, nato dalla necessità di ampliare il nostro business una volta raggiunto l’obiettivo di essere il principale operatore di private debt italiano”, spiega Andrea Pescatori, AD della società (confermato anche in seguito all’acquisizione) raggiunto da FundsPeople per descrivere il settore in cui opera e le prospettive future della società.
La partita europea
La crescita, appunto. Ver Capital ad oggi gestisce il fondo di private debt di dimensioni maggiori dedicato al mercato italiano (320 milioni di euro), “ma se si vuole giocare una partita europea, il target è ‘one billion’”, afferma Pescatori. Da qui la scelta di svilupparsi per linee esterne. D’altronde, l’esempio statunitense, con fondi delle dimensioni superiori ai 15 miliardi di dollari, “che con l’effetto leva hanno una potenza di fuoco pari a quella di una banca medio-grande”, è emerso con forza nel 2022, con le conseguenze del rialzo dei tassi e la perdita della decorrelazione tra le asset class tradizionali: “In quelle circostanze i grandi operatori hanno, in molti casi, sostituito i public market anche su operazioni consistenti, nell’ordine di 500 o 700 milioni”, afferma l’esperto.
Questione di “complementarietà”
Da qui la scelta di Sienna. Anche per la “complementarietà” richiamata dall’AD: “Ver capital è un credit fund manager che si occupa di fondi Ucits, di high yield, di fondi loan (broaded sindacated loan, BSL), private debt e ora anche special situations e da un annetto equity infrastructure”. Cosa fa Sienna nel mondo del credito? “Rispetto a noi fa molto real estate debt e infrastracture debt, warehouse financing, sconto crediti verso lo Stato. Anche private debt, certo, ma in modo diverso rispetto a noi, perché si concentra maggiormente sul cosiddetto ‘asset based financing’ o ‘asset based lending’, ossia finanziamento di asset con uno specifico sottostante, come fabbricati, macchinari, aerei …”. Oltre alla complementarietà, occorre sottolineare come in Sienna sia presente anche “una componente molto importante di fondi liquidi Ucits (per più di 20 miliardi) e una componente real estate che cuba circa 5-6 miliardi”. Da qui, il calcolo, ai citati 37 miliardi di masse.
Proporsi agli istituzionali italiani
L’interesse per la parte liquida risiede nella possibilità di creare strategie da offrire agli investitori italiani anche sul fronte liquido: “Con il nuovo assetto – rimarca Pescatori –, nel caso di mandati da parte dei fondi pensione, possiamo presentarci in maniera organica, avendo alle spalle un azionista con 22 miliardi di fondi liquidi”. Fino a oggi la società italiana aveva potuto partecipare a mandati request for proposal (RFP) e private market, “per quelli di public market, insomma, eravamo ‘piccoli’”.
La salute del private debt italiano
In quanto operatore di private debt italiano, Ver Capital gode di una prospettiva privilegiata nell’osservazione dello stato di salute del sistema. Ritorna, in questo ambito, il tema di un mercato “sottodimensionato”, sia rispetto alla realtà economica del Paese, sia rispetto al ruolo di altri settori, come il private equity. “Oggi ci troviamo in un momento di cambio”, il motivo principale è “una sorta di ‘wake up call’ che hanno avuto le banche sui criteri di Basilea 4. Per molti anni gli istituti di credito italiani hanno lavorato sul tessuto di impresa senza tener conto, in maniera ferrea, dei requisiti di patrimonializzazione”. Si è assistito, secondo Pescatori, a un’attività di “lending a spread non corretto per il rischio della società emittente”.
Se si guarda ai dati del 2023, tuttavia, gli attivi sono diminuiti in maniera importante, “da statistiche ufficiali di Bankitalia, i primi sei gruppi hanno diminuzioni nell’ordine del 4% mediamente, questo si traduce in un ‘funding gap’ per le imprese di 120-140 miliardi: un divario che deve essere colmato”. In questo spazio si conferma la potenzialità di crescita del private debt. “Se poi si aggiunge come negli ultimi anni il mercato è stato drogato dalla liquidità garantita da BTP e Sace questo impone in Italia di ripensare al ruolo del private debt”.
Opportunità da cogliere
L’esperto intravvede un’opportunità da cogliere nel mercato e la potenzialità per il settore di crescere “e adeguarsi al mercato tedesco e a quello francese” grazie allo sviluppo di un’attività parallela a quella bancaria (“un’evoluzione dello shadow banking”) e una normativa più amichevole, come la revisione del codice della crisi di impresa e il regolamento che permette non soltanto ai fondi italiani ma anche esteri di ottenere l’autorizzazione di Banca d’Italia per operare come direct lender.
Altro tema è l’high yield. L’AD richiama il “recupero del 2023”, e una situazione macro con “buoni fondamentali, default medio bassi e, al contempo, un contesto dei tassi tale da non lasciar presagire una diminuzione repentina”. Le prospettive positive sul settore, secondo Pescatori, si confermano sia sul fronte dell’high yield con duration classica, sia nello short term “in cui riusciamo ad avere un 6-7% di aggiustamento perché la parte breve della curva è la prima a cadere per effetto del repricing”.
Per quanto riguarda l’attività futura, a oggi Ver Capital ha due fondi in fase di lancio “in un caso si tratta del quarto vintage del nostro principale fondo di private debt, di cui attendiamo il primo closing già nelle prossime settimane”. Sempre a luglio, conclude l’AD “si attende il closing del primo fondo di special situations”.