Intermonte analizza il segmento italiano delle mid-small cap e focalizza l’attenzione sui PIR alternativi, “adatti a superare la volatilità dei mercati” potrebbero anche “rappresentare una soluzione intelligente all'attuale impasse a livello UE sugli ELTIF”.
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Prosegue l’andamento positivo nella raccolta dei Piani individuali di risparmio (PIR) anche nel primo trimestre del 2022. La dinamica è stata confermata dai dati diffusi da Assogestioni lo scorso 18 maggio. L’associazione delle società del risparmio gestito operanti in Italia ha indicato flussi netti per 160,2 milioni di euro per i PIR ordinari (con un patrimonio in gestione aggiornato a 19,8 miliardi) e di 83,4 milioni per i PIR alternativi (con AuM per 1,8 miliardi). In particolare, su questi ultimi, Assogestioni censisce 17 prodotti in Italia. Il dato, secondo il team di ricerca di Intermonte si allinea alle aspettative maturate in seguito al Decreto Agosto che ha aumentato l’investimento massimo annuo da 150 mila a 300 mila euro.
Nel consueto report mensile sulle Mid Small Cap italiane, gli analisti ridisegnano la propria strategia di investimento alla luce delle notizie provenienti dall’Ucraina e dalla Cina “e da uno scenario macro che attende ancora che l'inflazione possa essere riportata sotto controllo”. In questo panorama incerto il mercato italiano ha visto “minori volumi di scambio, con le mid-cap di qualità che hanno registrato una performance molto più negativa rispetto alle illiquide small cap, suggerendo che gli investitori internazionali potrebbero aver ridotto la loro esposizione”. Intermonte sottolinea come uno dei principali temi d'investimento, la sovraponderazione dei titoli esposti alla trasformazione digitale, abbia dimostrato “un cattivo tempismo, nonostante i risultati trimestrali favorevoli. Dopo un significativo de-rating, le valutazioni sono ora interessanti, alla luce di stime che consideriamo ancora solide anche in uno scenario macro sfavorevole (abbiamo tagliato la nostra previsione di crescita del PIL italiano 2022 a +2% da +3,7% di inizio anno)”.
Diventano quindi ancora più interessanti i fondi PIR che, come anticipato, vedono una raccolta del 1° trimestre in linea con le previsioni, anche se Intermonte sta “adottando una visione più cauta per il resto dell'anno. Interessante notare come Assogestioni stia riportando anche i dati relativi ai PIR alternativi, suggerendo che questa classe di attivi possa avere un ruolo importante negli anni a venire”.
Il PIR alternativo, proseguono gli analisti “è un wrapper con benefici fiscali simili ai PIR (es. esenzione fiscale delle plusvalenze per investimenti tenuti per almeno 5 anni) e, a sua volta, è in grado di investire in ELTIF, fondi di private equity o fondi di private debt” scrivono gli analisti che indicano negli investitori affluent “i clienti ideali” in quanto i PIR alternativi puntano sulle attività illiquide (“più vicine all'economia reale ma più rischiose”).
Prospettive sui PIR alternativi e ricadute sugli Eltif
Nel dettaglio della normativa sui PIR alternativi, Intermonte ricorda come l’importo massimo investibile di 300 mila euro l’anno arriva a un massimo cumulativo di 1,5 milioni a persona. Un’asticella ben più alta rispetto al PIR ordinario (30 mila euro annui massimi) anche in termini di concentrazione: l’investimento cumulativo massimo su un singolo titolo è fissato al 20% per il PIR alternativo e al 10% per il fondo PIR ordinario.
Intermonte ricorda che Assogestioni stima afflussi fra tre e cinque miliardi l’anno, poiché tali strumenti, oltre a essere “adatti a superare la volatilità dei mercati” potrebbero anche “rappresentare una soluzione intelligente all'attuale impasse a livello UE sugli ELTIF, in quanto i nuovi PIR alternativi sono autorizzati a comprare fondi ELTIF, beneficiando così indirettamente questi ultimi”.
Attese ridimensionate sui PIR ordinari
Per quanto riguarda i PIR ordinari, invece, Intermonte riporta come le iniziali previsioni sul 2022 “fossero basate su ipotesi troppo aggressive”. A fronte dello scenario attuale e dei dati Assogestioni sul 1° trimestre gli analisti assumono un atteggiamento “più prudente”: “la nostra nuova stima di afflussi per il 2022 di 838 milioni di euro implica comunque che i prossimi tre trimestri vedranno afflussi complessivi di quasi 680 milioni di euro. Nel lungo termine, le nostre ipotesi si basano sull'aspettativa che l'interesse per questo prodotto rimanga piuttosto alto grazie al beneficio fiscale e, dal punto di vista dei distributori, al fatto di poter contare su un impegno a lungo termine da parte dell'investitore”.
Le stime aggiornate ipotizzano dunque una raccolta lorda di nuovi sottoscrittori di fondi PIR pari a 600 milioni (e non più 1,8 miliardi); per quanti sottoscrivono PIR in modo continuativo, “prevediamo che la raccolta complessiva nel secondo anno sarà pari a una parte della somma accantonata nel primo anno (dal 35% al 40% nel nostro modello); nei restanti anni (cioè dal terzo al quinto anno) ci aspettiamo afflussi stabili, pari in media al 60% degli investimenti effettuati nel secondo anno”. Infine l’ammontare del capitale ritirato dagli investitori prima dei cinque anni (quindi con la perdita del beneficio fiscale legato alla detenzione dell’investimento per almeno un lustro) ammonterà “a circa il 4% delle attività in gestione nel 2022”.