Private equity, ora il rischio è la fuga all’estero

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foto: autor David Leiser Flickr, creative commons

I ritardi dell’Italia nel recepimento della direttiva europea AIFM rischiano di portare a una delocalizzazione degli operatori di private equity e venture capital. Questo è l’allarme lanciato dal consiglio direttivo dell’AIFI, l’associazione italiana degli investitori di capitali di rischio. “Il consiglio ha constatato come il ritardo nel recepimento della direttiva AIFM rischia di portare a una delocalizzazione degli operatori italiani in paesi europei con contesti normativi più attraenti e flessibili, impoverendo il nostro sistema di un contributo di capitali essenziale per la crescita delle nostre piccole e medie imprese”, si legge in una nota.

Il termine è scaduto il 22 luglio 2013. E gli operatori italiani, lamenta l’AIFI, non hanno alcuna certezza “sugli sviluppi normativi futuri” e non hanno “la possibilità di sfruttare i benefici del passaporto europeo”. La direttiva AIFM, entrata in vigore nel luglio 2011, introduce una serie di misure volte a creare un mercato interno europeo dei gestori di fondi di investimento alternativi, mediante la definizione di un quadro di riferimento armonizzato per la regolamentazione in materia di autorizzazione, funzionamento e trasparenza di tutti i gestori, che gestiscono o commercializzano fondi di investimento alternativi ad investitori professionali nell’UE. L’AIFI, inoltre, sottolinea che deve essere consentito un passaggio graduale delle investment company al regime di Sicaf, società di investimento a capitale fisso, struttura giuridica introdotta dal legislatore per gli operatori di venture capital. Infine, l’AIFI suggerisce di “ripetere l’esperienza del fondo di fondi Sud HT”, che aveva generato un balzo degli investimenti nel Mezzogiorno.