Prodotti consistenti nei mercati emergenti

Mark Mobius, il numero uno  del Templeton Emerging Markets Group, ha recentemente scritto sul suo blog che “a seconda del momento, qualsiasi Paese potrebbe essere classificato come emergente”. I mercati che oggi definiamo sviluppati, infatti, hanno mostrato, ognuno a suo tempo, le stesse caratteristiche che oggi definiscono proprio i mercati emergenti: elevata inflazione, alti tassi di crescita, basso peso del debito in rapporto al PIL, una piramide demografica standard, per citarne alcune. Non c’è niente di più giusto, infatti, che guardare alla Storia come guida per il futuro di questi Paesi. Vediamo la Cina, per sempio, diventare un’economia trainata dai consumi, con tassi di crescita in diminuzione e una classe media che aumenta notevolmente, in un processo simile a quello di molte economie sviluppate. Un processo ancora non completo ma in virtù del quale molti gestori e investitori vedono questi mercati, ricchi in volatilità e opportunità, come la giusta destinazione per i propri investimenti. 

I mercati

Sono diversi i fattori che hanno influito sull’evoluzione di alcuni di questi mercati negli ultimi anni, ma dopo un percorso turbolento molti analisti hanno iniziato a notare un’inversione delle forze che pesavano in questo percorso e il valore sembra adesso provenire dall’alto. I prezzi di diverse materie prime, come il petrolio, il ferro o la soia, hanno recuperato terreno, generando un’evoluzione positiva su diverse economie emergenti che dipendono dal settore primario per la loro crescita.

Inoltre, i timori riguardanti l’economia cinese si sono placati in modo significativo, i tassi d’interesse negli USA non dovrebbero aumentare al ritmo previsto – un dato che allevia la pressione sul debito dei Paesi in via di sviluppo – e il rally del dollaro è sensibilmente rallentato. 

Secondo il Fondo monetario internazionale, le diverse aree geografiche in via di sviluppo presentano prospettive di crescita economica distinte. Nonostante il rallentamento delle economie emergenti o in via di sviluppo dell’Asia, le previsioni dell’istituzione monetaria parlano di crescita continua elevata nella regione, al di sopra del 6%. Dati in contrasto con le previsioni sull’America Latina e i Caraibi, regione che ha mostrato una lieve contrazione nel 2015 e che secondo le stime del FMI continuerà a seguire lo stesso andamento anche quest’anno. Dal canto suo, l’Europa emergente è cresciuta del 3,5% nel 2015 e le previsioni indicano una crescita simile nel corso dei prossimi anni, con una maggiore consistenza nello sviluppo economico. 

A tal proposito per gli investitori è importante sapere quali sono i prodotti d’investimento più Consistenti che permettono di ottenere esposizione a diverse economie emergenti. Ci siamo soffermati perciò sui risultati della selezione di Funds People che ha scelto 30 prodotti focalizzati sull’investimento nei mercati azionari delle economie in via di sviluppo. 

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Dati dal 11/07/2013 al 30/06/2016. Fonte: Morningstar Direct.

I fondi

Sebbene tutte le strategie mostrino una notevole correlazione positiva all’interno della categoria, negli ultimi tre anni – con un coefficiente di correlazione sempre al di sopra dello 0,35 – 25 dei 30 prodotti presentano una correlazione quasi perfetta, in virtù di un approccio geografico affine. Questi mostrano portafogli diversificati con posizioni nei mercati emergenti africani, europei, sudamericani ma ancor di più in quelli asiatici. Due di questi 25 prodotti hanno un universo d’investimento più ristretto, in particolare per quanto riguarda i Paesi BRIC, e sono prodotti che, in definitiva, hanno un’allocazione globale molto simile ai fondi più flessibili. Anche il Carmignac Portfolio Emerging Discovery si distingue per il suo approccio alle piccole e medie imprese, anche se ancora una volta mostra una correlazione molto elevata con l’insieme dei prodotti Consistenti sull’azionario emergente. 

Evidenziamo, dunque, tre serie di prodotti per il loro approccio particolarmente specifico, vale a dire:

- focalizzati sui mercati dell’Europa centrale e dell’Est, compresi i mercati dell’ex Unione Sovietica e quelli emergenti mediterranei, i fondi Schroder ISF Emerging Europe e l’Aberdeen Global Eastern European Equity;

- l’Eurizon EasyFund Equity Emerging Markets New Frontiers e il BMO LGM Frontier Markets Fund, con una politica d’investimento orientata ai cosiddetti “mercati di frontiera” o “pre-emergenti”, con maggiore concentrazione nei Paesi africani e del Medio Oriente;

- il Fidelity Funds – Emerging Europe Middle East and Africa con un approccio ai Paesi meno sviluppati dell’Europa centrale, meridionale e dell’est (Russia compresa), Medio Oriente e Africa.

La volatilità della categoria globale mostra una certa dispersione negli ultimi tre anni, in riferimento ai dati al 30 giugno 2016, con una variazione nel range tra il 10,53% e il 18,35%. Tuttavia, sono i prodotti focalizzati sui mercati emergenti europei che contribuiscono maggiormente a questa media, occupando le prime due posizioni del ranking di volatilità e mostrando allo stesso tempo i peggiori ritorni annualizzati della categoria. I prodotti con un universo d’investimento circoscritto alle azioni dei Paesi BRIC mostrano un ritorno nella media della categoria globale (4,75%) a costo, però, di una maggiore volatilità rispetto ad altri prodotti (circa il 17%).

Il Fidelity Funds – Emerging Europe Middle East and Africa, nonostante un approccio geografico che differisce in modo significativo dai suoi simili nella categoria globale, mostra negli ultimi tre anni un coefficiente di correlazione elevato, per la precisione superiore allo 0,8. Ciò si deve alla sua elevata esposizione al Sud Africa (60%) e alla Russia (22%), due Paesi negativamente colpiti dal crollo dei prezzi delle materie prime e dal conseguente impatto sull’economia e sulle loro divise, così com’è successo ad altre grandi economie emergenti come il Brasile, ad esempio. Questo prodotto è riuscito comunque a mostrare un ritorno annualizzato leggermente positivo negli ultimi tre anni – di circa l’1,14% - con una volatilità di quasi il 15%. 

I due prodotti che intendono sfruttare le caratteristiche dei cosiddetti mercati di frontiera, nonostante una linea di deviazione standard – di circa l’11% - presentano rendimenti annualizzati diversi, vale a dire del 7,60% per il prodotto BMO e del 2,31% del prodotto Eurizon. L’insieme dei mercati di frontiera è abbastanza eterogeneo e le strategie tengono conto di essi in modo diverso; ecco che vediamo, per esempio, una sovraponderazione del prodotto Eurizon in Kuwait – del 18,72% alla fine di marzo – a fronte di un’esposizione inesistente della strategia di BMO. Dall’altro lato, quest’ultimo presenta una sovraponderazione in Nigeria con una posizione del 14,97%, laddove il suo omologo di Eurizon alloca appena l’8,90%. 

Nelle strategie più globali e diversificate, la capacità di generare alpha possiede maggiore comparabilità, specialmente quando durante lo stesso periodo di tre anni si assiste ad una significativa dispersione dei risultati. Con un miglior rapporto rischio/rendimento nel periodo analizzato, il Carmignac Portfloio Emerging Discovery ha un portafoglio di azioni di small e mid caps nel mercato degli emergenti. Questa posizione di rilievo deriva da una volatilità inferiore rispetto ai due suoi simili, anche se il rendimento annualizzato, del 6,71% nel periodo preso in analisi, non è dei più elevati. Per criteri di rendimento, sono il Nordea-1 Stable Emerging Markets Equity, l’Hermes Global Emerging Markets e il Fidelity Funds Instl Emerging Markets che occupano la parte alta del ranking con rendimenti superiori all’8% e una deviazione standard nella media della categoria (circa del 14%). 

Per concludere, le pressioni negative che hanno interessato i mercati azionari emergenti negli ultimi 12 mesi hanno azzerato una parte significativa delle plusvalenze accumulate nel corso degli ultimi 3-5 anni. Questo periodo è stato caratterizzato da una strategia focalizzata sugli asset di aziende a minor capitalizzazione di mercato, vincente nel rapporto rischio/rendimento. Tuttavia, tra i diversi prodotti globali e diversificati i ritorni sono tutt’altro che omogenei e permettono agli investitori di trarre conclusioni sulle capacità dei gestori di generare alpha.