Il 93% dei sottoscrittori di fondi italiani compra attraverso il canale bancario, mentre la rimanente proporzione si affida alle reti di consulenti finanziari. I fondi flessibili rappresentano la scelta principale di oltre un terzo dei sottoscrittori.
Nonostante l'elevato numero di opzioni disponibili, l'investitore italiano continua ad andare in banca per comprare un fondo di investimento. E nelle regioni dove è elevata la presenza di sportelli bancari e consulenti finanziari,
il tasso di partecipazione è maggiore.
È questa una delle conclusioni dello studio della domanda dei fondi italiani al quale Assogestioni ha dedicato l’ultimo quaderno di aggiornamento con i dati del 2016. Nelle regioni settentrionali
la densità dei canali
di collocamento è superiore (anche più del doppio) rispetto alle regioni centro-meridionali e insulari. Su tutto il periodo di rilevazione,
la maggior parte dei sottoscrittori di fondi italiani ha acquistato le quote attraverso il canale bancario (85-90%). Se si guarda ai dati dell’anno scorso, la percentuale sale al 93%, mentre la rimanente proporzione si è affidata alle reti di consulenti finanziari; dato questo che riflette le caratteristiche tipiche del mercato italiano in termini di integrazione verticale banca-SGR. Per quanto riguarda le modalità di sottoscrizione, il 69% dei sottoscrittori predilige il versamento unico (PIC); tuttavia, nel corso degli anni il numero di sottoscrittori che ha fatto riscorso in via esclusiva ai piani di accumulo (PAC) è cresciuto e rappresenta a fine 2016 il 19%.

La categoria su cui si investe di più
Complice il crescente successo riscosso dai prodotti target date, i fondi flessibili hanno registrato la dinamica di crescita più pronunciata e oggi rappresentano la scelta principale del 36% dei sottoscrittori, confermando per il secondo anno il sorpasso sui fondi obbligazionari. Questi ultimi sono stati da sempre molto presenti nelle scelte degli investitori italiani toccando punte superiori al 40% dei sottoscrittori. Si assiste a una progressiva erosione degli investimenti nei comparti azionario e bilanciato: a fine 2016, solo il 7% e il 6% dei sottoscrittori concentrava i propri investimenti su questi due segmenti.
